Ci sono attività che, in Italia, sono per definizione “cosa da contoterzisti”. Trebbiatura e trinciatura, per esempio: operazioni che richiedono macchine da 200mila euro e passa e che quasi nessuna azienda agricola, con le ovvie eccezioni, si può permettere.
La fienagione, teoricamente, non appartiene a questo elenco. Si fa, infatti, con trattori di piccola taglia – 150 cavalli sono più che sufficienti – e per attrezzarsi bastano 50 mila euro: 25mila per una buona rotopressa, il resto per falciacondizionatrice, voltafieno e andanatore. Eppure ci sono contoterzisti che si specializzano in questa attività, arrivando a farne il fulcro della loro offerta. Ma anche chi la propone soltanto come un’attività tra le altre vede crescere la domanda. Per quale motivo? Come mai un agricoltore preferisce rivolgersi a un professionista della meccanica? E perché questi ultimi investono in un settore in cui – sempre in teoria – le possibilità di lavoro parrebbero limitate?
Per cercare di capirlo, abbiamo fatto quattro chiacchiere con tre imprenditori molto attivi nel settore: due agricoltori, che effettuano anche lavori in regime di attività connessa, e un contoterzista, che possiede, però, anche parecchi ettari di terreno proprio.
In cerca della qualità
Bruno Guerra, alessandrino, è il più contoterzista dei tre, nel senso che ha una ditta agromeccanica registrata in Camera di Commercio, oltre a fare l’agricoltore. Per lui raccogliere fieno è una vera missione, tanto che ne ha fatto, ormai, l’attività principale della sua azienda. Perchè rivolgersi a lui? «Tutto dipende da cosa vuol fare l’agricoltore. Se raccoglie fieno per la stalla e non ha grosse pretese, può fare tranquillamente da solo e spesso così avviene. Se però vuol fare un prodotto di alta qualità, che abbia certi standard e – di conseguenza – anche un certo prezzo, deve quasi forzatamente rivolgersi a un professionista. Perché il fieno non è una cosa che puoi fare quando vuoi o quando hai un po’ di tempo, soprattutto se ci hai investito soldi, per esempio con un diserbo invernale o simili». Guerra si è specializzato in medica, che coltiva anche sui propri terreni. E tratta con cura quasi maniacale, anche perché ha clienti che si rivolgono a lui da 30 anni pagando i suoi foraggi più della media del mercato. «Non è un prodotto semplice, ha priorità ben precise. Se è il momento di tagliare – ci spiega – o ancor più di pressare, non puoi rimandare al giorno dopo perché stai lavorando sulle patate o sui pomodori. Nel campo della pressatura, mezz’ora fa la differenza».
Della stessa opinione l’emiliano Giovanni Bisagni: «Diciamo che quando la raccolta è facile, gli agricoltori la fanno da soli, mentre quando ci sono problemi chiamano noi.
Per esempio, quando il prodotto si è bagnato e rischia di ammuffire, oppure quando sono in ritardo con il taglio.
Tutti sono capaci di tagliare, voltare e imballare, ma soltanto un professionista ha la competenza e le macchine adatte a recuperare un raccolto compromesso».
C’è pressa e pressa
L’accenno di Bisagni alle macchine ci permette di introdurre un’altra variabile: quella delle attrezzature. Di presse ce ne sono tante, ma non sono tutte uguali. Ed è ovvio che soltanto chi fa meccanica per professione può permettersi certi investimenti.
Per esempio, per una big baler: che riduce fortemente i tempi di raccolta, facilita lo stoccaggio e il trasporto su camion, e in certi casi dà maggiori garanzie sulla qualità del prodotto. «I contoterzisti, in genere, offrono una pluralità di soluzioni. Per quanto ci riguarda – continua Bisagni – abbiamo sia la rotopressa sia la pressa quadra, con anche il carro autocaricante per il trasporto delle maxi-balle, un attrezzo studiato da noi e che ci ha fatto guadagnare clienti. Allo stesso modo molti si rivolgono a noi per i balloni fasciati, sia rotondi sia quadri».
L’argomento non è nuovo, ovviamente: da sempre i contoterzisti hanno macchine più sofisticate, performanti e aggiornate rispetto a una normale azienda agricola. E ne hanno, anche, di più. Dettaglio che in fienagione ha la sua importanza, come sottolinea il modenese Romolo Cristofori: «In questa attività i tempi sono essenziali. Quando ci sono le condizioni ideali per la raccolta, è importante fare il maggior numero di balle nel tempo più breve possibile e un’azienda agricola, per quanto ben attrezzata, non ha le macchine sufficienti per mantenere certi ritmi. Dovrebbe avere tre presse, ma non se le può permettere, perché, anche con 200 ettari di foraggi, le farebbe lavorare soltanto due o tre sere al mese».
