La competenza, la professionalità, l’affidabilità. Sono le qualità che si cercano in un contoterzista serio. Qualità che non nascono mai dal nulla, ma da una lunga esperienza lavorativa e, a volte, da una storia di vita particolare. È questo il caso di Luigi Turco, 54enne contoterzista di Lesina (Fg) iscritto all’Apima Foggia, la cui storia è così interessante che vale la pena raccontarla, non per amore di biografie, ma perché senza conoscerne il percorso umano e professionale non si comprenderebbe in maniera adeguata l’impegno da lui profuso per diventare un contoterzista di ottimo livello, apprezzato e cercato. Senza la tenacia da lui messa in campo, la forza d’animo, la tempra, la volontà di non abbattersi e combattere per raggiungere l’obiettivo prefissatosi, non avrebbe mai messo su un’attività che ora si estende anche ai figli Michele e Gianluca, a due dipendenti fissi e ad altri stagionali durante la mietitrebbiatura e le raccolte.
«La mia storia comincia nell’agosto del 1976, quando all’improvviso morì mio padre, agricoltore. Avevo 13 anni e, sin da allora, una forte attrazione per la meccanica, le macchine agricole, la meccanizzazione delle operazioni colturali. Capii che dovevo rimboccarmi le maniche, lo feci con entusiasmo. A fianco della nostra azienda agricola operava un contoterzista già affermato, Giovanni Panunzio: iniziai subito a lavorare con lui e intanto portavo avanti l’azienda di famiglia. Avevo il vecchio trattore Lamborghini 603 di mio padre, ma l’anno dopo, a luglio del 1977, feci disperare mia madre per farmi comprare un Fiat 880 nuovo. L’ottenni, avevo appena 15 anni e il 17 novembre fui fermato dalla polizia per guida senza patente, con relativa condanna del Tribunale dei minori. Io però mi sentivo in dovere di portare avanti i terreni di mio padre, e in pari tempo facevo il contoterzista con Panunzio, che ha avuto il merito di insegnarmi il mestiere: lui possedeva un Fiat 1300 super e un 640, abbiamo aggiunto il mio 880 con le attrezzature e così siamo andati avanti fino al 31 ottobre 1995». Intanto Turco aveva deciso di proseguire per la propria strada, con l’obiettivo preciso, il “sogno nel cassetto”, di realizzare se stesso mettendo su una bella azienda agromeccanica, con parco macchine, officina, area lavaggio e autorimessa. «Dal 1990 ero regolarmente iscritto come contoterzista alla Camera di commercio di Foggia, dal 1° novembre 1995 ho avviato ufficialmente l’attività per conto mio. È stata una strada durissima. Da solo, poco più di 30 anni, con un semplice trattore e poche attrezzature, mi sono cimentato nel difficile mercato del Nord foggiano con contoterzisti dal nome consolidato. Tuttavia alcuni agricoltori ebbero fiducia in me. Con tanti sacrifici comprai un Fiat 80/90, un vibrocultor, uno spandiconcime e una seminatrice e iniziai a fare ripassi e semine».
Il periodo d’oro della barbabietola
Quello era il periodo d’oro della barbabietola da zucchero, una coltura che ha portato tanto benessere, nel Foggiano come altrove, finché è esistita. Anche Turco si lanciò nel comparto. «Per la campagna di raccolta del 1996 mi presi la bella responsabilità di un investimento di 300 milioni di lire per acquistare un cantiere a sei file costituito da defogliatore, ranghinatore, scavabietole e caricatore, un trattore Fiat 666 per portare il defogliatore, un Jhon Deere 6400 da 100 cv per il ranghinatore e lo scavabietole (mentre il Fiat 80/90 sarebbe servito per il caricatore) e in più una botte da diserbo, una sarchiatrice e un erpice rotante. In più, ovviamente, assunsi personale per guidare i trattori.
La prima stagione fu incredibile, il direttore dello zuccherificio Sfir di Foggia-Borgo Incoronata, Franco Carbone, mi dette fiducia e mi mandò a scavare bietole nel Casertano. Per un decennio ho vissuto i tempi belli della bieticoltura meridionale. Fino al 2005 ho avuto lavoro a bizzeffe, sono arrivato a estirpare radici con tre cantieri su 600-800 ettari all’anno, tra Foggia e Caserta. Poi dal 2006, con la fine della bieticoltura nel Centro-Sud Italia e la chiusura degli zuccherifici di Rignano Garganico, Foggia-Borgo Incoronata, Lavello e Termoli è crollato tutto».
