L’autunno non si identifica solo con la fine dell’annata agraria ma anche con il periodo in cui si fanno programmi per il nuovo anno: questo vale anche per lo Stato italiano, che deve emanare entro ottobre il decreto sul bilancio 2025, da convertire in legge entro il 31 dicembre. La copertura del fabbisogno richiederebbe un fisco efficiente, un obiettivo non realizzabile nel breve periodo: spesso si ricorre a provvedimenti urgenti e lo scorporo del riordino delle accise dalla Finanziaria potrebbe essere positivo, se eviterà l’ormai abituale ricorso alle mozioni di fiducia.
Le voci, in parte confermate dal ministro Giorgetti, su possibili ritocchi alle accise sul gasolio hanno suscitato le proteste di tutte le categorie imprenditoriali, oltre che degli stessi consumatori, tenuto conto che il 40% delle auto private sono mosse da motori Diesel. Stupisce poi apprendere che il ministro delle Finanze non sappia chi paga e quanto: dall’esonero totale per la navigazione aerea e marittima, alla riduzione per la produzione di forza motrice e le lavorazioni agricoli, fino alla riduzione (parziale) per i veicoli pesanti Euro 5 e successivi.
La prospettiva di un aumento delle accise colpirà sì i consumatori, ma anche più di metà dell’autotrasporto pesante (60%) e la totalità di quello medio e leggero, che non può recuperare parte dell’accisa (circa 21 centesimi) come i “pesanti” Euro5 ed Euro6. I 5 centesimi di accisa che il governo vorrebbe aumentare porterebbero l’imposta a quasi 0,67 euro al litro, aumentando ulteriormente il divario rispetto agli altri paesi europei e rendendo sempre più conveniente il contrabbando che già oggi costa oltre 7 miliardi all’anno. Per il settore agricolo, che paga – nominalmente – il 22% dell’accisa ordinaria l’aumento sarebbe di 1,1 centesimi ma, come vedremo in seguito, quello reale potrebbe raddoppiare.
La situazione in Europa
La volontà del governo di “riequilibrare” i prezzi dei carburanti, riducendo le accise sulla benzina e e aumentando quelle sul gasolio, sarebbe stata motivata con la necessità di “allinearsi” all’Europa: una motivazione discutibile, se guardiamo a come si colloca l’Italia nel panorama europeo.
Le accise sui carburanti sono le più alte: quasi 62 centesimi al litro per il gasolio (almeno in questo siamo campioni europei) e 73 centesimi per la benzina (siamo e rimarremo al 2° posto, dietro ai Paesi Bassi, che arrivano a 79). Dopo si distinguono Belgio (60), Francia (59), Irlanda (53), Paesi Bassi (52), Finlandia e Slovenia, (49), Germania e Danimarca (47); alquanto distaccati il Portogallo, con 44 centesimi, l’Austria con 40, Spagna e Ungheria a 37, di poco superiori al minimo stabilito dalla UE (33 centesimi).
Su un prezzo del gasolio alla pompa di € 1,70 al litro, solo € 0,77 servono per pagare il prodotto e la catena distributiva: gli altri 93 centesimi vanno allo Stato per l’accisa (62 centesimi) e per l’Iva (altri 31), con un ricarico tributario complessivo del 83%. La maggior parte dei paesi comunitari (18 su 27) ha stabilito un regime di favore per il gasolio impiegato in agricoltura (accisa media di 12 centesimi al litro); negli altri 9, il gasolio ha lo stesso prezzo per tutti, ma comunque meno che in Italia, con una differenza di quasi 30 centesimi.
Il ministro non ha parlato dell’agricoltura, che gode, come detto, di un’accisa ridotta al 22% di quella ordinaria, pari a 13,6 centesimi al litro (che saliranno a 14,7 con gli aumenti promessi). Questo, però, solo in teoria: l’assegnazione di gasolio agevolato è determinata per legge (D.M. 30/12/2015) ed è soggetta a una decurtazione del 23%, obbligando agricoltori e agromeccanici all’acquisto di gasolio per autotrazione in quantità tale da compensare la riduzione.
Accisa occulta
Il sistema introduce di fatto un’accisa occulta, di cui possiamo renderci conto con un esempio: se il fabbisogno fosse di 10.000 litri di gasolio, di agricolo ne vengono assegnati solo 7.700, da integrare con l’acquisto di altri 2.300 litri di prodotto per autotrazione (ad accisa intera). Se il prezzo senza accise fosse di € 0,77 al litro, l’agricolo costerebbe € 0,91 (con accisa di 13,6 centesimi) e quello per autotrazione € 1,40 (con accisa di 61,7 centesimi), IVA esclusa. La spesa complessiva sarebbe di 7.007 euro per i 7.700 litri di “agricolo” e 3.220 euro per i restanti 2.300 litri di gasolio “autotrazione” per un totale di 10.227 euro (1,02 €/litro). Sottraendo da questo valore il prezzo senza accise (€ 0,77) si ricava l’imposta realmente pagata: ben 25 centesimi, un valore alquanto diverso dai 13,6 centesimi “nominali”.
Aggiungiamo che le stime sono state fatte sui prezzi Iva esclusa, per non complicare inutilmente le cose con i regimi Iva; l’impiego in agricoltura consente di applicare l’imposta al 10%, ma poi c’è chi detrae l’Iva e chi non la detrae, avendo optato per il regime speciale.
L’agricoltura italiana, così come gli altri settori produttivi, non ha alcun bisogno di ulteriori aumenti dei costi legati ai trasporti e alla meccanizzazione: anzi, verrebbe da rispondere al ministro che, sul piano delle accise, il nostro Paese abbia già fatto anche troppo.