Più di settanta trattori, venti mietitrebbie, dodici trince. Fendt, John Deere, Case IH, Jcb, Krone, Claas, New Holland e così via: benvenuti nell’Eden della meccanica agricola, che per chi non lo sapesse ha una sede precisa: Gerenzago, provincia di Pavia. Qui abitano e lavorano i fratelli Grignani, unanimemente riconosciuti come i più grandi contoterzisti d’Italia, se non altro per parco macchine. Che conta, oltre a quanto già elencato, anche una cinquantina di dumper, quattro escavatori, alcune irroratrici semoventi – tra cui l’unica Amazone Pantera presente in Italia – e un numero imprecisato di attrezzi di vario tipo. Ciò che sorprende, al di là di un parco macchine straordinario, è il fatto che tutto questo non è il frutto di generazioni di attività, ma del lavoro di tre fratelli. E un asino.
Settant’anni di contoterzismo
«Iniziai quando avevo 12 anni. Era il 1945 e Milano era bombardata dagli alleati. Io, allora, andavo con l'asino a prendere gli sfollati. Caricavano le loro cose e li portavamo via dalla guerra». Chi parla è Angelo Grignani, il primo dei Grignani, classe 1933. L’ultimo, Carlo Grignani, ha quasi vent’anni di meno. «Angelo mi ha fatto da padre», ci dice.
In mezzo c’è Erminio Grignani, poco più giovane di Angelo.
Tre fratelli che in una vita di lavoro – è proprio il caso di dirlo – hanno costruito la più grande impresa agromeccanica del paese. Partendo, sostanzialmente, dal nulla. «Nostro padre era bracciante – ricorda Angelo – e quando arrivò a Gerenzago non aveva niente. Lavorando, comperò una pertica di terra, per farci l’orto. È il terreno dove adesso ci sono le nostre case e il nucleo storico dell’azienda». Il resto della sede, i Grignani l’hanno acquistato pezzo dopo pezzo, pagandolo – ci dicono – a peso d’oro, dal momento che si trattava di terreni edificabili, e qualche volta edificati, quasi nel centro del paese. «Abbiamo anche pensato di spostarci fuori, ma qui abbiamo anche le case, e poi ci dispiacerebbe andar via da dove nostro padre iniziò», commenta Carlo.
Il legame con la famiglia, per i Grignani, è tutto. Sia in linea verticale – fortissimo il ricordo del padre – sia orizzontale: «Il solo motivo per cui siamo riusciti a costruire qualcosa è che in tutto questo tempo siamo stati assieme. Sempre in sintonia, senza mai dividerci o litigare». Questa, spiega Erminio, è stata la loro forza… Vedendoli ancora affiatati dopo più di mezzo secolo di lavoro gomito a gomito, si capisce che la fratellanza è davvero l’arma segreta di questo clan. Che oggi è impegnato, per la maggior parte, nell’azienda di famiglia: oltre ai tre titolari, vi lavorano infatti i figli di Angelo ed Erminio – Andrea, Pierluigi e Cristian – oltre a due figlie, impegnate in amministrazione. I dipendenti sono una trentina.
«Quelli fissi. Poi ci sono gli stagionali, perché la nostra attività, anche se facciamo di tutto, è incentrata sulla raccolta e quando è il momento della trinciatura, con tutti i carri a servizio delle macchine, arriviamo anche a 80 persone», calcola Carlo.
Una logistica complessa
Come si gestiscono 80 persone e altrettante macchine sparse su un territorio che va dal Lodigiano alla Lomellina, ai confini con il Piemonte?
«Non è facile, bisogna correre. Ci aiuta anche mio nipote – dice ancora Carlo – che mentre lavora sulla mietitrebbia praticamente sta al telefono tutto il giorno». Organizzare il lavoro, continua il più giovane dei tre fondatori, è soltanto una parte dell’attività quotidiana in tempo di raccolta. «Ci sono poi i problemi degli operai – quello che non sta bene, quello che non può venire al mattino eccetera – ma in generale, quando si hanno numeri così grossi, tutto è complicato. Il gasolio per esempio: le trince ne bruciano più di mille litri al giorno. In pratica abbiamo qui l’autocisterna tutte le mattine». In più c’è l’amministrazione, che in una ditta di questa taglia non è certo poca cosa.