La scomparsa della bieticoltura da zucchero, che ha costretto Turco a riconvertirsi, almeno in parte, ad agricoltore, è coincisa con i primi cedimenti di un’altra coltura storica del Foggiano, il pomodoro da industria, ed è stato seguito da altri gravi problemi per gli agricoltori foggiani, considera Turco. «Per il pomodoro da industria si sono succeduti, fino alla campagna appena terminata, anni e anni di prezzi bassi che hanno portato alla rovina i produttori i quali, chiuso con la barbabietola, avevano sperato in quella coltura: quest’anno i prezzi sono stati 0,097 €/kg per il tondo e 0,107 €/kg per il lungo, ma molti campi sono stati distrutti o dalla forte grandinata del 19 giugno o, per i trapianti tardivi, dalle piogge di fine agosto e settembre. Così come sono rovinati i produttori di grano duro, che quest’anno si sono scontrati con prezzi bassissimi, ridicoli, 16-18 €/q. E i prezzi alla produzione delle ortive sono ugualmente irrisori».
Scenari stravolti nell’ultimo decennio
In un decennio o anche meno gli scenari sono cambiati. Nel Nord foggiano gli agricoltori ora soffrono una crisi che pare senza sbocchi. E le conseguenze più immediate ricadono sui contoterzisti. «Al momento attuale diversi produttori di pomodoro, per i quali ho mobilitato muletti e camion per il carico delle casse, non mi hanno ancora pagato. Finora il 90% dei produttori di grano duro miei clienti non l’ha venduto e lo tiene fermo in deposito e il 50-60% di essi non mi ha ancora pagato la mietitrebbiatura. Chi ha lavorato in filiera ha fatto un po’ di reddito, con rese di 60-70 q/ha e prezzi di almeno 25 €/q, o quanto meno non ci ha rimesso. Chi invece non ha fatto filiera è demoralizzato, non sa che cosa l’aspetta in futuro, non sa se seminerà ancora grano duro, anche perché il prezzo del seme è il doppio di quello del grano da macina. E pure i produttori di ortive non sanno come muoversi, qua ortaggi e verdure valgono meno di niente; fino a qualche tempo fa gli orticoltori firmavano contratti di coltivazione con una grande azienda locale, ricevevano piantine e altri mezzi tecnici e ci mettevano il terreno e il lavoro: se andava bene guadagnavano discretamente, se andava male dividevano a metà il danno. Ora invece, con il forte ridimensionamento di quella struttura, gli orticoltori sono costretti a lavorare in regime di libero mercato, firmando contratti con commercianti che, se il mercato tira, prendono i prodotti alle proprie condizioni, se invece è fiacco, trovano tutte le scuse per contestare la qualità, pagare poco o lasciare gli ortaggi sul terreno e l’agricoltore a piangere la propria sventura. Gli agricoltori sono scoraggiati. Sento dire che molti né semineranno né trapianteranno, tuttavia un terreno non coltivato non può essere abbandonato, richiede lavorazioni per mantenerlo pulito, che devono essere pagate: ma chi potrà farlo, senza ricavarne alcun reddito?».
In queste obiettive condizioni che cosa può fare un contoterzista? Turco allarga le braccia e sospira: «Siamo tutti in un brutto guaio. Per mietitrebbiare un ettaro non posso chiedere meno di 100 euro, Iva compresa, altrimenti chiudo pure io. E così per le altre lavorazioni. Il mio annuale programma di lavoro da contoterzista comprende la mietitrebbiatura di 700-800 ettari a grano duro e la preparazione dei terreni per 400-500 ettari coltivati a grano duro, pomodoro da industria e ortive. Ma non so se riuscirò a confermarlo per l’anno prossimo».
Eppure Turco, la stessa determinazione dimostrata per diventare contoterzista, ora la mette in campo per non smettere di esserlo. «Malgrado le difficoltà economiche, nonostante gli impicci che procura la rendicontazione del gasolio, credo ancora in questo lavoro. Oggi gli agricoltori si trovano a sostenere costi di produzione non più sopportabili per chi ha meno di 30 ettari e non può permettersi le macchine necessarie e ad affrontare impegni sempre più gravosi, come l’esame per il patentino per acquistare gli agrofarmaci, lo smaltimento dei loro contenitori, la taratura delle macchine irroratrici, la certificazione della cisterna del gasolio, le attrezzature per il trasporto dei rifiuti speciali e così via. Sono esigenze alle quali un contoterzista preparato può dare le necessarie risposte con l’impegno e la dedizione che sa porre nel proprio lavoro».
Leggi l'articolo completo su Il Contoterzista n. 11/2016 - L'edicola de Il Contoterzista