Le tecniche dell’agricoltura conservativa abbinate agli strumenti per gestire con precisione le azioni in campo formano un binomio che consente di ridurre l’impatto ambientale dell’azienda agricola e garantire il reddito degli imprenditori. Questa la conclusione a cui è giunto il progetto Life+ Agricare, finanziato anche con fondi europei e coordinato da Veneto Agricoltura, in collaborazione con Enea, Università degli Studi di Padova (Tesaf) e Maschio Gaspardo.
Gli esiti dello studio svolto da giugno 2014 a maggio 2017 sui terreni dell’azienda pilota e dimostrativa Vallevecchia, situata nei pressi di Caorle (Ve), sono stati presentati e commentati durante un convegno organizzato nella sede dell’azienda veneta, al quale è seguita una dimostrazione in campo con i tecnici di Maschio Gaspardo, il costruttore che ha fornito le macchine agricole per lo svolgimento del progetto. Oltre 300 tecnici, agricoltori e studenti universitari e delle scuole secondarie, hanno partecipato all’evento.
Il progetto
L’obiettivo principale della ricerca era dimostrare che una gestione dei terreni fatta con i principi e le tecniche dell’agricoltura conservativa realizzata con macchine dotate delle più avanzate innovazioni meccaniche ed elettroniche, è in grado di ridurre in maniera sensibile le emissioni di gas effetto serra e di aumentare la sostanza organica, oltre a proteggere i terreni dai fenomeni di erosione e degrado. Vallevecchia si estende in un’area di 800 ettari di cui 380 coltivati. Il resto è coperto da boschi, pineta litoranea, zone umide, aree di fitodepurazione e naturali e possiede un’elevata biodiversità. Un luogo ideale, quindi, per realizzare un’indagine sull’impatto ambientale delle attività agricole, che oggi in Europa sono responsabili del 45% delle emissioni di carbonio.
La ricerca ha coinvolto 16 appezzamenti per un totale di 23,6 ettari con rotazione frumento, colza, mais, soia. Le tecniche di lavorazione confrontate sono state: convenzionale (aratura, estirpatura, preparazione e semina) senza le tecnologie di precisione, minima lavorazione, strip till e semina su sodo, con l’impiego degli strumenti di precisione.
In ciascun appezzamento con le tre gestioni conservative è stata mantenuta una fascia omogenea di confronto con il dosaggio variabile. Per tutte le colture si è applicata la difesa integrata basata sul Bollettino Colture Erbacee, che ha consentito di evitare trattamenti geodisinfestanti alla semina o l’utilizzo di semente conciata con insetticidi; gli investimenti sono stati ugualmente ottimi e gli attacchi di insetti del terreno irrilevanti.
Lo studio è iniziato con l’analisi della variabilità dei suoli interessati alla sperimentazione utilizzando mappe di resa storiche, foto aeree, georesistivimetro; l’analisi per mezzo di apposito software ha consentito di individuare quattro zone omogenee con diverso potenziale produttivo (due con terreno franco-sabbioso, una con terreno franco e una franco/argillosa). Nelle zone omogenenee sono stati individuati punti di campionamento (20 in totale a tre profondità) per valutare le principali caratteristiche del terreno. Utlizzando il programma Salus sono state simulate le risposte produttive per ciascuna gestione del terreno delle diverse colture al variare della densità di semina e delle dosi di azoto (esclusa soia). In base a queste simulazioni sono state predisposte le mappe di prescrizione che sostanzialmente hanno seguito la linea di aumentare, rispetto alle dosi omogenee del convenzionale, densità di semina e dose di azoto nelle zone a maggior fertilità e di mantenerle o diminuirle nelle zone con minor potenziale. Per le tecniche conservative si sono impiegate guida assistita con correzione differenziale Rtk e dosaggio variabile (seme e azoto) sulla base di mappe di prescrizione.
Risultati economici
La guida assistita semi automatica determina un aumento della capacità di lavoro delle macchine, riduce la fatica dell’operatore, consente una drastica riduzione dei consumi di gasolio, evita sovrapposizioni e quindi permette una forte riduzione degli sprechi dei fattori di produzione, nonché degli effetti negativi derivanti dai sovradosaggi.
L’altra grande opportunità tecnica consentita dall’agricoltura di precisione è che stimola un aumento dell’efficienza dei fattori di produzione e minori sprechi e quindi minor inquinamento e massimizzazione della resa. Dalle prove in campo eseguite nelle annate 2014-15 e 2015-16 è risultato che la combinazione che garantisce l’equilibrio migliore tra riduzione dell’impatto ambientale e mantenimento delle rese è la minima lavorazione praticata con gli strumenti di precisione. Rispetto al convenzionale, mostra una produzione di granella di mais leggermente inferiore (9,8 contro 10 t/ha di sostanza secca). Di poco sotto anche la resa del frumento (4,9 contro 5,1 t), mentre risultano superiori i raccolti di colza (2,6 contro 2,4 t) e soia (4,1 contro 3,8 t). La combinazione di questi risultati ha portato a una redditività media di poco superiore ai 400 €/ha per la minima con strumenti di precisione, mentre il convenzionale si è fermato a 340 euro/ettaro. A fare la differenza sono i costi delle lavorazioni, calcolati in 150 €/ha per il convenzionale e circa 70 €/ha per il minimum tillage. Gli altri costi per raccolta, concimazioni, difesa e semina sono più o meno identici.
