Una famiglia di contoterzisti sul Delta del Po, con tutto ciò che questa collocazione può comportare. Per esempio, la presenza di terreni tendenzialmente sciolti e di appezzamenti di dimensione medio-grande, molto adatti a una meccanizzazione spinta. Ma anche il ricorso a colture non proprio convenzionali, come le orticole. E, un tempo, la bietola.
«Nel 2005, da un giorno all’altro perdemmo duecentomila euro di fatturato e dovemmo reinventarci l’attività», ricorda con rammarico Maximiliano Bombonato, titolare dell’attività assieme al fratello Davide. «Per l’esattezza – precisa – fu lui a iniziare, diversi anni fa. Successivamente entrai anch’io nell’azienda e cominciammo ad allargare il giro».
Oggi, i Bombonato hanno fondamentalmente diviso l’attività in due settori: i lavori agricoli da una parte, i trasporti dall’altra. Davide, come ci spiega il fratello, è in giro quasi tutti i giorni con gli autotreni (due quelli immatricolati dalla ditta), mentre Maximiliano passa la maggior parte del tempo lavorativo nei campi. Le attività, naturalmente, sono quelle solite: arature, preparazione del terreno, semine e raccolta con l’unica mietitrebbia rimasta in azienda, una CR 7.90 New Holland.
«Anni fa facevamo molti più viaggi dal porto di Ravenna, ora le cose si sono un po’ calmate. Tuttavia, i trasporti sono ancora un settore importante, anche perché ci permettono di fornire un servizio completo ai clienti. Per esempio, da ormai 30 anni facciamo commercio di paglia, ritirando dai clienti e rivendendo ai commercianti».
Un settore distrutto
Torniamo però alla bieticoltura e al terribile 2005, che decretò in pratica la fine di questa coltura nel nostro paese. «Nel giro di pochi giorni perdemmo l’ottanta per cento del lavoro con le bietole, che erano un supporto fondamentale per la nostra azienda. Abbiamo comunque mantenuto la scavabietole, che usiamo per raccogliere una piccola superficie: circa 75 ettari. Niente confronto a quanto facevamo un tempo, ma sono l’estensione giusta per fare da solo, senza aver bisogno di dipendenti. Anche i trattamenti della piralide, che facevamo con due macchine e un addetto praticamente fisso, sono scesi fortemente da quando il prezzo del mais è crollato e pertanto abbiamo dovuto rinunciare a quel dipendente». I Bombonato, oggi, effettuano quasi ogni lavoro, tranne che sulle orticole, con particolare attenzione per il mais. Il quale resta una delle colture principali del territorio assieme al grano.
Serve collaborazione
«Quel che più mi spiace notare – continua Maximiliano – è che tra i contoterzisti manca troppo spesso quella solidarietà che dovrebbe essere la regola tra colleghi. Se ci fosse, potremmo vivere tutti meglio. Per esempio, passandoci i lavori per cui non siamo attrezzati, in modo da dedicarci ciascuno a un’attività specifica e portarla a un alto livello di specializzazione. Io, per dirne una, sono l’unico a trattare le bietole, ma posso chiamare qualche collega per la gestione delle orticole o qualche altro lavoro per cui non ho le giuste attrezzature».
Invece, continua l’imprenditore, si punta troppo spesso a sottrarre il cliente, più che a gestirlo. «Ci sono aziende che escono quasi sottocosto, pur di strappare il cliente alla concorrenza. A mio modo di vedere, questo è il modo più sbagliato di affrontare un lavoro come il nostro, in cui gli investimenti necessari sono sempre maggiori e la redditività in calo costante». Per Maximiliano, l’errore è di strategia: «Fare molto facendosi pagare poco è un autogol clamoroso. Dovremmo puntare a fare meno guadagnando il giusto e il modo per arrivarci è collaborare tra noi. Il che non significa allearci a danno dei nostri clienti ovviamente».
I problemi, continua il contoterzista, nascono infatti anche per la difficile condizione in cui vivono le aziende agricole. «Quelle di dimensioni medie o grandi tirano avanti, ma le piccole realtà, da 15 o 20 ettari, fanno fatica e spesso smettono. Per esse è quasi impossibile sostenere i costi di produzione e di conseguenza per noi diventa difficile farci pagare. Soprattutto se, come nel nostro caso, cerchiami di diluire i pagamenti nel corso dell’anno invece di rimandarli tutti a fine stagione, come è tradizione fare. Anche noi, del resto, abbiamo le nostre spese e la burocrazia non è certamente d’aiuto: passiamo più tempo a scrivere, ormai, che a lavorare la terra».
Le aziende agricole che hanno meno problemi, conclude Bombonato, sono quelle in cui il titolare non vive di sola agricoltura. «Chi fa lavorare la terra di famiglia, ma guadagna in altro modo, se la cava sempre e sono in fondo le aziende che hanno meno problemi di solvibilità. Quelle grandi hanno certamente le spalle solide, dal punto di vista finanziario, ma sono anche molto ben attrezzate e fanno quasi tutto da sole; chiamano il contoterzista giusto per la raccolta e al limite la semina su sodo. Noi dobbiamo andare da tutti e barcamenarci, cercando di mantenere in attivo le nostre aziende, ma è sempre più complesso riuscirci».
Scommessa su McCormick
Sotto il capannone dei fratelli Bombonato troviamo, oltre a una New Holland CR, diversi trattori Case Ih. I mezzi più recenti sono tuttavia due McCormick, un X 6.440 e un X 5.35. «È un marchio che mi incuriosiva e il concessionario (la Palazzani e Zubani di San Paolo, Brescia, ndr) mi è sembrato affidabile e attento. Per questi motivi abbiamo deciso di dare fiducia al gruppo e finora non ce ne siamo pentiti». I due trattori, arrivati a primavera scorsa, hanno indicativamente 700 ore ciascuno, passate praticamente senza guasti. «Da noi le macchine vanno verso le mille ore l’anno. I due McCormick sono arrivati a stagione avanzata, per cui hanno fatto meno del previsto. Quest’anno, tuttavia, avranno tempo di rifarsi».