Ogni lunedì mattina sotto la grande tettoia della frazione Ronchi, pochi chilometri a Nordest di Cuneo, la zootecnia piemontese (e non solo) si ritrova per dare vita a un rito di un mondo che non esiste più: il mercato del bestiame, un tempo comune in ogni piazza e che oggi sopravvive soltanto alle porte di una delle città che fa dell'agroalimentare un vanto assoluto.
In questa sede, tuttavia, non è tanto la contrattazione dei capi a interessarci, sebbene corra voce che avvenga ancora in lire ed è inoltre cosa nota che contribuisce a fissare il prezzo dei bovini per tutto il Nord Italia. La parte per noi più significativa comincia a metà mattina, quando gli animali abbandonano il mercato e, in esso, lasciano il fisiologico ricordo del loro passaggio. È a questo punto che inizia il lavoro di Diego Armando e dei suoi uomini, che con trattore e benna, in poche ore ripuliscono il piazzale, lasciandolo pronto per il lunedì successivo.
Diego Armando è un contoterzista di Cuneo (la sede aziendale è a pochi chilometri dalla città). La sua è una piccola azienda: oltre al titolare, vi lavorano un solo dipendente fisso e un paio di stagionali. Ma non bisogna dimenticare Aldo Armando, papà di Diego e fondatore della ditta, nella quale svolge ancora un importante ruolo di consulenza e sostegno nei momenti di punta. Che coincidono, naturalmente, con la raccolta, ma non soltanto.
La Diego Armando, infatti, è attiva in tutte le specialità della coltivazione, come vedremo tra breve, ma sconfina anche nelle attività municipali, che rappresentano un importante settore nella programmazione generale. «Facciamo, in primo luogo, gestione delle strade, con la pulizia delle banchine. Poi abbiamo in appalto anche lo sgombero neve in una parte della rete comunale e infine la pulizia del mercato del bestiame. Tutto sommato è un bell'appalto, in certi momenti ci dà abbastanza lavoro», spiega il titolare. Altra attività non propriamente agricola, sebbene legata a filo doppio con quest'ultima, è l'essiccamento dei cereali: Armando dispone di un moderno impianto con buona capacità produttiva e che in autunno è in piena attività per essiccare la produzione dei clienti, quasi sempre raccolta dallo stesso Armando con le sue due mietitrebbie.
All’inizio le mietitrebbie
«L'attività fu avviata da mio padre, proprio con le mietitrebbie. Successivamente l'abbiamo ampliata ad altri settori, sia agricoli sia comunali», ci spiega il titolare. Fin dagli albori della ditta, continua Armando, la famiglia ha scelto Laverda per le macchine da raccolta. «Lo faceva mio padre e l'ho fatto anche io, almeno fino allo scorso anno». Nel 2015, infatti, la tradizione si è apparentemente interrotta.
Scriviamo apparentemente perché, in realtà, gli Armando hanno cambiato soltanto colore e nome sulla fiancata, ma la sostanza resta Laverda. Hanno infatti acquistato dal concessionario Barale una delle prime mietitrebbie Fendt arrivate nel nostro paese.
Come noto, dopo l'acquisizione di Laverda da parte del gruppo Agco, nello stabilimento di Breganze, rinnovato per linee e metodo, è iniziata la produzione di mietitrebbie anche con i colori Fendt, mentre meccanica e principio di trebbiatura restano quelli classici di Laverda. Da poco più di un anno le Fendt sono in vendita anche nel nostro paese e quella appena trascorsa è stata la prima campagna di lavoro effettiva. «Dovevamo cambiare una delle due mietitrebbie – ci spiega Armando – e il concessionario ci ha proposto di provare con la Fendt.
Dal momento che un paio di anni fa abbiamo acquistato un Fendt 415 Vario e ci siamo trovati molto bene, abbiamo deciso di fare un tentativo. La macchina, sotto la carrozzeria, è Laverda e pertanto la conosciamo benissimo, mentre l'elettronica è Fendt e anch'essa è una garanzia».
La scelta di rinnovare il parco mietitrebbie è stata dovuta anche a una necessità: quella di avere un trinciapaglia efficiente per disperdere i residui, soprattutto di mais. «Sulle vecchie macchine non avevamo il trinciapaglia, ma avendo iniziato a fare semina su sodo, era ormai necessario».
Terminata la prima campagna, Armando non si è pentito: «La macchina lavora molto bene.
Rispetto alla precedente è un altro mondo, ma ha anche quindici anni di meno. La cabina è molto comoda, l'elettronica ormai fa tutto e sotto il sedile abbiamo il classico sistema di trebbiatura Laverda con preparatore, battitore e lanciatore, una soluzione che conosciamo e apprezziamo da decenni».
Inoltre, fa notare Armando, è marchiata Fendt: «È vero che dal punto di vista meccanico non cambia nulla, ma aver scritto Fendt sulla fiancata fa sì che i clienti ci guardino in modo diverso.
In parte, l'abbiamo scelta anche per questo motivo».
Specialisti in sodo
Gli Armando avevano dunque necessità di macinare i residui per fare semina su sodo. Da diversi anni hanno infatti introdotto questa pratica, sia per le colture a paglia sia per quelle monogerme. «Abbiamo due Semeato, una a file e l'altra per il mais. La prima sta diventando piuttosto comune, soprattutto tra i contoterzisti, mentre la seconda non è molto usata».
Secondo Armando dipende anche dal clima italiano: «Fare sodo in primavera, qui da noi, non è facile. Il terreno è spesso pesante e in quelle condizioni è complesso ottenere buoni risultati. Invece quando c'è una primavera asciutta non ci sono problemi e il mais nasce senza difficoltà». Lo stesso avviene per il grano: «In questo caso la tecnica è ormai consolidata. Seminiamo anche sugli stocchi di mais senza che sia passata la trincia e abbiamo comunque una riuscita perfetta. Si tratta soltanto di abituarsi e avere il coraggio di seminare in mezzo ai residui: è un cambio di mentalità, diciamo».
La semina su sodo permette di contenere i costi e quindi dare una mano ai produttori in un momento di mercato difficile, con i prezzi dei cereali al minimo e le quotazioni del latte ugualmente in picchiata. «Le difficoltà ci sono – conferma il contoterzista – soprattutto per chi fa cerealicoltura. Fortunatamente i nostri clienti sono vecchie conoscenze e quindi riusciamo a mantenere buoni rapporti, anche quando è il momento di incassare». Questo, nonostante una concorrenza piuttosto agguerrita. «Più che altro, in zona c'è poca terra. I campi sono minuscoli, un ettaro, due, mezzo... Un dato di fatto che condiziona anche la scelta delle macchine: un’assiale di grande potenza, per esempio, qui sarebbe totalmente sprecata e antieconomica». Campi piccoli, mietitrebbia piccola e contoterzista piccolo: forse la combinazione perfetta per avere fortuna nel cuneese è proprio questa.