I sollevatori telescopici per uso agricolo hanno avuto un notevole successo a causa delle loro ottime prestazioni, superiori a quelle di un caricatore frontale applicato al trattore o di un elevatore a forche. Il caricatore frontale continua a essere la soluzione più diffusa, specialmente nelle aziende di minori dimensioni economiche e in tutte quelle occasioni in cui l’acquisto di un semovente dedicato non è conveniente. Mentre un caricatore comporta un investimento limitato, un semovente – magari di seconda mano –costa svariate decine di migliaia di euro, se si cerca una macchina affidabile, dato che gli interventi sull’idraulica e sull’elettronica richiedono manodopera specializzata.
Il trattore ha dalla sua la polivalenza, dato che può svolgere perfettamente la sua funzione anche con il caricatore montato; la maggior parte dei caricatori anteriori oggi dispone di un attacco rapido che ne consente il montaggio e lo smontaggio in pochi secondi. L’abitudine di lasciare montato il caricatore frontale, che costituisce di per sé una zavorra e aumenta lo sforzo di traino per il carico sulle ruote anteriori, può esporre la trattrice al rischio di non riuscire a frenare correttamente, quando traina una macchina priva di freni. Una condizione espressamente vietata dal Codice della strada quando vi sono attrezzature portate in posizione anteriore; benché il caricatore frontale sia collegato al telaio in posizione più o meno centrale, il peso dei bracci a sbalzo tende a squilibrare la macchina in avanti, riducendo la capacità di frenatura proprio sulle ruote che hanno la maggiore aderenza.
Squilibrio
Nel telescopico lo squilibrio della macchina è ridotto al minimo, perché il braccio è imperniato posteriormente, addirittura a sbalzo rispetto alle ruote posteriori; questo riduce la massa del contrappeso, che invece nel carrello elevatore raggiunge una quota importante su quella totale.
Nonostante le numerose differenze, il telescopico assomma alcune delle funzioni di queste due categorie di macchine: può sviluppare un certo sforzo di spinta, utile per l’impiego con la pala, pur mantenendo una maneggevolezza vicina a quella di un muletto. Tale caratteristica è dovuta alla particolare geometria dell’autotelaio, che ha l’organo di presa in posizione opposta rispetto all’asse sterzante: ciò permette di guidare con precisione il braccio, senza i fastidiosi spostamenti laterali del caricatore frontale su trattore. È inoltre possibile traslare la benna o forca in orizzontale e in verticale, con notevole precisione; l’elettronica consente di combinare il movimento circolare (il braccio è imperniato posteriormente) con quelli di sfilo/rientro, anche con operatori non particolarmente esperti.
Trazione
La trazione integrale del telescopico gli permette di sviluppare un certo sforzo di trazione, utile per il traino stradale e, in misura minore, su campo. D’altra parte, per sollevare un carico senza la necessità di impiegare stabilizzatori (largamente usati nelle applicazioni di cantiere), ci vogliono gomme piuttosto rigide e con fianco di altezza ridotta, per ridurre le oscillazioni laterali che possono compromettere la stabilità. Queste caratteristiche, se giocano a favore dell’impiego tipico del telescopico (movimentazione e carico), diventano un fattore limitante nei servizi di traino in campo, dove la ridotta sezione delle gomme, e loro rigidità strutturale, non aiutano la trazione pesante.
Le macchine di ultima generazione dispongono di una cabina sospesa capace di ammortizzare in modo efficace le asperità del fondo contribuendo al comfort di marcia, anche se la presenza della trasmissione idrostatica (o del convertitore idraulico) penalizza i consumi nei trasferimenti.
In questo contesto il vantaggio va al trattore con caricatore, che può contare su un sistema di sospensione più efficace, grazie alla generosa sezione degli pneumatici e alla disponibilità di marce “eco” a basso regime di giri.
Nonostante la sua specificità, il telescopico si sta evolvendo verso una crescente polivalenza di impiego; i sistemi di sterzatura (singola, integrale e parallela), gestiti dall’elettronica, rendono la guida molto piacevole anche su strada e non fanno rimpiangere un trattore di pari dimensioni.
L’elettronica consente, inoltre, di non superare i carichi massimi ammessi per le varie estensioni del braccio e per i valori dello sbalzo anteriore, mantenendo sempre la macchina in assetto di sicurezza.
Sorveglianza tecnica
Il caricatore telescopico, a differenza del carrello elevatore a forche, che pure pone svariati problemi in termini di sicurezza per l’operatore (legati spesso ad usi impropri o a scarsa formazione), rientra fra i cosiddetti “apparecchi di sollevamento”, definiti dal testo unico della sicurezza (DLT 81/2008).
Mentre il carrello elevatore può essere in qualche modo “protetto” dalle norme tecniche, in quanto il carico si sposta su rotaie verticali senza mai sporgere oltre una certa sagoma definita dal costruttore e dalle misure unificate di bancali, bins e contenitori, il telescopico pone problemi più complessi.
In particolare, è il braccio a filo – quello che dà il nome alla macchina – a muoversi secondo un arco di cerchio, essendo imperniato posteriormente e a potersi allungare ben oltre la sagoma del veicolo. Le diverse condizioni di impiego hanno portato il legislatore a considerare il telescopico alla stessa stregua delle gru semoventi da cantiere, anche per l’evidente analogia costruttiva; manca – è vero – la rotazione, ma mancano anche sistemi rigidi di stabilizzazione. Poiché le gru rientrano fra gli apparecchi di sollevamento, sono state dettate regole particolari per i caricatori semoventi con braccio sfilabile.
