Se il dialogo tra macchine è ormai una realtà grazie all’Isobus (ne abbiamo parlato molte volte su questa rivista), quello tra i servizi di raccolta dati è ancora all’Anno Zero. O dovremmo forse dire all’Anno Uno, dal momento che, anche in questo ambito, qualcosa si sta muovendo.
Per prima cosa, però, spieghiamo di cosa vi stiamo scrivendo. I nostri lettori più attenti sanno molto bene come digitalizzazione e gestione dei dati saranno una delle grandi sfide del futuro, anche in agricoltura. Lo dicono, del resto, tutti gli analisti e lo dimostra l’attenzione con cui i vari costruttori seguono il settore della telemetria e della raccolta e conservazione dei dati. Trattori, mietitrebbie e trince di ultima generazione collezionano Gigabyte di informazioni su posizione, ore lavorate, consumi di gasolio, velocità media eccetera. Una mole destinata a centuplicarsi, perché non soltanto i trattori, ma anche la maggior parte degli attrezzi sarà digitalizzata. Come raccontiamo su questo numero, nel giro di pochi anni anche un semplice pezzo di ferro come l’albero cardanico si trasformerà in un produttore di dati su tempi di funzionamento, velocità media di rotazione eccetera.
Si pone a questo punto il problema di come far arrivare tutti questi byte laddove possano essere interpretati; ossia, nel computer dell’agricoltore, in concessionaria o presso il servizio agronomico di riferimento. Per anni questo passaggio è avvenuto manualmente, con scaricamento su chiavetta o hard disk rimovibile. A casa di certi pionieri dell’informatica in agricoltura è possibile trovare ancor oggi pile di floppy disk risalenti alla fine del millennio scorso, con l’archivio storico delle rese e delle lavorazioni.
Ora, fortunatamente, sta diventando prassi comune la trasmissione diretta via etere o per meglio dire in cloud. In pochi anni, tutti i grandi gruppi si sono dotati di un servizio cloud e chi ancora non ce l’ha sta correndo ai ripari. È il caso di Argo (Landini e Mc Cormick), che dovrebbe presentarlo proprio in queste settimane, ma anche di Arbos, che sta lavorando in partnership con Actia. Entro fine anno, infine, anche un iper-specializzato come Antonio Carraro dovrebbe essere della partita con un proprio sistema. Tra i colossi internazionali, John Deere fu tra i primi a scommettere su queste tecnologie e oggi è indubbiamente all’avanguardia con il suo Operation Center, ma non possiamo dimenticare il Plm di Cnh, l’Ag Command di Agco e il Claas Telematics, per citarne soltanto alcuni.
Sistemi chiusi
Tuttavia, tutti quelli elencati – e gli altri che tralasciamo per non dilungarci troppo – sono sistemi chiusi, che usano protocolli di criptazione e trasmissione dati, come si dice, proprietari. Vale a dire che sono impermeabili a strumenti che non appartengano a quella tecnologia. Siamo insomma esattamente nell’era pre-Isobus, quando far dialogare trattore e attrezzo era impossibile e per gestire la pressa o l’irroratrice si doveva installare un monitor dedicato in cabina, con tanto di cavi passanti che attraversavano il lunotto posteriore.
Perché, allora, abbiamo parlato di Anno Uno? Perché da qualche tempo i costruttori stanno cominciando a cedere sul fronte della connettività inter-marchio, essendosi resi conto che il mondo va in una direzione ben precisa e che, se si vuol fare l’Agricoltura 4.0, le informazioni devono circolare liberamente. Anzi, più circolano e meglio è per tutti. Non è possibile che i dati della mietitrebbia continuino ad essere gestiti soltanto da Claas con il suo Telematics e quelli del trattore restino un’esclusiva di qualcun altro, per esempio Massey Ferguson o Case IH. Senza contare che, ormai, anche gli attrezzi stanno diventando Isobus e pure per essi si porrà lo stesso problema. Occorre, insomma, che i vari protocolli si parlino.
Verso il dialogo
Con questa consapevolezza sono nati i primi sistemi di interscambio di informazioni: piattaforme che dialogano con diversi marchi, raccolgono i dati e li trasferiscono a chi decide il proprietario, che sarebbe poi l’agricoltore o il contoterzista. Insomma, né più né meno che un Isobus per il cloud. Purtroppo, rispetto all’Isobus vero e proprio siamo ancora indietro, dal momento che non esiste una piattaforma unica e universale. Siamo certi che nascerà entro pochissimi anni, sulla spinta del progresso, ma per ora dobbiamo limitarci a registrare soltanto le prime iniziative in questo senso: positive e volenterose, ma non ancora risolutive. È possibile tuttavia che proprio da queste emerga una soluzione condivisa. Vediamo quale potrebbe essere.
Varie opzioni
A quanto ci risulta, sono principalmente tre le alternative presenti, al momento. Una è Data Connect, che raggruppa soprattutto i costruttori di trattori. L’altra è Agri Router e vede invece una più massiccia partecipazione di attrezzisti, oltre che di alcuni big della meccanica agricola. Infine c’è l’ultima nata, Agro-Link, prodotta in casa Agco.
Ma andiamo con ordine. Data Connect è stata fondata da John Deere e Claas, con il coinvolgimento di 365 Farm Net, un sistema gestionale messo a punto da una realtà tedesca e aperto alla partecipazione di tutti. La recente adesione del gruppo Cnh Industrial - con i brand New Holland, Case Ih e Steyr - rappresenta un passaggio importante in quanto, assieme, questi cinque marchi coprono una bella fetta del mercato. Attraverso Data Connect, spiegano gli ideatori, è possibile scambiare informazioni tra cloud, ma anche controllare in remoto macchine appartenenti a diversi marchi utilizzando una sola piattaforma. Come il My John Deere o Claas Telematics, per dirne due. Prevista, infine, l’integrazione con i sistemi di Aef, vale a dire l’associazione che riunisce oltre 200 costruttori di macchine agricole proprio allo scopo di favorire la connettività tra brand e il libero scambio di conoscenza.
