La scelta della trattrice più adatta richiede una valutazione accurata dei fabbisogni aziendali, tanto per l’agricoltore che per il contoterzista, condotta su quelli che possono essere i fattori limitanti.
Per quanto l’argomento sia stato oggetto di numerosi studi, soprattutto negli anni in cui i “cavalli” costavano più di oggi, almeno in termini differenziali, da qualche tempo si tende a pensare che l’imprenditore sia ben consapevole delle scelte che fa. Se questo è vero per gli agromeccanici, che si sono conquistati nel tempo il blasone di professionisti della meccanizzazione, non sembra altrettanto vero per gli agricoltori, specialmente quando la scelta è condizionata dalla presenza di incentivi pubblici.
L’incidenza dei Psr
La stessa presenza di un contributo porta automaticamente a ridurre il divario psicologico fra i prezzi della macchina “giusta” e di quella “più”, e tende a far dimenticare che alla fine, se da un lato l’incidenza percentuale è la medesima, l’entità del debito aumenta in valore assoluto. Ammesso che i contributi del Psr, per un agricoltore, incidano per il 35% (al netto dei costi), la quota che resta a suo carico è del 65%, da coprire con autofinanziamento o facendo ricorso a un prestito bancario. Se questa quota riguarda un 100 cavalli “basic”, possono bastare poco più di 30.000 euro, ma se si vuole una macchina “full optional” con sopra di tutto e di più, l’aggiunta può superare i 60.000 euro, a parità di peso e di potenza.
La differenza è assai sensibile e potrebbe essere più utilmente investita in attrezzature moderne; non serve a nulla acquistare trattori di altissimo livello per poi attaccarli a macchine obsolete, o inadatte alle lavorazioni oggi suggerite dalla tecnica agronomica. Non è un caso che i Psr, con poche eccezioni, finanzino le trattrici solo se abbinate ad attrezzature adatte e compatibili con il piano di sviluppo presentato, anche perché in Italia ce ne sono davvero troppe: secondo le stime più accreditate, ci sarebbero 1,8 milioni di trattori su 12,5 milioni di ettari, pari a 8 ettari per macchina.
Non tutti sono in grado di comprendere le profonde differenze esistenti, in termini di operatività, fra una macchina base (trasmissione convenzionale, telaio rigido e senza cabina), ed una con cambio a variazione continua, sospensioni, controlli elettronici e cabina di classe 4 (a prova di fitofarmaci).
Nelle classi di potenza massima fino a 100-110 cavalli il diverso livello tecnologico è ben evidente e dà luogo a notevoli disparità in termini di costo per unità di potenza: si va da meno di 500 a oltre 900 €/hp (sul prezzo di listino); le differenze tendono a ridursi con gli accessori e questo si nota sopra tutto sui modelli economici, assai meno su quelli che hanno già tutto di serie.
Oltre questa classe di potenza si vede un deciso salto di qualità, con una riduzione delle differenze nei contenuti tecnici e nei prezzi unitari; nella classe da 140 a 160 cavalli i minimi si attestano su 650-700 €/hp per le trasmissioni power shift, salendo ad oltre 800 €/hp per le Cvt. Come prevedibile, nelle classi di potenza superiori la variabilità tende ad annullarsi, con qualche sorpresa: qualche modello più blasonato può arrivare a costare di meno di altri meno noti, a parità di dotazioni (sulla carta). Qui entrano in gioco le politiche commerciali adottate dalle case, legate agli sconti sui prezzi di listino, un fenomeno particolarmente evidente negli acquisti degli agromeccanici e delle grandi aziende agricole, soggetti a frequenti acquisti di macchine “importanti”.
Qualunque verifica sul campo mostra che in genere questo tipo di clientela tende a pagare le macchine (tutte, e non solo i trattori) assai meno dei piccoli agricoltori che acquistano di rado, grazie al maggiore potere contrattuale che può far valere.
Costi d’esercizio a confronto
Queste considerazioni non mutano la sostanza del problema, perché anche gli sconti – così come eventuali contributi pubblici – incidono in misura percentuale: scegliere una macchina con contenuti tecnici superiori costa sempre di più, se ci si limita a considerare l’ora di lavoro. La Tab. 1 ci mostra, accanto all’esempio precedentemente riportato, più adatto a un’azienda agricola, anche un raffronto sulle classi di potenza superiore; i prezzi di listino sono stati considerati come media, rispettivamente, dei 3 modelli più economici e dei 3 più sofisticati e costosi. Le ore di lavoro indicate sono quelle minime per consentire un ammortamento sostenibile in tempi non troppo lunghi (10 anni); i costi accessori comprendono quelli di ricovero, assicurazione e oneri amministrativi, e sono stati computati in ragione del 10% della sommatoria di costi fissi e variabili.
