La scorsa primavera è stato registrato un lieve incremento delle superfici destinate alla coltivazione della soia, con previsione di un ulteriore aumento anche nel 2019.
Gli areali vocati di coltivazione della soia sono localizzati pressoché esclusivamente nella Pianura Padana (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna), con semine effettuate in epoca medio-tardiva, orientativamente da metà mese di aprile alla prima decade di maggio, ricordando poi le ulteriori superfici destinate ai secondi raccolti dopo la trebbiatura dei cereali a paglia. In tutte le situazioni si dovranno considerare le generalizzate emergenze delle specie graminacee sia a ciclo annuale, quali Echinochloa crus-galli, le differenti specie di Setaria e, in particolare nei suoli più leggeri ed in quelli organici, anche della più tardiva Digitaria sanguinalis. Sempre più preoccupanti risultano poi le infestazioni della perenne Sorghum halepense da rizoma, gestibile solo con applicazioni di post-emergenza con preparati ad azione specifica. Per quanto riguarda le malerbe a foglia larga, la situazione può variare leggermente anche in relazione all’epoca di semina. In quelle più precoci è possibile dover fare i conti anche con la coda delle emergenze delle poligonacee a nascita più tardiva, quali Polygonum persicaria e lapathifolium e di alcune specie crucifere (Sinapis, Rapistrum).
Tuttavia le tipiche infestanti della soia sono rappresentate dalle tradizionali amarantacee, solanacee, chenopodiacee, Portulaca e da pressoché tutte le malerbe ruderali e di sostituzione, quali Abutilon theophrasti, Bidens spp., Acalypha, Xanthium spp., Galinsoga, Ammi majus ecc.
Al momento attuale alquanto difficoltoso risulta la gestione delle infestanti a ciclo perenne, quali Convolvulus arvensis e Cirsium arvense e addirittura irrisolvibili le problematiche causate da Equisetum spp., senza infine dimenticare i problemi derivanti dalle sempre più invasive presenze di specie ciperacee
Purtroppo anche nella scorsa primavera sono continuate le segnalazioni di popolazioni delle differenti specie di Amaranthus non più sensibili agli erbicidi di post-emergenza caratterizzati dal meccanismo d’azione ASL (imazamox r tifensulfuron-metile). Localizzate prevalentemente nelle regioni della Pianura Padana orientale, queste problematiche sono determinate da numerose specie, quali il tipico retroflexus, da Amaranthus hybridus e dal più “difficile” Amaranthus rudis o tuberculatus, caratterizzato da una velocità di sviluppo veramente impressionante.
Ulteriori preoccupazioni sono poi determinate dalla prima segnalazione nel padovano della presenza di un’altra specie di dimensioni imponenti, Amaranthus palmeri. Allo scopo di prevenire la diffusione di queste pericolose infestanti ed anche nelle situazioni in cui il problema è già conclamato, occorre mettere in atto tutte le soluzioni possibili, quali ad esempio la rivalutazione degli interventi di pre-emergenza, ponendo inoltre una particolare attenzione alla definizione della rotazione aziendale, evitando colture dove la gestione delle emergenze delle amarantacee è più difficoltosa, quali ad esempio barbabietola da zucchero, girasole e colture orticole in generale.
Primo passo: pulizia letto di semina e pre-emergenza
Per non andare incontro a sgradevoli sorprese, diventa fondamentale mantenere il più possibile esenti da infestanti i seminativi già a partire dalle primissime fasi di sviluppo. Dopo una razionale preparazione del terreno, con le ultime lavorazioni di affinamento o con applicazione di formulati a base di glifosate, al contrario del passato, sono diventati ormai fondamentali gli interventi di pre-emergenza, scegliendo i principi attivi più efficaci sulle specie amarantacee.
La componente base delle innumerevoli miscele da utilizzare è stato individuato dal metribuzin (Song 70 WDG, Feinzin 70 DF, Sencor 600, ecc.) e disponibile ance in associazione formulata sia con flufenacet (Fedor) che con clomazone (Metric).
Per completare lo spettro d’azione anche sulle infestanti graminacee a ciclo annuale (Echinochloa, Setaria, Digitaria), metribuzin può essere addizionato di s-metolaclor (Dual Gold, ecc.), quest’ultimo caratterizzato anche di azione collaterale su Amaranthus, di petoxamide (Successor 600, ecc.) o di flufenacet. Il pendimetalin (Stomp Aqua, Most Micro, Activus Eko, ecc.) può trovare una valida giustificazione nelle aree storicamente infestate da solanacee e chenopodiacee, mentre dove preoccupano le emergenze di Abutilon theophrasti diventa conveniente l’inserimento nelle complesse miscele da utilizzare anche del clomazone, disponibile sia da solo (Command 36 CS, Sirtaki, ecc.) che in formulazione pronta con pendimetalin (Alcance Syntec, Bismark, Stallion IT Syntec) e con metribuzin (Metric).
È bene infine ricordare che tutte le miscele ad applicazione preventiva sono fortemente condizionate dall’andamento pluviometrico nel periodo immediatamente successivo alla loro applicazione (orientativamente entro 10 giorni), esercitando ovviamente i risultati più soddisfacenti in caso di precipitazioni significative (10-15 mm).