Riso, ma non soltanto
«Dopo l’asino – ricorda Angelo – prendemmo un cavallo. Nel 1950, in periodo di vendemmia, andavo sulle colline dell’Oltrepò Pavese e del Piemonte a prendere l’uva. La portavamo agli osti della nostra zona, che la pigiavano per fare il vino. Per guadagnare tremila lire a viaggio, mi facevo il ritorno a piedi, così caricavo due cassette d’uva in più. E alla sera davo una mano all’oste a pigiare, in cambio della cena e qualche moneta». Il primo trattore arrivò nel 1953: un Landini Testacalda, che ancor oggi troviamo sotto una tettoia, nel cortile principale. Nello stesso spiazzo, sul tetto della cabina della pesa, è stato issato un vecchio Fiat con uno dei primi aratri acquistati. «Nostro padre, da bracciante divenne allevatore e noi lo aiutavamo. Quando vendemmo le vacche, iniziammo invece a fare i contoterzisti a tempo pieno».
Gerenzago è nel pieno dell’area risicola pavese, la più estesa d’Italia per superficie. Zona di risi pregiati, come Carnaroli e Arborio. «Riso che però adesso non vale quasi più niente – interviene Carlo – e per noi è un problema, perché soltanto del nostro ne abbiamo 400 ettari». Su un totale di quasi 700 ettari coltivati in proprio. A soia, mais, grano oltre al già citato riso. C’è poi il contoterzismo, naturalmente, che come si è visto punta molto sulla raccolta, con venti mietitrebbie – Case IH e New Holland in maggior parte – e dodici trinciacaricatrici. «Di mietitrebbie, se gli agricoltori non diventassero matti appena è il momento di raccogliere, ne basterebbero anche dieci. Ma siccome tutti vogliono tagliare nello stesso giorno, servono tante macchine». Le trince, invece, sono tutte impegnate al massimo. Anche perché i Grignani hanno in gestione la raccolta del mais e degli altri cereali per una dozzina di impianti di biogas. Inoltre, due Jaguar Claas sono al lavoro anche in inverno, per il taglio delle biomasse. «Con le giuste testate raccogliamo fusti fino a 15 cm di diametro. Da quest’anno abbiamo avviato un nuovo servizio: la pulizia dei terreni alla fine del contratto di coltivazione, che dura dai 15 ai 20 anni. Abbiamo preso una trincia della Fae, che usiamo con un 936 Fendt e che macina tutto (rami, ceppi e radici), lasciando il terreno praticamente pronto per la semina».
La lista delle attività è sterminata e comprende ogni branca dell’agricoltura. Si va dalle tradizionali semine e trattamenti alla pulizia dei canali per il consorzio Villoresi, eseguita con escavatori e con le classiche barche, fino allo sgombero neve per privati ed enti pubblici. Assieme, trinciatura delle biomasse, lavori municipali e pulizia di argini e canali portano lavoro in un periodo in cui, altrimenti, gli operai sarebbero fermi. Anche se, con oltre 100 mezzi motorizzati e centinaia di attrezzi, solo la manutenzione ordinaria può impegnare decine di persone per mesi interi: il rovescio della medaglia dell’essere i più grandi contoterzisti d’Italia.
Tre marchi… più molti altri
Girovagando tra i vari cortili e capannoni dei Grignani si trova un campionario quasi completo dei costruttori di macchine agricole, a livello perlomeno europeo. C’è la seminatrice Kinze 3500, enorme, e poi la Pantera di Amazone. Ci sono Pagliari e Gaspardo, Fae e Ravizza, i Fastrac di Jcb e i Challenger della Agco.
Dovendo scegliere tre marchi rappresentativi, ci sembra tuttavia che possano essere John Deere per i trattori, New Holland per le mietitrebbie e, indubbiamente, Krone per le trinciacaricatrici: ben nove su dodici, a quanto ci risulta. A ogni modo, anche Case IH è molto ben rappresentato, per trattori e trebbie. Lo stesso vale per Claas. Del resto, quando si hanno certi numeri, c’è posto per tutti.
I numeri 1!!!
STRA FORTE!!!!!!!!!!
COMPLIMENTI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!