A fronte di quasi cinquecento registrazioni on line, si sono presentati all’auditorium Same DeutzFahr di Treviglio (Bg) circa 400 contoterzisti.
Che per di più si sono dimostrati attenti e interessati ai qualificati interventi della giornata.
La giornata è stata introdotta da Roberto Bartolini, giornalista delle riviste Edagricole delGruppo 24Ore, che ha velocemente anticipato le nuove sfide previste dalla nuova Pac 20142020, ponendo in particolare l’accento sulle misure per lo sviluppo rurale e il sostegno alle pratiche virtuose.
Nelle misure di sviluppo rurale, cioè, verrà previsto un regimedi sostegnoper coloroche si impegnano concretamente per la salvaguardia di risorse naturali come acqua, aria e suolo e che contemporaneamente esprimono maggiori livelli di efficienza in termini di minori consumi (ad esempio di acqua) e di emissioni (di CO2), ma anche di aumento della sostanza organica nel terreno. In altre parole, la protagonista della nuova Pac sarà l’agricoltura sostenibile (ad esempio minima lavorazione e sodo, rotazione delle colture, cover crops, interramento liquami e digestati, trattamenti chimici mirati ecc.), per raggiungere due obiettivi prioritari: l’aumento della sostanza organica e il sequestro della CO2. Gli agricoltori – ha concluso Bartolini – dovranno accettare l’obiettivo della competitività (la Pac ci sarà, ma non basterà più a sostenere le imprese che non stanno sul mercato), cogliere l’opportunità dei premi specifici, dare valore aggiunto alla produzione (uscendo dalla logica delle commodity, attraverso la differenziazione di prodotto, i contratti per coltura, ecc.) e creare reti d’impresa.
Costruttori, agromeccanici e politica
A fare gli onori di casa ci ha pensato Lodovico Bussolati, amministratore delegato de gruppo Same DeutzFahr (Sdf). «Nel nostro gruppo è in atto una fase importante e interessante, di grande cambiamento – ha detto Bussolati – per cui stiamo dedicando maggiore attenzione alle esigenze del mercato, attenzione che si traduce in grande innovazione di prodotto. Con conseguenti investimenti in risorse umane e finanziarie per offrire agli agricoltori una gamme sempre più utile, efficiente e proficua. Anche l’agricoltura è in grande trasformazione e stiamo cercando di capire i prodotti che servono ai contoterzisti e di trasformarli in innovazione che sia efficiente e redditizia. Il nostro sforzo di innovazione è guidato da due linee tecnologiche: il completamento dell’offerta di potenza (alla prossima Agritechnica presenteremo le nuove serie 8 e 9 per coprire l’attuale gap tra 300 e 440 CV) e la trasmissione PowerShift su tutta la gamma, perché sono le necessità delle aziende moderne ben rappresentate dai contoterzisti». In rappresentanza dei contoterzisti è intervenuto il presidente di Unima Aproniano Tassinari, secondo il quale «la collaborazione tra costruttori e utilizzatori va migliorata ancora. Le macchine devono adattarsi alle condizioni agronomiche e noi contoterzisti dobbiamo segnalare le effettive necessità che devono avere le macchine per un contoterzista. In Italia e in Europa i terzisti ancora non sono considerati abbastanza – ha concluso Tassinari – sono imprenditori che investono senza però avere gli strumenti di sostegno necessari, non hanno aiuti di nessuno tipo e il rischio è tutto sulle loro spalle. Noi stiamo cercando di fare approvare la legge di qualificazione che riconosca e sostenga questa operatività». Anche la politica non ha mancato questo appuntamento, con la presenza del neoassessore all’agricoltura della Regione Lombardia, Giuseppe Elias. «Il ruolo del contoterzista a fiancodell’agricoltore è importante – ha detto Elias –. La situazione della Pac a Bruxelles non è allegra e questo non è positivo per le aziende agricole che non potranno essere più efficienti. La superficie media delle aziende che potranno dotarsi di macchine è sempre più alta, e se da un lato questo è un problema, dall’altro c’è già la soluzione: il contoterzista. Il mondo agricolo deve considerare i contoterzisti parte integrante di sé stesso e questo va trasposto in tutto ciò che faremo in futuro, ossia Psr e altri aiuti che verrannomessi a disposizione. Anche i terzisti devono diventare ancora più professionali, perché saranno il punto di ingresso della tecnologia nelle aziende agricole, tecnologia da intendersi non solo come macchine, ma anche come sistema di utilizzo agricolo. Infine, l’agricoltore avrà sempre più bisogno di un passaggio di consulenze, quindi per il contoterzista vedo un grande futuro. Forse Unima e Confai in Lombardia troveranno un accordo sull’albo regionale delle imprese agromeccaniche: questa è una grande notizia, proprio in funzione di quella unità di intenti ormai irrinunciabile».