In Data Connect non figura al momento Agco, che tuttavia ha in essere ben due soluzioni simili. È infatti tra i fondatori di Agri Router, un protocollo messo a punto dalla tedesca Dke (sigla che sta per Dati, Comunicazione e Sviluppo), nonché promotore di Agro-Link.
Il primo è stato scritto assieme a Sdf, Krone e attrezzisti famosi come Kuhn, Lemken, Pöttinger e Amazone. Vi aderisce anche New Holland, che pertanto risulta attiva in due dei principali protocolli attualmente sul mercato. In sostanza, Agri Router si presenta come “Piattaforma universale per lo scambio dei dati”, precisando che per suo tramite è possibile il dialogo tra diversi marchi di attrezzi e macchine operatrici. L’agricoltore o il contoterzista possono decidere quali informazioni condividere e con chi. Dunque possono usare Agri Router per trasferire file all’interno della propria flotta oppure per inviarli ad altri soggetti, come uno studio agronomico oppure il contoterzista (viceversa, il contoterzista può sfruttare Agri Router per trasferire i dati sulle lavorazioni e le rese ai propri clienti). Il tutto, una volta fatte le impostazioni iniziali, avviene in modo automatizzato.
Propostosi come piattaforma di scambio, Agri Router non permette però lo stoccaggio delle informazioni. Non è insomma un cloud, ma soltanto un’autostrada per il trasferimento da un cloud all’altro. Discorso diverso per Agro-Link, un prodotto pensato da Agco e presentato tra la fine del 2019 e l’inizio di quest’anno. In linea di principio, funziona in modo molto simile ad Agri Router, salvo che, a differenza del primo, tratta principalmente informazioni agronomiche più che quelle sul funzionamento delle macchine e inoltre permette la conservazione delle stesse. Anzi, nasce principalmente a questo scopo. Si tratta insomma di un vero cloud, con la differenza che su di esso si possono caricare file provenienti da sistemi operativi diversi, che saranno automaticamente convertiti in un formato leggibile per Agro-Link. Anche in questo caso, pertanto, cade la barriera di incomunicabilità tra trattori o macchine da raccolta di diversi costruttori.
In linea di massima i sistemi funzionano dunque in maniera abbastanza simile, poiché permettono di rastrellare dati da sistemi operativi diversi e li raggruppano su un’unica piattaforma, così da poterli consultare e utilizzare agevolmente. Il caricamento avviene in forma automatica oppure manuale, trascinando i file nella cartella della piattaforma. Per i dispositivi non dotati di collegamento wireless, invece, può essere necessario passare attraverso il cellulare o installare una scheda modem apposita. I file sono quindi convertiti in formati universali come l’Iso Xml, per un impiego sui più comuni sistemi gestionali, e trasferiti dove desidera l’operatore. I sistemi che non hanno funzione di storage solitamente cancellano i dati trasmessi dopo un mese circa.
In cerca dello standard unico
Come abbiamo scritto, la situazione attuale assomiglia molto da vicino a quella creatasi all’epoca dell’introduzione di Isobus: vi sono alcune piattaforme di dialogo, ma manca ancora quella davvero universale. E proprio come allora è indispensabile che nasca per l’appunto un sistema di interscambio unico o perlomeno basato su uno stesso protocollo.
Una necessità che i costruttori, dopo aver difeso gelosamente i loro sistemi per anni, hanno finalmente recepito, anche di fronte all’evidenza che gli agricoltori non accettano di dipendere da un solo marchio, ma vogliono poter scegliere senza essere penalizzati, per questa loro scelta, nella raccolta e nel trattamento dei dati prodotti dalle varie macchine.
A dimostrazione di questo evidente cambio di tendenza, Agro-Link, a quanto ci risulta, in poche settimane è stato accettato da diversi produttori, tra cui John Deere. Se sarà il prodotto di Agco a diventare lo standard universale oppure una delle sue alternative, è da vedere. Né, del resto, è particolarmente importante: poiché, come ha giustamente fatto notare un costruttore, non sarà tanto il possesso dei dati, quanto la capacità di interpretarli a fare la differenza.
La spinta degli incentivi
Alla fine è sempre questione di soldi. Pubblici, preferibilmente. A dare la vera spinta all’innovazione dell’agricoltura 4.0 potrebbe essere la legge di bilancio 2020, con i suoi incentivi per tracciabilità, sostenibilità ma soprattutto innovazione. Una voce che beneficia di un credito d’imposta fino al 40%, in sostituzione dei precedenti iper e super ammortamenti.
Come noto, il Governo ha infatti varato misure per estendere il Piano nazionale industria 4.0 al settore agricolo, stanziando fondi l’acquisto di trattori e macchine agricole (6% di credito d’imposta), servizi digitali e software (15% di credito fino a un massimo di 15mila euro) e soprattutto sistemi di precision farming, che usufruiscono del credito più alto: 40% per un massimo di 2,5 milioni di euro, con un ulteriore 20% di credito tra i 2,5 e i 10 milioni di spesa.
Non è casuale che, a fronte di questa offerta, molti costruttori segnalino un’impennata nell’interesse per le tecnologie digitali da parte degli agricoltori.