Il confronto, per le 4 classi di potenza, fra i costi di esercizio di macchine economiche e di alta gamma, evidenzia alcuni risultati che vale la pena di commentare. L’aumento dei costi fissi è legato soprattutto alle maggiori quote di ammortamento, anche se queste non vengono calcolate sul valore a nuovo ma sul deprezzamento: in pratica si ammortizza per quote costanti la differenza fra il prezzo di acquisto e quello di rivendita a fine ciclo.
Come si può vedere dalla tabella, il maggior costo del modello più accessoriato si trasferisce solo in parte sulla quotazione dell’usato; la differenza di valore è evidente sulle piccole potenze, dove i modelli più sofisticati battono senz’altro le macchine più semplici e spartane. All’aumentare della potenza i modelli economici sono sempre più simili al top di gamma, sia per le soluzioni tecniche sia per il prezzo di acquisto; una condizione che tende a uniformare anche il valore dell’usato, specialmente se si tiene conto dei costi di revisione. Su queste macchine l’usato subisce una forte svalutazione dovuta all’oggettiva riduzione della platea di soggetti interessati: un contoterzista o un grosso agricoltore preferiscono acquistare il nuovo, nel timore di subire guasti importanti i cui costi di riparazione sono difficilmente prevedibili.
È vero che la tecnologia costa, ma quanto vale? Non c’è dubbio che sulle trattrici di potenza fino a 100 cavalli la differenza sia piuttosto sensibile, non solo in termini percentuali: 8 €/ora non sono pochi, ma quanto può costare in più una macchina poco efficiente? Pensiamo per esempio al caricatore frontale, uno degli usi più frequenti per un 100: qui un inversore idraulico ridurrebbe la fatica dell’operatore, specie se abbinato a un cambio con marce sotto carico (se non addirittura una Cvt), cambiando completamente la produttività del cantiere. Lo stesso vale per la cabina pressurizzata e dotata di tutti i filtri, che consente di rispettare pienamente le norme per la sicurezza sul lavoro anche nel caso in cui il trattore venisse impiegato per trattamenti con prodotti fitosanitari.
La possibilità del noleggio
Sulle macchine di alta gamma la differenza nei costi orari tende a ridursi sia in valore assoluto (per effetto dell’applicazione di tecnologie similari fra le varie versioni) sia – soprattutto – in termini relativi, a dimostrazione che su questi trattori non conviene risparmiare sull’allestimento.
Fra gli altri vantaggi, non dimentichiamo che la macchina più accessoriata può consentire di estenderne i tempi d’impiego, una variabile decisiva se consideriamo che oltre i 200 cavalli il trattore deve lavorare almeno per 800 ore/anno fatturabili, mentre a 300 hp non si può scendere sotto il muro delle 1.000 ore.
Ultimamente si osserva che l’usato di gamma alta sta conoscendo una nuova vita attraverso il noleggio, effettuato soprattutto dai concessionari: trattandosi di macchine ricondizionate e “sincere”, sono abbastanza affidabili da superare i picchi di lavoro per i quali viene richiesto il noleggio. In mancanza di tariffe ufficiali, una rapida indagine condotta presso alcuni contoterzisti e concessionari ha permesso di appurare che i prezzi praticati sono in linea con i costi orari per un utilizzo medio (costi fissi più oneri assicurativi e amministrativi). In effetti, la possibilità di prendere a noleggio una macchina per l’intera stagione – o quasi – presenta costi analoghi a quelli che bisognerebbe sostenere in caso di acquisto; per noleggi di breve durata, invece, è logico attendersi un prezzo più elevato, in considerazione dell’impiego tipicamente stagionale delle macchine agricole, che aumenta notevolmente i rischi di soste improduttive. L’unico ostacolo che si frappone a una maggiore diffusione del noleggio sembra essere di natura burocratica, legato alla necessità di un contratto registrato per consentire al locatario di beneficiare dell’agevolazione sui carburanti.