Forse oggi, a 37 anni, Luca Arrobio non può essere annoverato tra i giovanissimi del settore, ma considerando che divenne titolare della sua azienda quando ne aveva 27, l’appellativo di giovane contoterzista ha una sua ragion d’essere. Tanto che l’ormai ex ragazzo è stato scelto come Contoterzista dell’anno nella categoria, appunto, delle giovani promesse. Un incoraggiamento, se vogliamo, a un imprenditore che scalda il sedile dei trattori da quando aveva 6 anni e che nel suo futuro, per sua stessa ammissione, non vede altro che ruote tassellate e terreni da seminare.
Tra Asti e Alessandria
Incontriamo Luca, figlio e nipote di trebbiatori, nella sua azienda di Viarigi, provincia di Asti, ma sul confine con l’Alessandrino. Ci accoglie davanti a due capannoni stipati di trattori e attrezzi, condivisi con gli altri membri della famiglia che di fatto costituiscono una sola realtà lavorativa, anche se divisa in diverse società. Nell’attività lavorano infatti, oltre a Luca, il padre Luciano, lo zio Claudio e il cugino Massimo.
«Fu però mio nonno Luigi, a tutti noto come Gino, ad avviare la ditta, ormai settant’anni fa», precisa Luca.
Luigi che, per un caso fortunato, si accompagna a noi durante il nostro incontro, arrivando a bordo di una Fiat Punto.
Non ci sarebbe nulla di strano, se non fosse che il patriarca ha compiuto 91 anni.
«Adesso fa soltanto qualche giro ogni tanto, ma fino a dieci anni fa lavorava ancora. Prendeva un nostro dipendente e andavano insieme a trebbiare il grano», ricorda il nipote.
Origini nobili
«Quando iniziai non c’erano certamente queste macchine.
La trebbiatura si faceva sull’aia. Addirittura, il primo locomotore che acquistai era una vaporiera.
Adesso è tutto cambiato, forse le cose sono più semplici, non so». Gino accende la Punto ci lascia con questo prezioso stralcio di storia della meccanizzazione agricola, riprendendo il suo tour sui terreni aziendali. Gli Arrobio, infatti, sono, oltre che contoterzisti, anche agricoltori.
«Abbiamo, all’incirca, duecento ettari di terreno, tra quelli in affitto e quelli in proprietà. Una superficie che sta crescendo costantemente, perché quando i nostri clienti invecchiano e lasciano il lavoro, non ci sono eredi che proseguano l’attività. Così, se vogliamo continuare a fare lavori in conto terzi, finiamo col gestire noi la coltivazione, oppure con l’affittare o in qualche caso acquistare i campi. Penso che in futuro avremo molta più terra e forse faremo un po’ meno contoterzismo, anche se non voglio abbandonare questa attività. Stare sulle macchine mi piace, lo faccio da quando avevo sei anni e non ho mai fatto altro in vita mia. Appena finiti gli studi iniziai a lavorare in azienda – prima come dipendente di mio zio, poi come titolare di una mia partita Iva – e continuo tutt’ora».
Non è difficile capire che Luca non ha alcun interesse a fare altro nella vita, se non dedicarsi ai propri terreni e alle proprie macchine. Che rappresentano, come abbiamo scritto, un notevole capitale: sotto i capannoni troviamo quattro mietitrebbie e una decina di trattori. «In realtà sono circa 15, soltanto che alcuni sono in giro a lavorare», precisa il nostro ospite. Le mietitrebbie sono New Holland – CX 8040 e 5090 e poi una CSX 7060 semilivellante – e Laverda (una M400 acquistata usata, ci spiega); i trattori portano i colori di John Deere, ma anche, in misura minore, di New Holland.
«Tradizionalmente la mia famiglia ha sempre avuto Fiat prima e New Holland poi. Nel 1994, tuttavia, mio padre e mio zio vollero cambiare, in cerca di una macchina un po’ più performante dei New Holland del tempo. Acquistarono così un 7800 John Deere, seguito da un 7810 e poi da molti altri». Malcontati, i cofani marchiati dal Cervo sono una decina, con potenza che va dai 100 ai 300 cavalli dell’8520, che rappresenta la macchina di punta degli Arrobio. «Non dobbiamo però dimenticare il T7 New Holland, che con i suoi 270 cavalli è un bell’aiuto per l’8000 nel periodo dell’aratura», precisa Luca. Che ci tiene a spezzare una lancia in favore delle macchine di Cnh Industrial: «Nel tempo la qualità dei New Holland è molto migliorata e oggi li ritengo pari ai John Deere, sia per affidabilità sia per comfort. Hanno, inoltre, un eccellente rapporto qualità-prezzo».
Gli ultimi due acquisti in ordine di tempo sono tuttavia verde-giallo. Per la precisione, due serie 6: un 6170M e un 6195R. «La cosa paradossale, se vogliamo, è che il prezzo di listino di quest’ultimo, comprato un anno fa, è uguale a quello dell’8520, che è un 2006. In altre parole, un 190 catvalli di oggi costa come un 300 cavalli di dieci anni fa e questo, chiaramente, è una parte del problema dell’agricoltura attuale».
Prezzi da adeguare
Il problema, spiega il giovane agromeccanico, riguarda la ben nota discrepanza tra il costo della meccanica e dei mezzi tecnici e le quotazioni dei prodotti agricoli.
«Il prezzo dei cereali è fisso da anni e lo stesso vale, in generale, per tutte le derrate agricole. Di conseguenza anche le nostre tariffe sono praticamente immutate. Dieci anni fa chiedevamo 80 euro l’ettaro per la trebbiatura, oggi siamo a 90: in altre parole è la stessa cosa, mentre il costo di un trattore o di una mietitrebbia è, come si vede, lievitato.
Purtroppo – conclude Arrobio – l’agricoltura è il solo settore in cui il prezzo è fissato non dal venditore, ma dal compratore». Per questo motivo, il giovane imprenditore non esclude di ridimensionare, in un prossimo futuro, il parco macchine. «Penso soprattutto alle mietitrebbie, che sono economicamente onerose e lavorano soltanto un paio di mesi all’anno. Non ci dispiacerebbe ridurle da quattro a tre, soprattutto se dovesse crescere la superficie di proprietà o in affitto».
Spirito di squadra
Alessandrino e Astigiano sono territori in cui la presenza di aziende agromeccaniche è nutrita, ma non eccessiva. Ricordiamo, tra quelli comparsi su questa rivista, i fratelli Sardo, i Bagna e la famiglia Carega.
«Qui vicino abbiamo anche Barberis, un’altra bella realtà», fa eco Arrobio. Che precisa come i rapporti tra colleghi siano di collaborazione più che di concorrenza. «Con il tempo abbiamo trovato un nostro equilibrio: ognuno gestisce il suo parco clienti senza cercare di rubarli agli altri. Anzi, se qualche agricoltore ci chiama, chiediamo prima il permesso a chi fino a quel momento ha fatto i lavori per lui. A volte capita anche di darsi una mano, facendo una lavorazione al posto di qualche altro contoterzista che non ha tempo o non ha i mezzi adatti».
Gestirsi in questo modo, naturalmente, toglie una bella dose di stress all’attività. Che, quindi, mantiene i suoi aspetti positivi.
«È un lavoro che mi piace, anche perché molto vario: un giorno si semina, l’altro si fa preparazione del terreno, poi viene il periodo dei trattamenti e infine si raccoglie. È una routine ripetitiva negli anni, ma cambia molto da un mese all’altro. È vero che in estate non ci sono orari, ma dopotutto in inverno un po’ ci si riposa. Tutto sommato, ci può stare».