Strategia “solo post” con parsimonia
La strategia “solo post”, per molti anni unica linea di controllo di tutte le infestanti, in linea teorica è ancora valida dove non sussistono problematiche di resistenze e soprattutto nelle semine tardive di secondo raccolto. Le applicazioni di post-emergenza molto frequentemente sono poi necessarie per completare la parziale efficacia dei trattamenti di pre-emergenza. La storica miscela base di post-emergenza è rappresentata da imazamox (Tuareg, ecc.) con addizione tifensulfuron-metile (Harmony 50 SX, Harass) che, grazie alla forte sinergia fra i due principi attivi, è generalmente in grado di esercitare un ampio spettro d’azione che comprende amarantacee non resistenti, poligonacee, solanacee, crucifere, composite ed ombrellifere, nonché Abutilon, Ammi majus e altre ancora.
Negli ultimi anni è stato registrato un incremento dell’impiego del bentazone, disponibile sia da solo (Basagran SG, ecc.) che in miscela formulata con imazamox (Corum). Il bentazone è in grado di controllare anche le popolazioni di Amaranthus resistente, purchè con trattamenti molto anticipati (2-4 foglie vere dell’infestante) e di completare l’efficacia degli altri principi attivi su Polygonum persicaria e lapathifolium, Chenopodium, Portulaca e anche Abutilon. In situazioni applicative favorevoli, è in grado di esercitare anche un ottimale, seppur temporaneo controllo anche di Cyperus.
La gestione delle eventuali popolazioni di Amaranthus resistenti deve poi essere obbligatoriamente demandata, oltre al bentazone, a trattamenti molti precoci con bifenox (Valley), in grado di controllare anche altre infestanti dicotiledoni, quali Portulaca oleracea.
I migliori risultati si ottengono con interventi su infestanti non oltre lo stadio di 4 foglie vere, con la consapevolezza di andare incontro a temporanee, ma evidenti fenomeni di fitotossicità, che generalmente scompaiono nel giro di un paio di settimane. Bifenox, oltre all’azione fogliare, si caratterizza anche per una spiccata azione residuale, fornendo quindi un’attività prolungata nel tempo. Con le stesse finalità specifiche e le medesime modalità d’impiego, ma solo in caso di autorizzazione temporanea per situazioni di emergenza fitosanitaria, si prospetta interessante anche l’impiego di piraflufen-etile (OS-169), che presenta uno spettro d‘azione simile a bifenox e con una rapida, ma temporanea azione disseccante anche di Convolvulus arvensis.
Per quanto riguarda infine le eventuali infestazioni specifiche di specie graminacee da eliminare con trattamenti di post-emergenza, sono disponibili innumerevoli principi attivi e formulati atti allo scopo, da utilizzare a dosi rapportate allo stadio di sviluppo delle infestanti, impiegando quelle più alte in caso di presenza di Sorghum halepense da rizoma. I prodotti cosiddetti “fop” (propaquizafop quizalofop-etile isomero D+, quizalofop-p-etile e fluazifop-p-butile) generalmente risultano efficaci su Echinochloa crus-galli, Setaria spp. e anche Sorghum halepense, mentre i “dim” (ciclossidim e cletodim), oltre ad esercitare un ottimo controllo delle specie prima elencate, sortiscono i migliori risultati nei confronti di Digitaria sanguinalis. Per non rischiare di incorrere ad un incrementi dei fenomeni fitotossici sarebbe opportuno svincolare il loro utilizzo dalla gestione delle infestanti a foglia larga, ricordando anche che vi è la possibilità di rilevare un più o meno evidente decremento dell’efficacia graminicida quando si utilizzino formulati contenenti bentazone.
Norme agroambientali sempre più restrittive
Per le aziende che aderiscono ai differenti Disciplinari di Produzione Integrata che devono rispettare norme agroambientali, a livello nazionale sono stati definiti ulteriori vincoli applicativi per numerosi importanti principi attivi, che potranno poi variare regione per regione.
Partendo dal glifosate, è bene ricordare che nel periodo dal 1 gennaio e fino al 31 dicembre di ogni anno si potranno utilizzare solo 2 l/ha di un formulato contenente 360 g/l di principi attivo per ogni ettaro di colture non arboree.
Questa limitazione comporta la necessità di valutare attentamente le situazioni in cui sono indispensabili i trattamenti con glifosate, per non correre il rischio di terminare anzitempo questo budget relativamente limitato.
Inoltre non si potrà più giungere a ridosso delle semine con infestanti eccessivamente sviluppate in modo da non dovere utilizzare dosaggi troppo elevati.
Sarà inoltre necessario porre una particolare attenzione alla definizione della rotazione colturale, in quanto s-metolaclor sarà utilizzabile al massimo una volta ogni 2 anni sullo stesso appezzamento, indipendentemente da che venga applicato su mais, sorgo, pomodoro, girasole e soia. Fra gli erbicidi di post-emergenza bentazone sarà utilizzabile al massimo una volta ogni 2 anni sullo stesso appezzamento, indipendentemente da che venga applicato su sorgo, soia, erba medica ed analoga è la situazione per bifenox, anch’esso impiegabile al massimo una volta ogni 2 anni sullo stesso appezzamento indipendentemente dalla coltura su cui è applicato.