«Occorre più formazione per usare le macchine»

Gianni Dalla Bernardina
Il monito del presidente di Cai Agromec Gianni Dalla Bernardina agli associati. Il riconoscimento del ruolo dell’agromeccanico resta l’obiettivo principale per una categoria alle prese con il ricambio generazionale

Un’Europa che deve avere più coraggio negli investimenti per l’agricoltura e, allo stesso tempo, la necessità di formare le nuove generazioni all’utilizzo delle più moderne macchine agricole, garantendosi di conseguenza una continuità anche dal punto di vista della manodopera. Solo così si potrà salvare e preservare l’agricoltura, in particolare proprio quella italiana, caratterizzata da una frammentazione di realtà che ne fanno un’eccellenza a livello mondiale ma, al contempo, ne rivelano anche il suo tallone d’Achille.

A essere convinto che bisogna proprio partire da queste basi è Gianni Dalla Bernardina, presidente di Cai Agromec (recentemente rieletto con consenso unanime per il suo terzo mandato), la principale confederazione italiana di agromeccanici, che oggi conta oltre 15.000 iscritti in tutta la Penisola. Dalla Bernardina interviene ricordando innanzitutto: «Quando si parla di agricoltura in Italia, bisogna sempre considerare che oltre l’85% delle lavorazioni dei terreni sono svolte da agromeccanici, una categoria che ancora oggi attende di essere riconosciuta pienamente nell’ambito agricolo. Passi importanti di recente ne sono stati fatti, ma davanti abbiamo ancora diversi obiettivi da perseguire».

Partiamo proprio da un problema: il 2024 è stato un anno particolarmente difficile per l’agricoltura: qual è stato l’impatto sulle imprese agromeccaniche?

«La nostra principale preoccupazione è legata all’incertezza nella programmazione. Mi spiego: negli ultimi mesi abbiamo assistito spesso a situazioni, in Europa, in cui a seguito di proteste o di prese di posizione ideologiche di una parte del mondo agricolo, sono state assunte decisioni controproducenti per l’agricoltura o, il che è lo stesso, non sono state prese decisioni. Pensiamo ai regolamenti sui mezzi tecnici, al Pnrr e altro ancora, solo per fare un paio di esempi. Ovviamente, questa situazione di incertezza è molto dannosa per le imprese agromeccaniche e per il loro futuro. A questo fattore, si sono aggiunti negli ultimi anni i cambiamenti climatici, che espongono ancora di più le imprese a rischi molto alti anche sul costo del lavoro. Dal nostro punto di vista, ad esempio, più volte ci capita di rifare lavori su uno stesso terreno a seguito di danni imprevisti causati da eccezionali eventi metereologici. Per un’azienda agricola, di conseguenza, questo è un ulteriore aggravio di costi, mentre per le aziende agromeccaniche costituisce una maggiore esposizione economica».

Se gli agricoltori non guadagnano, anche le imprese agromeccaniche non guadagnano: cosa si può fare per permettere agli agricoltori di fare reddito?

«Premesso che quasi il 90% degli agromeccanici possiede anche aziende agricole, quindi spesso parliamo di facce della stessa medaglia, torniamo ai concetti a cui accennavamo poc’anzi: ultimamente l’Europa ha fatto troppa demagogia nelle sue scelte sulla politica agricola. Siamo d’accordo anche noi di tutelare l’ambiente, ma la transizione ecologica non può essere fatta senza pensare a chi va in campo. E torniamo anche in questo caso, per introdurre un esempio concreto, al caso dell’accessibilità ai fondi Pnrr: la prima volta che siamo stati chiamati in causa, era possibile accedere a tali contributi solo acquistando trattori alimentati a biometano o a propulsione elettrica. Tutto bellissimo in teoria, ma inapplicabile nella realtà. Successivamente, poi, i fondi Pnrr sono stati aperti anche alle attrezzature agricole. Per rispondere quindi alla domanda su cosa può fare un imprenditore agricolo per aumentare il proprio reddito, la risposta ha ben poche alternative ed è pressoché ovvia: avvalersi dell’alta tecnologia presente sulle macchine più moderne o innovative. Ovvero, collaborare sempre di più con il comparto agromeccanico».

Tra le tante attività svolte come associazione quest’anno c’è stata quella relativa alla creazione dell’albo nazionale degli agromeccanici: a che punto siamo?