Qualificazione e rappresentanza
«La qualificazione professionale e la crescita della rappresentanza sono i pilastri del contoterzismo del futuro – ha esordito Francesco Torrisi, responsabile Segreteria Generale di Unima –. La definizione di agromeccanico risale al 2004 e parla di attività agromeccanica, ma dietro questa attività ci sono delle persone e bisogna lavorare su questo. Noi abbiamo iniziato sul fronte nazionale a presentare proposte di legge in Parlamento con trasversalità assoluta e ci sono stati rallentamenti indipendenti dalla nostra volontà. Comunqueriscontriamo la volontà di riconoscere l’imprenditore agromeccanico come interlocutore fondamentale per l’agricoltura e questo è importante.
Il disegno di legge valorizza la professionalità dell’agromeccanico attraverso la certificazione e la qualificazione della sua attività. Le risorse andranno sempre più a chi è professionale. Sul piano regionale, come anticipato da Elias, la Lombardia è capofila del progetto di un Albo qualificante, proprio per chi si merita un premio per i servizi di qualità che riesce a garantire.
E infine Unima si è mossa anche sul piano europeo perché l’agromeccanico europeo si muova come un tutt’uno».
A proposito di contoterzismo ed Europa è intervenuto Eric Dresin, direttore della Ceettar, confederazione che rappresenta 15 associazioni nazionali di contoterzisti in 14 paesi europei. «A Bruxelles rappresentiamo la voce di 100.000 imprenditori agromeccanici e 500.000 operatori – ha specificato Dresin –. E qualificazione e professionalizzazione sono concetti che valgono ovunque, non solo in Italia. Esiste una domanda generalizzata e pressante in questo senso da parte del legislatore comunitario, di clienti pubblici e privati, di lobby non governative, di imprese agroalimentari. A livello europeo noi agromeccanici rappresentiamo investimenti per un totale di 6 miliardi di euro in un parco macchine sempre moderno ed efficiente. Il personale è molto competente e operiamo sempre a norma, in materia di sicurezza ambientale e sul lavoro. La sfida a livello europeo è la diffusione presso le imprese agromeccaniche di un livello di prestazioni che sia riconosciuto come impresa specializzata. Quindi nel 2013 lavoreremo su sistemi di gestione di queste qualificazioni per omogeneizzare le certificazioni europee».
Analisi dell’azienda
Dopo gli interventi “istituzionali” sono seguite le relazioni su temi di interesse e attualità per il mondo del contoterzismo.
A partire da un’analisi dei costi e dei ricavi tipici di un’azienda contoterzista.
«Occorre un cambiamento nel modo di gestire l’azienda contoterzista, per arrivare a una sostenibilità dal punto di vista economico – ha spiegato Gianluca Meloni, dell’Università Luigi Bocconi di Milano –. Gestire un’impresa contoterzista non è semplice, perché richiede la capacità di presidiare equilibri delicati e “volubili” nel tempo. In particolare, ci sono 3 equilibri da intercettare: reddituale, patrimoniale e monetario. Equilibrio reddituale significa avere la capacità di generare valore nel tempo grazie al proprio lavoro e di misurarne la redditività; equilibrio patrimoniale significa avere le risorse necessarie a supportare il proprio lavoro nel tempo e quindi misurare la dipendenza dalle risorse altrui; equilibrio monetario, infine, significa avere la capacità di trasformare il valore generato dal proprio lavoro in “moneta”, quindi misurare le dinamiche di cassa.
Partendo dall’equilibrio reddituale, si tratta del rapporto tra il valore generato dall’azienda contoterzista (il reddito) e tutti gli investimenti fatti per generare questo reddito (crediti compresi). In pratica possono verificarsi tre percorsi diversi nel tempo: quello schizofrenico, quello virtuoso e quello a rischio. Quindi primo dovere è quello di verificare il proprio risultato/valore/percorso.
Quindi, oltre a capire se si genera o se si distrugge valore, è importante capire come si sta generando questo valore.
Ci sono due modi fondamentali per generare valore: allargare la forbice tra prezzi e costi oppure lavorare sui volumi.
