L’olio di colza costituisce storicamente una delle principali fonti di sostanza grassa più utilizzate al mondo e la brassicacea risulta essere una delle principali colture oleaginose coltivate al mondo. Nell’Unione europea, che rappresenta negli ultimi anni il principale produttore mondiale, Francia, Germania e Polonia, tutte con un investimento superiore al milione di ettari, detengono il 60% dell’intera produzione europea (oltre 20 milioni di tonnellate di semi prodotte).
In Italia siamo abituati a numeri decisamente più bassi, basti pensare che la superficie coltivata è appena lo 0,4% di quella complessiva europea e l’incidenza del colza sulla superficie totale a oleaginose, che raggiunge anche la totalità in paesi come Danimarca e Lituania, resta relegata a un valore al di sotto del 5%.
Eppure sembra che negli ultimi anni le cose stiano cominciando a cambiare: gli agricoltori avvertono sempre più l’esigenza di alternative nei propri ordinamenti colturali e il colza sembra possedere quelle prerogative di cui si ha più bisogno; la coltura sta cominciando a destare un maggiore interesse tanto che nel 2023 è stato raggiunto un investimento di oltre 30.000 ettari, con un notevole incremento rispetto al passato, che si è confermato l’anno successivo, dimostrando una stabilità estranea all’emotività suscitata da effimere oscillazioni di mercato. Vivo è anche l’interesse del settore sementiero per lo sviluppo di un mercato che non nasconde promettenti potenzialità.
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