Se un blocco idraulico si guasta, se una valvola non impedisce di alzare il carico, se un microinterruttore consente di allungare troppo il braccio, il baricentro del complesso esce dall’area di appoggio al suolo il caricatore può rovesciarsi e compromettere la sicurezza dell’operatore. Tutto questo può accadere in caso di guasto, se si supera il carico ammesso, oppure nel caso di manovre troppo rapide o disinvolte: chi può verificare se la macchina mantiene nel tempo le caratteristiche, le prestazioni e l’efficienza dei sistemi di sicurezza? È vero, infatti, che il caricatore telescopico è coperto, oltre che dalla garanzia del costruttore, anche dal marchio attestante la rispondenza alla direttiva macchine (1989/392/CE o 2006/42/UE e relativi aggiornamenti), ma non da possibili guasti dovuti a incidenti, usura, incuria ecc.
Il decreto legislativo n. 81/2008, all’art.71, comma 11, stabilisce che gli apparecchi di sollevamento, fra i quali rientra a buon diritto anche il telescopico, sono soggetti a sorveglianza da parte dell’Inali e a verifiche periodiche volte a verificare l’efficienza della macchina e la sua sicurezza d’uso. Il primo passo, quando si mette in servizio un apparecchio di sollevamento, è l’immatricolazione, ossia l’iscrizione della macchina in un apposito elenco tenuto dall’Inali e alla richiesta della prima verifica, a cui faranno poi seguito quelle periodiche. Fino a qualche anno fa la richiesta era in formato cartaceo e doveva essere inviata tramite lettera raccomandata; oggi l’iscrizione avviene solo per via telematica, con le credenziali che ogni impresa deve farsi rilasciare dall’Inail.
Nonostante la norma preveda ancora l’intervento diretto dell’Istituto, da tempo le verifiche tecniche vengono eseguite da centri abilitati; trattandosi di macchine molto complesse – in particolare per la parte elettronica – i tecnici devono avere una particolare formazione e abilitazione. Alcuni operatori offrono il servizio completo, gestendo sia le manutenzioni ordinarie sia le verifiche periodiche sia la documentazione, evitando il rischio di ritrovarsi scoperti.
In realtà pare che molte aziende non abbiano mai provveduto all’immatricolazione dei telescopici: la percentuale di macchine sfuggite ai controlli è ignota, ma potrebbe essere facilmente stimata. Alcuni anni fa, in un convegno tecnico, emerse la proposta di moltiplicare i dati di vendita per gli anni trascorsi da quanto queste macchine hanno cominciato a diffondersi, e di confrontarli con il numero di caricatori effettivamente iscritti all’Inail. Le imprese che occupano lavoratori dipendenti o collaboratori, che rivestono la qualifica di datore di lavoro, dovrebbero affrettarsi a iscrivere il telescopico per regolarizzare la propria posizione. In caso di infortunio occorso a dipendenti di aziende che non hanno fatto svolgere i controlli, o che addirittura non hanno mai chiesto il numero di matricola per la prima verifica, le sanzioni a carico del datore di lavoro si aggravano ulteriormente. Nel caso in cui l’infortunio fosse ascrivibile al telescopico, l’imprenditore rischia il dolo, perché ha volontariamente esposto i lavoratori ad un pericolo di cui aveva piena coscienza: un’evenienza particolarmente grave perché non assicurabile.
Buone notizie dal mercato
Continua il buon momento del mercato dei sollevatori telescopici per l’agricoltura in Italia. Dopo un già positivo 2019, anche il 2020, infatti, aveva fatto registrare un incremento (+6,3%) nonostante la stagione caratterizzata dai problemi legati alla pandemia di Covid-19, grazie in particolare all’andamento delle vendite negli ultimi due mesi dell’anno (rispettivamente +81 e +25%).
E anche il 2021 si è aperto all’insegna della positività, con un vero e proprio boom nei primi cinque mesi (+96,5%), grazie alle 621 macchine immatricolate.
Per quanto riguarda altri mercati europei, il 2020 ha registrato un calo in Francia, Regno Unito e Spagna, rispettivamente del 15,6%, del 19,4 e del 5,2%. In Francia, infatti, dopo l’anno record 2019, con 5.391 immatricolazioni, nel 2020 sono stati venduti 4.551 pezzi, mentre nel Regno Unito si è scesi dai 3.600 del 2019 ai 2.900 del 2020; anche in Spagna il 2019 è stato un anno record con 958 immatricolazioni, mentre il 2020 si è chiuso a quota 908.
Per quanto riguarda l’inizio 2021, sono disponibili solo i dati della Spagna, dove si registra un incremento nelle vendite di oltre il 20% nel periodo gennaio-maggio.A livello di brand, i dati disponibili sono solo quelli di Francia e Spagna: in entrambi i mercati il podio 2020 ha confermato quello del 2019, con Manitou in testa (32,5% di quota), seguita da Jcb (27%) e Merlo (15,2%) per quanto riguarda il paese transalpino, e Manitou (26,5%) davanti a Jcb (19,8%) e alla locale Ausa (10,5%) per quanto riguarda il paese iberico.
Francesco Bartolozzi