Una prima via per il recupero della profittabilità è quella di ricercare le efficienze nell’impiego delle risorse umane o nell’impiego delle risorse “meccaniche”.
L’equilibrio patrimoniale è il rapporto tra le risorse prese a prestito e le risorse proprie e serve a capire quanto l’azienda dipende finanziariamente dagli altri o sta in piedi da sola.
Tradizionalmente una parte significativa del debito è costituita dall’esposizione nei confronti degli istituti di credito ed è necessario da questo punto di vista un maggior rigore. Se il debito bancario arriva al 60%, si è già in una situazione intollerabile per il futuro.
L’equilibrio monetario, infine, è il rapporto tra la liquidità disponibile nel breve e gli obblighi di pagamento nel breve.
Occorre avere una minima capacità di cassa per sopravvivere e questo è possibile se si è realizzata della liquidità.
Un’importante via per migliorare le proprie condizioni di reale liquidità è ridurre più possibile i giorni medi crediti: ad esempio riuscire a contrarre la dilazione media di incasso di 25 giorni significa recuperare cassa per 140.000 euro a fronte di un fatturato di circa 1.800.000 euro (circa l’8% del fatturato).
Un modo per cambiare e garantire la sostenibilità dell’azienda conto terzi – ha concluso Meloni – è quello di costruire una sorta di piccolo cruscotto con tutti gli strumenti di controllo per pilotare l’azienda. L’equilibrio reddituale si misura tenendo sotto controllo il fatturato, l’incidenza del costo del personale e l’incidenza dei costi relativi ai beni strumentali. L’equilibrio patrimoniale si misura monitorando l’esposizione verso terzi e verso gli istituti di credito. Infine, l’equilibrio monetario si misura tenendo sotto controllo la cassa disponibile giornalmente e i giorni medi di incasso».
Sempre in tema di economia aziendale, inevitabile il passaggio sui costi orari e le tariffe.
«Il costo orario è formato da costi fissi e costi variabili – ha esordito Roberto Guidotti, del Servizio Tecnico Unima –. I parametri dei costi fissi sono il costo di acquisto, il valore residuo, la durata dell’ammortamento, il tasso di interesse, i costi di ricovero e gli oneri accessori (bancari, garanzie ecc.). Il costo fisso su base annua parte dalla determinazione del valore da ammortizzare (in pratica quanto la macchina si “consuma”), per inglobare anche il calcolo della quota annua, la determinazione degli interessi annui, il costo annuo del ricovero e l’incidenza annua degli oneri accessori. Il passo successivo è la determinazione del costo orario, funzione del grado di utilizzazione annua, che dipende dalle prospettive di lavoro, dalla consistenza del parco macchine, dalla produttività oraria e dalle finestre temporali (oggi sempre più ristrette).
Passando ai costi variabili, sono quelli necessari all’impiego della macchina, quindi carburanti, lubrificanti, fluidi di lavoro, mano d’opera, manutenzioni ordinarie e straordinarie, riparazioni. Sempre tra i costi variabili sono da computare i costi energetici (gasolio, lubrificanti, additivo urea, ecc.) e la manodopera. Particolare importanza nell’ambito dei costi variabili assumono la manutenzione ordinaria e quella straordinaria, per la quale c’è un’effettiva difficoltà di previsione degli eventi e quindi comporta un’analisi dei dati aziendali, il ricorso ai coefficienti di usura e la stima del tempo medio fra due guasti. In questo modo è possibile calcolare un costo orario unitario, formato dai costi fissi orari + costi variabili, e un costo orario di cantiere, formato dal costo orario della macchina base + costo orario dell’attrezzatura di lavoro.
Dopo aver determinato i costi orari delle macchine, si possono valutare le tariffe orarie da applicare,ma non prima di aver incluso i costi amministrativi (preventivi, verifiche in campo, fatturazione, spese di incasso, interessi di dilazione, tenuta contabilità e libri paga, adempimenti fiscali, permessi di circolazione, gestione carburanti agricoli e rifiuti) e i costi accessori (tutela ambientale, sicurezza sul lavoro, formazione e addestramento del personale, gestione magazzino). La conclusione è che, calcolando il prezzo orario o quello amisura, il risultato non cambia, nel senso che il fattore chiave rimane la produttività oraria effettiva.
In conclusione, mancando una banca dati affidabile, l’associazione può fornire strumenti e chiavi di lettura, ma i dati più attendibili restano quelli aziendali, per cui la valutazione deve essere analitica».
