Agribertocchi traccia il futuro

La sede di Orzivecchi, assieme a quella di Castello d’Argile, funziona come hub a servizio dei sei centri vendita
La maxi-concessionaria John Deere, che ormai copre 12 province, si dota di un management preso da settori come banche, assicurazioni e automotive

Difficile, volendo spiegare l’evoluzione delle concessionarie di macchine agricole in Italia, trovare un esempio migliore della Agribertocchi. Nata nel 1968 dalla volontà del compianto Pietro Bertocchi e Marta Cavalli, diventata Agribertocchi nel 2003 e attualmente guidata dai due figli di Pietro e Marta, Ruggero e Mauro, è l’esempio di una storia di successo e assieme di un legame, praticamente inscindibile, ormai, con un marchio di trattori. Nel 2005 Agribertocchi iniziò infatti a vendere John Deere ed è attualmente una delle sue più importanti concessionarie a livello italiano ed europeo (definizione di John Deere Italia, ndr).

Ma non è tanto l’attestazione di stima reciproca tra costruttore e venditore a interessarci. Ben più significativi i numeri, impressionanti nel loro impatto: in sei anni sono state aperte cinque nuove filiali, che si aggiungono a quella storica di Orzivecchi (Bs), e acquisiti territori che ne hanno moltiplicato l’area di influenza. Dal 2014 a oggi, vale a dire in nove anni scarsi, il fatturato è salito da 21,8 a 105,8 milioni di euro e il personale è più che quadruplicato, passando da 23 a 110 assunti. Oggi Agribertocchi vende trattori, macchine da raccolta e attrezzature (non soltanto di John Deere, ovviamente) da Edolo (Bs) a Cesenatico (Fc), su una distanza di 310 km in linea d’aria e 386 su strada. Il che ne fa uno dei concessionari più grandi (se non il più grande) dell’intera penisola.

Gli interni della sede storica di Agribertocchi, recentemente ampliata e in attesa di raddoppiare le superfici

Il bisogno di strutturarsi

Dimensioni, fisiche e finanziarie, difficilmente compatibili con una realtà a conduzione familiare. Ed è per questo che la proprietà ha scelto di dotarsi di una struttura dirigenziale con pochi eguali in una realtà agricola, andando a pescare manager da settori esterni a quello primario. «Abbiamo cercato la qualità, portando in azienda persone meritevoli, per unire la realtà di una solida guida familiare al dinamismo di una leadership preparata per le sfide future. In altre parole, stiamo passando dalla dimensione familiare di un’azienda che a cena si confrontava sul da farsi, a una manageriale, con una visione organizzata e strutturata, poggiata su valide professionalità», ha spiegato Ruggero Bertocchi, Ceo della società in cui figurano anche il fratello e la madre.

Da sinistra, Ruggero Bertocchi con la madre Marta Cavalli e il fratello Mauro

Sono così entrati in Agribertocchi Marco Dorini, Sales Manager che proviene dal settore automotive, Chiara Calcaprina, responsabile risorse umane con esperienza decennale in diverse realtà, Anastasia Alberti, ex bancaria specializzata in organizzazione di processi e gestione del cliente e ora a capo del settore finanziario, Fabio Tinti, controller con esperienza nel settore automotive e infine, ultimo acquisto, Stefano Frosi, nuovo responsabile amministrativo con esperienze pregresse nel settore assicurativo e produttivo. Un quadro dirigenziale che è stato presentato alla fine di marzo ai giornalisti di settore, per mostrare come potrà essere l’evoluzione futura della vendita di macchine agricole.

Uno dei maggiori interventi ha riguardato l’officina

Due hub, quattro sedi decentrate

Anche la logistica si è data una struttura ben precisa, passaggio indispensabile per una realtà che conta sei sedi a una distanza media di 80 km una dall’altra. «Abbiamo individuato due hub: Orzivecchi, sede storica, e Castello d’Argile (Bo), dove si fanno allestimenti e preparazione delle macchine per le altre filiali, che si occupano soprattutto di vendita, consulenze e ricambistica. In questo modo – spiega Ruggero Bertocchi – si ottengono un risparmio organizzativo e una gestione più mirata delle strutture. Anche l’amministrazione, infine, è stata centralizzata per una più razionale gestione delle risorse».

Dei due hub, ha continuato il Ceo, Castello d’Argile, con i suoi 12mila metri quadrati, è operativa all’ottanta per cento, mentre Orzivecchi è in attesa di un ampliamento che la porterà a raddoppiare la superficie entro due anni. E sempre entro pochissimi anni – tre, per la precisione – è previsto un ulteriore incremento del 60% nel personale, con un significativo +120% nel numero di addetti alle tecnologie di precisione, area in cui John Deere, come noto, gioca da protagonista. «Un terzo delle terre coltivabili nel territorio di nostra competenza è gestito da macchine connesse con il nostro centro di controllo», ha precisato Mauro Bertocchi, che segue after-market e assistenza. L’inserimento di un agronomo nell’organico aziendale, avvenuto di recente, aiuterà i clienti nella gestione e nell’impiego dei dati raccolti, trasformando la concessionaria in una venditrice, oltre che di macchine agricole, di soluzioni, in piena filosofia John Deere.
Nel prossimo futuro, ha concluso Ruggero Bertocchi, vi è un assestamento della posizione consolidata, con l’ottimizzazione della rete attuale. «Siamo stati protagonisti nel settore agricolo; ora vogliamo essere i precursori della digitalizzazione agricola del Paese. Vogliamo che tra vent’anni si dica che Agribertocchi ha portato l’agricoltura italiana nel futuro».


QUALE FUTURO PER GRANDI E PICCOLI

I vertici di John Deere Italia e il management di Agribertocchi durante la presentazione della nuova organizzazione aziendale

«Abbiamo l’obiettivo di rendere profittevoli ed ecosostenibili le attività dei nostri clienti attraverso soluzioni tecnologiche che possano realmente trasformare la gestione delle aziende agricole ed agromeccaniche»: così Simone Nardin, amministratore delegato di John Deere Italiana, riassume la strategia della propria azienda. «Ciò significa – ha proseguito – che il ruolo dei concessionari sarà sempre più importante. Anzi, è centrale: i prodotti e le soluzioni che proponiamo hanno bisogno dei concessionari. A differenza di altri settori, in agricoltura la concessionaria è strategica e pertanto è parte integrante del nostro progetto di crescita».

Quale concessionaria, però, si sta prospettando negli anni a venire? Una realtà in grado di guidare l’evoluzione tecnologica in agricoltura e rendere i clienti promotori dei nostri prodotti, spiega Nardin. «Abbiamo bisogno di una evoluzione delle competenze per offrire consulenza a 360° per i nostri clienti, comprendendo le loro necessità, e suggerendo le migliori soluzioni, non necessariamente le più costose ma quelle realmente utili per l’attività quotidiana».

In tema di futuro dei dealer si sbilancia anche Ruggero Bertocchi: «Le realtà più piccole dovranno evolversi, rinunciando a una parte di servizi tecnologici e supporto e continuando a seguire i clienti più piccoli, che hanno meno bisogno di servizi ad alta tecnologia e sono quindi alla portata di realtà meno strutturate e con costi di gestione inferiori. Quanto a noi  vogliamo strutturarci, ma inglobare altre concessionarie non è nei nostri piani. Abbiamo una rete ben dimensionata e non è nella nostra visione inserire ulteriori realtà, determinando un aggravio dei costi di gestione».

Agribertocchi traccia il futuro - Ultima modifica: 2023-04-20T11:09:50+02:00 da Roberta Ponci

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