«Finora, la creazione di un albo nazionale degli agromeccanici ha registrato un primo passaggio alla Commissione Agricoltura della Camera. Il testo non è del tutto corrispondente alle nostre aspettative, ma è già un importante passo in avanti. Apprezziamo il fatto che diverse associazioni agricole, magari anche obtorto collo, abbiano preso coscienza che gli agromeccanici non sono un male per l’agricoltura, ma anzi un fenomeno necessario e fondamentale proprio per l’Italia, caratterizzata da realtà medio piccole. In altri termini: per la moderna agricoltura, ci sarà sempre più bisogno di agromeccanici.

Molti agromeccanici sono anche agricoltori: ritiene questo un handicap o un vantaggio per il riconoscimento in agricoltura dei contoterzisti?

«Tale condizione è ininfluente. Ciò che invece rileva è il ruolo fondamentale delle aziende agromeccaniche e della loro professionalità. Non tutti, al momento, sul fronte politico hanno compreso questo passaggio, anche perché parliamoci chiaro: non si tratta di litigare per la concessione di contributi (ad esempio tutte le provvidenze “a superficie” devono essere destinate alle imprese agricole) o di aiuti vari. Al contrario, in gioco c’è al momento il riconoscimento dell’effettiva natura dell’agromeccanico, un imprenditore che oggi ha i propri dipendenti inseriti nella previdenza agricola, utilizza gasolio agricolo ma che è inquadrato in ambito artigiano e che quindi si vede precluse determinate opzioni che sono appannaggio degli imprenditori agricoli. Anche in questo caso faccio un esempio emblematico: se un agromeccanico vuole costruire una tettoia per mettere a ricovero la sua mietitrebbia, deve acquistare un capannone in zona artigianale con tutto ciò che ne consegue dal punto di vista dei costi. Un imprenditore agricolo, invece, può fare la stessa cosa su terreno agricolo, con un aggravio di oneri e costi decisamente minori».

Cosa deve fare un agromeccanico per rimanere competitivo?

«Investimenti mirati e trovare sinergie operative con altri agromeccanici. Nel nostro settore l’aggregazione premia. Poi, c’è un elemento che mi preme sottolineare in modo particolare, perché si sta rivelando sempre più determinante: la formazione. Oggi le macchine presentano un livello di tecnologia inimmaginabile solo fino a qualche anno fa. Spesso abbiamo a che fare anche con macchine innovative dotate d’intelligenza artificiale. Non tutti sono in grado di utilizzarle: occorre personale formato. E teniamo presente che, proprio grazie alla formazione, non solo ci si garantisce continuità generazionale e futuro per il settore primario, ma i risultati si possono apprezzare anche immediatamente sul campo, con risparmi sul carburante che possono superare addirittura il 20% rispetto a quando si utilizza personale non adeguatamente preparato».

Due dei più grandi problemi per un’azienda agromeccanica sono la mancanza di manodopera e il ricambio generazionale. C’è una ricetta per superare queste difficoltà?

«Devo rilevare come il ricambio generazionale sia in effetti più complesso per un agromeccanico rispetto a un agricoltore. Un giovane agromeccanico deve affrontare da subito investimenti molto importanti e, proprio per questo, si trova la strada sbarrata già all’interno della famiglia. Per assicurare un futuro alla nostra categoria, che rimane fondamentale anche per il futuro della moderna agricoltura, bisogna agire almeno su un doppio fronte: valorizzare la figura dell’agromeccanico, il suo ruolo determinante nella filiera agricola oltre che sociale di tutela del territorio e dell’ambiente. E poi bisogna dare la possibilità di accedere ad agevolazioni bancarie proprio per avviare in modo più sereno l’attività».

Contrariamente a quanto lei prevedeva, è arrivato al terzo mandato come presidente Cai Agromec: quali sono gli obiettivi che si pone?

«È vero che sono stato rieletto all’unanimità per il terzo mandato consecutivo e questo è motivo di grande soddisfazione, ma sottolineo al contempo che la mia rielezione è stata frutto di un grande lavoro di squadra. Accanto a me, infatti, ho sempre avuto validi collaboratori che oggi continuano a supportarmi e coi quali il confronto è continuo. Devo quindi ringraziare tanti, per aver permesso questo mio percorso. Quanto agli obiettivi, il primo di questo mandato sarà ovviamente vedere riconosciuto il ruolo degli agromeccanici in agricoltura. È una battaglia non facile, ma che deve essere fatta e portata avanti sia per senso di giustizia, sia per riconoscere il ruolo fondamentale di noi agromeccanici per il futuro del settore primario».

«Occorre più formazione per usare le macchine» - Ultima modifica: 2024-10-30T09:07:42+01:00 da Marco Pederzoli

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