Il mercato dei cereali
Dai costi ai mercati il passo è breve e «il prezzo dimercato è sicuramente un argomentointeressante – ha commentato nel suo intervento Andrea Villani, dell’Ager Borsa Merci di Bologna – dove la volatilità è una costante con la quale farei conti. Tanto per fare un esempio, nel 2009 c’erano 130 euro/t di differenza (in negativo) rispetto a oggi per il grano tenero, 107europer ilgranoduro e 118 euro per ilmais.
Ma la volatilità non è il solo elemento da sottolineare. Considerare solo i prezzi, infatti, è come guardare in uno specchietto retrovisore, che fa vedere molto bene quello che è successo, ma non quello che potrà succedere. Ecco allora che entrano in ballo le dimensioni e le dinamiche. All’interno di questi dati ci sono degli elementi caratterizzanti: ad esempio il calo produttivo generalizzato su tutte le materie agricole per colpa dell’andamento climatico, i consumi crescenti, ma anche il fatto che il mais sia il primo cereale coltivato nel mondo (e quindi condiziona il resto dei cereali), ma non quello più scambiato (lo sono invece i frumenti). Il riso, dal canto suo, partecipa poco agli scambi mondiali, il che significa che viene consumato principalmente nei mercati dove viene prodotto. Infine la soia, componente fondamentale delle proteine nei mangimi (come farina), che influenza i costi e le dinamiche dell’alimentazione animale.
Nel 2010/11 sono stati prodotti 266 milioni di tonnellate di semi di soia, nel 2011/12 siamo scesi a 238 milioni, in un mercato mondiale dove Usa, Argentina e Brasile detengono l’80%della produzione e la Cine ne importa il 60%».
E l’Italia? «Già troviamo differenze tra grano tenero e grano duro – ha continuato Villani – perché la produzione di tenero si attesta sui 33,3 milioni di tonnellate (sui 630 totali nel mondo, quindi solo un 5 per mille) e quella di duro sui 3,84 milioni di t, ma su un totale mondiale di 3537 milioni di t.
Dunque, il tenero è una commodity, di conseguenza ha un mercato più rigido, mentre il duro non è una commodity ed è arrivato a spuntare un prezzo di 500 euro/t nel 2008. La produzione del grano tenero in Italia è nanizzata, cioè rappresenta meno del 55% del nostro fabbisogno nazionale.
La necessità di importare quindi è strutturale, perché consumiamo 6,57 milioni di tonnellate (di cui 1,5 per la zootecnia).
Il grano duro italiano, invece, rappresenta il 10% della produzionemondiale, quindi strategicamente è importante.
Siamo autosufficienti per circa il 60%, perché esportiamo più della metà della pasta che produciamo e questomantiene inbilanciol’interaproduzione cerealicola italiana.
Il mais ha una produzione nazionale in calo da 34 anni, quest’anno siamo scesi a 7,58 milioni di tonnellate (per di più con grossi problemi di contaminazione da micotossine), e di conseguenza dobbiamo importare almeno 3 milioni di t. Gli Usa hanno prodotto 272 milioni di tonnellate, contro i 320 del 2011, comunque producono circa il 50% del mais mondiale e quindi hanno influenze importanti sul mercato globale.
Chiudendo con i semi oleosi, in Italia il bilancio è in profondo rosso e la maggior parte della soia deve essere importata (quindi i mangimi animali in Italia sono fatti con farina di soia non italiana...).
Infine, oltre agli aspetti quantitativi, bisogna rivolgere lo sguardo anche agli strumenti di commercializzazione, cioè ai contratti tipo. Si tratta di un insieme di regole attraverso le quali i cereali sono contrattati fra le parti. Purtroppo sono noti solo a chi lavora dalla fase di stoccaggio in poi e non ai produttori, e questo è sbagliato, perchè ignorare le conoscenze delle regole è fondamentale sul prezzo che si riuscirà a realizzare».
Agrofarmaci e uso sostenibile
Altro tema di grande attualità è quello dell’uso sostenibile degli agrofarmaci, un settore dove i contoterzisti stanno penetrando sempre più. «Le legislazioni Ue riguardanti gli agrofarmaci si focalizzavano principalmente sulla fase dell’autorizzazione all’immissione in commercio e sul controllo dopo il loro impiego – ha esordito Giovanni Arcangeli, responsabile del settore agricoltura sostenibile di Bayer CropScience –. Con la Direttiva 2009/128/Ce l’Ue si prefigge l’obiettivo di normare la fase dell’uso degli agrofarmaci, in un’ottica di sostenibilità, attraverso i Piani di Azione Nazionali (Pan).
