Un’antica famiglia di contoterzisti, una moderna famiglia di agricoltori che gestisce 1.200 ettari di terreno. Ma che, al tempo stesso, non ha abbandonato il lavoro in conto terzi, sebbene lo abbia notevolmente ridimensionato. Siamo a Riccione e in questa puntata del nostro viaggio tra le aziende agromeccaniche incontriamo i Balacchi. Attualmente, alla guida dell’azienda abbiamo Fabrizio, Tiziano e Walter Balacchi, che hanno ereditato l’attività dal padre Pellegrino. Ad assisterli, però, ci sono anche tre figli (uno per ciascuno): Manuel, Christian e Laura. «Siamo eredi di una famiglia di contoterzisti. Iniziò l’attività mio padre, negli anni Cinquanta, con i Testacalda e le trebbiatrici da aia. Alcune le abbiamo ancora, le teniamo come cimeli di famiglia», ci racconta Fabrizio.
Progressivamente, l’attività si spostò dall’agromeccanica pura a una formula mista, che oggi sembra incontrare il favore di molte realtà simili, del resto. Sono sempre di più, infatti, i contoterzisti che a fianco dell’attività tradizionale ne portano avanti una molto più legata all’agricoltura, con gestione di terreni di proprietà, presi in affitto o semplicemente dati in coltivazione da proprietari che non hanno più il tempo o gli anni per occuparsene direttamente. «Per oltre 40 anni abbiamo vissuto di contoterzismo, poi l’azienda si è evoluta, adattandosi alle richieste del mercato. Ciò nonostante, non abbiamo mai abbandonato l’attività agromeccanica».
Allo stato attuale l’azienda agricola Balacchi coltiva una superficie che pochi, in Italia, possono vantare: 1.200 ettari, con annesso un impianto di biogas da 2 MW. Interessante, però, anche il ramo dei lavori agricoli, svolto principalmente a servizio di due grosse ditte che coltivano e trasformano erba medica. «Per esse facciamo tutto il ciclo della fienagione. Sono due aziende molto rilevanti, con estensioni importanti in Emilia Romagna, Marche e anche in altre zone d’Italia. Le serviamo con macchine ad alta tecnologia e produttività, naturalmente».
Foraggio con destinazione Dubai
La fienagione è uno dei lavori principali per questa realtà agromeccanica. Lo dimostra anche un servizio abbastanza particolare che la famiglia esegue da tempo: lo sfalcio sui terreni dell’aeroporto.
«Un impegno tutt’altro che marginale: sono quasi 300 ettari di terreni, su cui facciamo la raccolta e pressatura dei foraggi. La cosa particolare è che questo fieno finisce in uno stabilimento di essiccamento, dove è trasformato in pellet e inviato a Dubai come mangime per cammelli. È singolare, in fondo, che il fieno dell’aeroporto vada fino a Dubai; ma al di là della coincidenza, quello arabo è un mercato interessante, che ci offre uno sbocco significativo per i nostri prodotti. Oggi non è sufficiente coltivare, bisogna vendere e comunque cercare coltivazioni di nicchia per diversificare l’attività.
Coltivare nel vecchio modo, non prestando attenzione a dove si collocheranno i prodotti e continuando a fare ciò che si è sempre fatto sono errori tipici dell’agricoltura italiana. Per fare reddito occorre un cambio di direzione radicale. In un prossimo futuro l’agricoltura si evolverà fortemente e le aziende che non hanno dimensioni adeguate o che non sono state in grado di diversificare usciranno dal mercato».
In cerca di alternative
Lo stesso discorso, ovviamente, Fabrizio Balacchi lo ritiene valido per il contoterzismo tout court. Tanto è vero che accanto alle classiche attività, per esempio lavorazioni, raccolta con mietitrebbie e per l’appunto fienagione, ha sviluppato alcuni settori che tradizionalmente non sono esclusivi dell’agromeccanica. Tra essi, il movimento terra, realizzato con alcuni piccoli escavatori, e la gestione del verde, specialmente per quanto riguarda le potature.