Risultati ambientali
Secondo l’Ue il settore agricolo continentale dovrà ridurre il proprio impatto sull’ambiente del 36% entro il 2030 e del 42-49% entro il 2050. Per centrare questi obiettivi l’agricoltura del futuro dovrà avvalersi anche degli strumenti e delle tecniche sperimentati dal progetto Life+ Agricare. In generale l’agricoltura conservativa consente risparmi di gasolio rispetto al convenzionale: minor uso di macchine e minori tempi di esecuzione. I ricercatori hanno osservato che quando abbinate a guida assistita e dosaggio variabile, le tecniche conservative sono molto meno energivore. La guida parallela comporta una riduzione dei costi di meccanizzazione di circa il 10%, a questi si aggiungono in modo variabile i vantaggi specifici del dosaggio variabile degli imput e della strategia conservativa di gestione del terreno (minore erosione, minor rilascio di carbonio). Entrando nel merito delle colture, a Vallevecchia si è notato che soia e frumento coltivate in conservativa più precisione possono diminuire l’impatto sul climate change di oltre il 10% rispetto al convenzionale.
Conoscenza diffusa, utilizzo scarso
Affiancato al lavoro in campo il progetto Agricare ha condotto un sondaggio che ha coinvolto 300 aziende agricole italiane con almeno 20 ettari di superficie coltivata con prevalenza di seminativi, per valutare la conoscenza che gli agricoltori hanno delle tecniche di agricoltura conservativa e degli strumenti di precisione, oltre al grado di utilizzo delle une e degli altri.
I dati mostrano un quadro in chiaroscuro: l’83,1% degli intervistati ha dichiarato di conoscere la minima lavorazione, il 78% la semina su sodo e il 40% lo strip till. Solo il 7,5% ha ammesso di non sapere cosa siano queste tecniche. Le percentuali scendono un po’ per quanto riguarda gli strumenti di precisione: il 70% del campione ha detto di sapere cosa sia la guida assistita, con il dosaggio variabile si scende al 56,4%.
Molti meno invece gli imprenditori che utilizzano le tecniche e gli strumenti innovativi. Solo il 43,9% (di chi le conosce) utilizza tecniche di agricoltura conservativa, il 9,7% si avvale di tecniche di precisione, il 23,2% impiega entrambe, mentre il 23,3% pratica un’agricoltura del tutto convenzionale. Meno di un agricoltore italiano su due, quindi, utilizza tecniche di agricoltura conservativa e uno su quattro si avvale di strumenti di precisione. s. mart.
Sui contributi serve uniformità
La minima lavorazione è a tutti gli effetti agricoltura conservativa perché soddisfa i requisiti richiesti e ciò è di fatto riconosciuto formalmente dall’Ue nei documenti del Psr. Però ogni regione costruisce i bandi secondo le proprie sensibilità rendendo più complicato scegliere per gli agricoltori. «A livello nazionale e internazionale sono troppo variabili e incerte le distinzioni tra tipologie – sottolinea Lorenzo Furlan dirigente del settore ricerca agraria di Veneto Agricoltura – tanto che ho proposto ai maggiori esperti del settore di scrivere la “carta di Legnaro” con definizioni condivise ed univoche cui attenersi per il futuro». Ma far parlare ai Psr la stessa lingua resta difficile: «Con l’autonomia regionale armonizzare è complicato – sottolinea Furlan – dovremmo però farlo almeno per definizioni e principi. Le differenze comunque possono essere giustificate dalle diverse condizioni: ad esempio in una regione con prevalenza di problemi di erosione e terreni in pendenza può essere ragionevole finanziare solo o prioritariamente il no tillage. In generale servono obiettivi chiari con risorse appropriate per raggiungerli». Per quanto riguarda l’agricoltura di precisione solo in 13 Psr sono attivi bandi ad hoc, ma si possono sfruttare le risorse del fondo per l’industria 4.0. Inoltre, c’è un gruppo di lavoro del Mipaaf che a breve dovrebbe pubblicare delle linee guida in materia. Sul fronte dell’impatto ambientale l’auspicio dei ricercatori intervenuti a Vallevecchia è riuscire a ottenere il “credito di carbonio” per l’agricoltura conservativa. S.M.