Entro 3 anni (26 novembre 2012) dall’entrata in vigore della Direttiva gli Stati membri formulano i propri Pan con i quali vengono definiti gli obiettivi quantitativi, le misure e i tempi per la riduzione dei rischi e degli impatti dell’utilizzo degli agrofarmaci sulla salute umana e sull’ambiente. I Pan dovranno comprendere almeno le seguenti misure previste dalla Direttiva: formazione, ispezione delle attrezzature, irrorazione aerea e tutela dell’ambiente acquatico e dell’acqua potabile, tutela di aree specifiche, manipolazione e stoccaggio degli agrofarmaci e trattamento dei relativi imballaggi e delle rimanenze, difesa integrata e indicatori di rischio. Il 20 novembre 2012 è stata avviata la fase di consultazione pubblica del Piano d’Azione Nazionale con termine il 31.12.2012.
Dal punto di vista della formazione, il 26 novembre 2015 entrerà in vigore il nuovo sistema di formazione obbligatoria e certificata. Le Regioni e le province autonome sono le Autorità competenti per l’attuazione del sistema di certificazione per il rilascio e il rinnovo delle abilitazioni.
Quindi, a decorrere dal 26.11.2015 i Certificati di abilitazione costituiscono requisito obbligatorio per vendita, acquisto e utilizzo, attività di consulenza.
Per quanto riguarda l’abilitazione alla vendita dal 2015 il certificato rilasciato dalle Regioni può essere consegnato alle persone in possesso dei seguenti requisiti: diplomi o lauree in discipline agrarie, forestali, biologiche, ambientali, chimiche, mediche, veterinarie, e frequenza appositi corsi con valutazione finale (esame) sullematerie dell’Allegato I del Dlgs n. 150/2012. Il certificato vale 5 anni e viene rinnovato previa partecipazione a specifici corsi di aggiornamento. Rimangono valide le abilitazioni alla vendita rilasciate prima dell’entrata in vigore del sistema di formazione.
Per quanto riguarda l’abilitazione all’acquisto e all’utilizzo degli agrofarmaci, dal 2015 il patentino diviene obbligatorio per tutti gli utilizzatori professionali indipendentemente dalla classificazione tossicologica.
Viene rilasciato dalle Regioni alle persone in possesso dei seguenti requisiti: maggiorenni e frequenza appositi corsi con valutazione finale (esame) sulle materie dell’Allegato I. Vale 5 anni e viene rinnovato previa partecipazione a specifici corsi di
aggiornamento. Anche in questo caso rimangono valide le abilitazioni all’acquisto rilasciate prima dell’entrata in vigore del sistema di formazione.
Nel caso di prodotto fitosanitario destinato agli utilizzatori non professionali, entro il 26 novembre 2013 il Ministero della salute adotterà specifiche disposizioni per l’individuazione dei prodotti fitosanitari destinati ad utilizzatori non professionali. Dal 26 novembre 2015 sarà vietata la vendita agli utilizzatori non professionali di prodotti fitosanitari che non recano in etichetta la specifica dicitura ‘prodotto fitosanitario destinato agli utilizzatori non professionali’.
Per quanto riguarda le consulenze, si definisce consulente una persona in possesso di una adeguata conoscenza, costantemente aggiornata nelle materie previste dalla formazione. Il patentino è rilasciato dalle Regioni alle persone in possesso dei seguenti requisiti: diplomi o lauree in discipline agrarie o forestali, frequenza appositi corsi con valutazione finale (esame) sulle materie dell’Allegato I.
Vale 5 anni e viene rinnovato previa partecipazione a specifici corsi di aggiornamento. Il certificato di abilitazione all’attività di consulente vale anchecomecertificato di abilitazione all’acquisto e all’utilizzo dei prodotti fitosanitari e, fatto salvo il rispetto di ulteriori requisiti previsti dalla normativa vigente, vale anche come certificato di abilitazione alla vendita. Il certificato di abilitazione alla consulenza costituisce un requisito obbligatorio per svolgere attività di consulenza nell’ambito della difesa fitosanitaria indirizzata alla difesa integrata e biologica, all’impiego sostenibile e sicuro dei prodotti fitosanitari e ai metodi di difesa alternativi.