«Per un contoterzista è importante lavorare tutto l’anno e soprattutto far lavorare le proprie macchine. Noi, per esempio, ci siamo attrezzati con betoniere da agganciare all’attacco a tre punti o cestelli per il lavoro in quota: quel che conta è tenere mezzi e uomini impegnati. Per quanto riguarda i primi, credo che un trattore non si giustifichi, in un’azienda di lavorazioni meccaniche, se non fa almeno mille ore l’anno. In effetti, questa è la quota media di attività per tutte le nostre macchine».
Che sono, ci spiega l’agromeccanico romagnolo, una quindicina, divise tra più marchi. Ci sono i John Deere, per esempio, con un 5R e un 6R e poi un 8370 per i lavori pesanti; poi alcuni New Holland (marchio che monopolizza il settore raccolta, tra l’altro). Infine, i Valtra, che pur essendo relativamente nuovi per quest’azienda sono ormai i più rappresentati. «Ne abbiamo sei – conferma Balacchi – e per la precisione due Serie A, due Serie N e due Serie S. Sono macchine molto valide, con una buona tecnologia e un interessante rapporto qualità-prezzo, per cui credo che il loro numero aumenterà ulteriormente. Soprattutto perché la concessionaria è di buon livello».
La Fratelli Bruschi di Santarcangelo di Romagna (Rn), secondo Balacchi, è in grado di assistere il cliente in ogni occasione. Anche quando, come è inevitabile che accada, si presentano dei problemi. «Ritengo che oggi il concessionario debba essere visto come un partner di acquisto più che come una controparte in una trattativa. Anche il settore della meccanica agricola si deve evolvere come tutto il resto, adeguandosi alle esigenze odierne degli operatori. Per esempio, auspico un maggior sviluppo dell’estensione di garanzia, con la messa a disposizione di macchine sostitutive, perché in certi momenti un’azienda non si può permettere nemmeno un’ora di fermo. Un altro aspetto importante, per noi contoterzisti, sarebbe la garanzia del valore della macchina a cinque anni dall’acquisto. Questo ci permetterebbe di programmare gli investimenti avendo davanti dati certi e non supposizioni».
Focus su verde e spiagge
Torniamo però all’attività agromeccanica e alla necessità di diversificarla per quanto possibile; un concetto interessante, che abbiamo sentito altre volte parlando con gli addetti ai lavori, ma che per Fabrizio Balacchi assume un’importanza particolare.
«Sono convinto di quel che dico, quando sostengo che ci dobbiamo diversificare. Vi sono ambiti contigui a quello agricolo, per competenze e mezzi richiesti. Troppo spesso, tuttavia, li lasciamo ad altri settori, come l’edilizia o l’industria. Penso alla già citata gestione del verde, per esempio, e in particolare alle potature: un lavoro in cui gli agricoltori potrebbero fare molto bene. Perché non si impegnano di più per ottenere appalti di questo tipo? Peraltro, è un’attività destinata a crescere d’importanza in futuro».
Strettamente “da contoterzisti”, invece, un altro settore su cui l’agromeccanico romagnolo consiglia di impegnarsi: «Abbiamo la fortuna, qui in Romagna, di avere le spiagge a due passi. Eppure, lasciamo che la loro pulizia sia fatta, in larga parte, da imprese del settore edile. La cura degli arenili potrebbe diventare un’attività di rilievo. Pensiamo a quanti chilometri di coste ci sono, in Italia: perché lasciarne ad altri la cura? Soltanto perché hanno colto prima l’occasione? Penso che sia un’opportunità da sfruttare, invece».
Opportunità, è bene dirlo, che più d’uno già sfrutta. «Vero, ma in maniera parziale e comunque molto sotto alle potenzialità del settore. Gli agromeccanici si stanno effettivamente evolvendo, ma lo fanno in maniera troppo lenta. Verde pubblico, movimento terra eccetera sono vissute come attività marginali, con cui impiegare il tempo libero. In realtà, con esse si potrebbero ottenere risorse importanti e sfruttare meglio le macchine. Pensiamoci, tutti assieme».