Tutta questione di tempi
«Inoltre le macchine richiedono operai: un’azienda agricola non riesce a movimentare personale a tarda sera soltanto per un giorno ogni due settimane. Per noi, che facciamo tutta la campagna, il discorso è diverso, perché essendo fuori costantemente, ammortizziamo le macchine e diamo continuità di lavoro ai dipendenti», aggiunge Cristofori.
La fienagione – pressatura in primis, ma anche voltaggio e andanatura – si gioca come noto sui tempi. «Ci è capitato di stare anche tre ore ad aspettare che l’umidità fosse giusta. Tre ore, dalle 10 all’una di notte, a guardare le stelle in mezzo a un campo. È un caso limite, ma per quanto ci riguarda, un’ora e mezza di attesa è la regola, ogni sera. Un’azienda agricola non può gestire una situazione del genere».
Allo stesso modo fatica a gestire – interviene Bisagni – gli eventi meteorologici: «Ormai le previsioni del tempo sono estremamente attendibili. Così nel momento in cui segnalano pioggia nelle 48 ore successive, scoppia il caos: tutti vogliono raccogliere il più in fretta possibile. L’agricoltore che ha pochi ettari di erba tagliata in campo ce la può anche fare, ma se ha in terra tre o quattro appezzamenti, corre da noi. E allora lavorare diventa davvero difficile, perché dovresti essere dappertutto nello stesso momento». Al riguardo, Bruno Guerra ricorda come nei momenti più difficili capiti di avere 70 ettari a terra contemporaneamente, tutti da gestire nell’arco di un giorno.
Bisagni segnala infine un altro motivo per cui si ricorre all’agromeccanico: gli imprevisti. «Quello meteorologico è ovviamente il più frequente: sta per piovere e allora ci chiamano perché non riescono a finire da soli. Ci sono poi gli imprevisti di tipo meccanico. Il più tipico è la rottura di un attrezzo mentre si sta lavorando. A quel punto, per non lasciare il prodotto in campo un’altra notte, ci telefonano».
Grandi clienti
Una fonte di lavoro per i contoterzisti sono le grandi aziende, che preferiscono demandare l’intera attività piuttosto che attrezzarsi con macchine e dipendenti, e infine i commercianti, molti dei quali acquistano il foraggio in campo e lo fanno raccogliere da un professionista. «Noi, per esempio, collaboriamo con due realtà di questo genere. Si tratta di società esclusivamente commerciali e che quindi non hanno nessun interesse ad acquistare attrezzi agricoli», ci dice Romolo Cristofori.
Il collega alessandrino conferma questa tendenza: «Le grandi aziende trovano preferibile affidare il lavoro ai contoterzisti piuttosto che fare da sole. Finché i prezzi del foraggio si mantengono su questi livelli, fanno bene».
Che questo sia il momento dei foraggi non è un segreto: favoriti dalla Pac e spinti da bassi costi di produzione e buone quotazioni, loietti, medica e simili sono attualmente tra le colture con il miglior rapporto tra costi e benefici. «Soprattutto per chi fa medica da seme, un’attività che si sta diffondendo fortemente», fa notare Cristofori. E che porta a guadagni superiori ai 2mila euro per ettaro, con pochissimi costi e campi produttivi per almeno cinque o sei anni.
Un buon affare per i contoterzisti
Redditività e obblighi del greening sono alla base dell’interesse sempre crescente per medica e simili. E anche, di conseguenza, l’aumento di domanda che giunge ai contoterzisti. Una tendenza confermata da tutti e tre gli intervistati: «Per Pac e per convenienza, tanti si spostano sui foraggi e a ben vedere dovrei ampliare il mio parco macchine», dice Cristofori.
«Il lavoro è in crescita costante, tanto è vero che lo scorso anno ho acquistato la seconda big baler», fa eco Bisagni. Quanto a Bruno Guerra, infine, il fatto che la sua azienda partecipi al progetto per un impianto di disidratazione che lo porterà a gestire 1.500 ettari di medica nel 2017 dice più di molte parole. «In un settore asfittico – è la sua conclusione – la fienagione è una delle poche boccate d’ossigeno rimaste».
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