Passando al controllo delle attrezzature, il Pan contiene le modalità di esecuzione del controllo funzionale, le caratteristiche delle attrezzature da impiegare per la sua effettuazione, i protocolli di prova da seguire e i relativi limiti di accettabilità e le indicazioni relative alle irroratrici oggetto di deroghe o escluse dal controllo periodico.
Entro il 26 novembre 2016 tutte le attrezzature impiegate per uso professionale dovranno essere state controllate almeno una volta e aver superato con esito positivo il controllo stesso per poter continuare a essere utilizzate.
Un secondo controllo va effettuato entro il 31 dicembre 2020 e successivamente un controllo ogni 3 anni. Le attrezzature nuove, acquistate dopo il 26 novembre 2011, sono sottoposte al primo controllo funzionale entro 5 anni dalla data di acquisto. Sono considerati validi i controlli funzionali eseguiti dopo il 26 novembre 2011 che hanno dato esito positivo e condotti da Centri Prova formalmente riconosciuti dalle Regioni e Province autonome.
Per le attrezzature destinate ad attività in conto terzi il primocontrollo si effettua entro il 26 novembre 2014 e l’intervallo tra i controlli successivi non deve superare i 2 anni. Le attrezzature nuove sono sottoposte al primo controllo funzionale entro 2 anni dalla data di acquisto.
Una regolazione (taratura) periodica della macchina irroratrice alle realtà colturali aziendali deve essere eseguita dall’utilizzatore, dopo adeguata formazione, impiegando strumenti in dotazione alla macchina irroratrice, quando presenti e seguendo le indicazioni riportate sul libretto di uso e manutenzione. Una regolazione (taratura) strumentale della macchina irroratrice può essere eseguita presso i Centri Prova autorizzati, a completamento delle operazioni di controllo funzionale, tramite idonee attrezzature e ha una validità di 5 anni. Le Regioni e le Province autonome possono incentivare il ricorso alla regolazione strumentale delle irroratrici presso i Centri Prova autorizzati.
La situazione in Italia al momento vede 146 centri prova e 412 tecnici abilitati».
L’accesso al credito
L’intervento conclusivo della giornata ha riguardato lo spinoso tema dell’accesso al credito, da più parti indicato come causa principale della crisi di vendite di trattori emietitrebbie in Italia. «Per questo scopo il gruppo Same DeutzFahr propone la propria finanziaria che si chiama Sdf Finance – ha spiegato Giuliano Marello, key account manager di Same DeutzFahr Finance Europa – ed è presente in dieci paesi, in Europa e nel mondo. Sdf Finance propone soluzioni finanziarie per tutti gli attori della distribuzione, dai concessionari agli agricoltori, e un approccio specialistico al credito. A fine novembre 2012 avevamo erogato 55milioni di finanziamenti (+15,4% sul 2011), per un totale di 1.500 clienti. Dunque, conosciamo bene i contoterzisti e con loro i rapporti sono consolidati perché fanno investimenti frequenti, con importi consistenti che rendono indispensabile l’accesso al credito.
Finanziare un’azienda e seguirla nel suo sviluppo a noi interessa di più che finanziare unamacchina,quindi i rapporti devono essere improntati a fiducia e trasparenza. Anche se i terzisti non amano tanto parlare di sé, la conoscenza reciproca è fondamentale per un rapporto di fiducia duraturo.
Ai terzisti chiediamo chi e quanti sono i loro clienti, cosa e come lo fanno, di quali colture si occupano ecc. Serve sapere anche quale forma contrattuale hanno con i loro clienti, qual è il parco macchine, come lo stanno pagando, fino alla compagine familiare, elemento strutturante per una finanziaria.
Dal punto di vista dei bisogni, occorre capire il motivo per l’investimento che l’impresa agromeccanica vuole fare: sostituzione o ampliamento? La macchina vecchia ad esempio consumava troppo? Ovogliamo aumentare la produttività? Nuovi lavori o nuovi clienti? Così si arriva alla famosa tabella degli impegni, in base ai quali si valuta con il cliente quanto questi sono sostenibili. Capita spesso che ad esempio nei primi 2 anni non ci sia la liquidità richiesta.
Allora cerchiamo comunque di fare effettuare l’investimento con la soluzione migliore, che può essere un utilizzo coerente delle “permute”, una rimodulazione dei piani finanziari o leasing in corso (allungamenti) o un nuovo investimento sostenuto da piano finanziario “ad hoc”. In sostanza, riteniamoche ilprodotto più adatto per un contoterzista sia il leasing, perché molto più flessibile del credito agrarioe con altri vantaggi ».
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