La provincia di Parma è una realtà abbastanza sui generis, se si parla di contoterzismo. Le ditte sono essenzialmente di piccole dimensioni – quelle con più di dieci dipendenti si contano sulle dita di una mano – e gestite quasi sempre a livello famigliare, da uno o due titolari – spesso fratelli – che hanno ereditato l’azienda dal padre o addirittura dal nonno.
La realtà che visitiamo in questo numero non si discosta molto dal quadro tipico. È infatti composta dal titolare – Fabio Lunini – e da due dipendenti fissi, i fratelli Stefano e Angelo Galli: dipendenti da anni, praticamente parte della famiglia. Assieme, i tre svolgono lavori agricoli nella zona di S. Secondo, a Nordovest del capoluogo e a due passi dalla vecchia sede di Agco Italia. Il che spiega, peraltro, il dominio bianco-rosso che vediamo sotto i capannoni. «In effetti per tanti anni abbiamo avuto soltanto Massey Ferguson, anche per tradizione famigliare. Il monopolio si è rotto soltanto a inizio anno, con l’acquisto di due New Holland: un T4.115 e un T6.165, di nuovissima produzione. Parliamo del trattore che è stato presentato all’Eima 2016, per capirci. Per essere precisi il 160 cv l’avevamo ordinato un anno prima, ma siccome siamo andati in ritardo tra attesa del finanziamento Inail e acquisto, ormai c’era la nuova gamma e ne abbiamo approfittato. È un bel trattore – ci spiega Lunini – che presta molta attenzione al comfort di lavoro, con ponte e cabina sospesi, eccellente insonorizzazione e un cambio a variazione continua molto fluido».
La storia dei Lunini nel mondo del contoterzismo inizia con gli anni Cinquanta, quando la famiglia si trasferisce a S. Secondo dalla vicina provincia di Piacenza. «Ai tempi avevamo la stalla, ma Luigi, mio padre, pensò di fare anche lavori per gli altri agricoltori, acquistando una mieti-lega assieme al fratello. Successivamente introdussero l’aratura e il primo trattore fu, guarda caso, un Massey Ferguson, allora di colore griglio: un TE 35, se ricordo bene. Arrivarono poi un 85 e un 110 cavalli, per passare quindi al Fiat 130 e così via». Fabio, l’attuale titolare, entra invece in azienda al compimento delle scuole dell’obbligo, 30 anni fa. «Iniziai a lavorare con mio padre e più o meno nello stesso periodo ci separammo da mio zio e mio cugino, che continuarono a gestire la stalla. Noi, invece, diventammo contoterzisti a tempo pieno, facendo anche semine, preparazione del terreno e distribuzione liquami».
Impegnati nella fienagione
Oggi Lunini svolge le classiche attività di un contoterzista in pianura Padana. «La trebbiatura è forse ancora il lavoro principale: la realizziamo con due New Holland a scuotipaglia. In ordine di importanza viene poi, probabilmente, l’aratura, seguita dai lavori con la botte per liquami e, a scendere, trattamenti, semine, preparazione del terreno e fienagione». Quest’ultima ha comunque, in zona di Parmigiano Reggiano, ancora un ruolo di tutto rispetto. «In effetti qui nel Parmense ci sono ancora parecchie stalle e tutte hanno bisogno di fieno. Per questo facciamo medica e foraggi sia sui nostri terreni sia come attività di conto terzi».
I terreni di proprietà, uniti a quelli in affitto, ammontano a circa 200 ettari. «Se volessimo diventerebbero anche di più, dal momento che molte piccole aziende smettono di coltivare e ci chiamano per cederci i campi: una tendenza molto marcata negli ultimi anni». Sui suoi appezzamenti, come abbiamo visto, Lunini coltiva prati di vario tipo, oltre a grano, un po’ di mais e – da quest’anno – bietola. «Con la riapertura dello zuccherificio di San Quirico è tornata la bieticoltura. Speriamo che si diffonda, anche se non arriverà mai alle estensioni dei tempi d’oro, quando la campagna di raccolta durava tre mesi». Anche il pomodoro va forte nel Parmense, ma è una coltivazione che Lunini non tratta.
«Non facevo nemmeno raccolta di bietole, del resto. Penso che tra colleghi ci si debbano dividere i compiti. Noi, per esempio, facevamo grano, mais e semina di barbabietole, un altro contoterzista si occupava della raccolta, un terzo seguiva il pomodoro. In zona c’era lavoro per tutti. Ora, invece, tutti puntano sugli stessi clienti con gli stessi servizi e ovviamente la competizione si sposta sul prezzo».
Si diceva che la fienagione riveste ancora una certa importanza. «In effetti è vero, la presenza di stalle da latte la mantiene viva. Inoltre, c’è anche una discreto ritorno economico: perché è vero che il fieno costa poco, ma comporta anche poche spese. In primo luogo, non tocchi i campi per quattro o cinque anni, secondariamente non richiede grandi interventi e, se capita una stagione come la scorsa, in cui fai 130 quintali per ettaro, qualcosa porti a casa». Pur restando legato alla tradizione, Lunini non si tira indietro se c’è da sperimentare qualche nuova coltura. «Nel 2016 abbiamo provato il coriandolo, con buoni risultati. Quest’anno, però, non ci è stato più chiesto». In ogni caso, grano e foraggi occupano la superficie maggiore. «Fino a qualche anno fa teneva bene anche il mais, ma, tra prezzi bassi e aflatossine, ormai sono pochi quelli che rischiano ancora con questo cereale».
Il nodo dei prezzi
L’andamento dell’agricoltura nella zona di Soragna e San Secondo, ci dice Lunini, non si discosta molto dal resto d’Italia. «Il problema vero sono i prezzi, che restano bassi e non remunerativi. Per questo, come ho detto prima, molte aziende chiudono. Soprattutto le più piccole, con pochi terreni e pochi mezzi per lavorarlo. Questo per noi è un problema, sia perché i piccoli agricoltori sono una fetta importante della nostra clientela, sia perché sono quelli che pagano con maggior puntualità e senza trattare eccessivamente. Al contrario, quando vai in una grossa azienda devi accettare le condizioni che ti impongono, se vuoi lavorare». Non è ovviamente una storia inedita: il più grosso fa il prezzo, il più piccolo si deve adeguare.
L’acquisto di due trattori nuovi e la realizzazione di un capannone – quasi completato al momento della nostra visita – lascia però pensare che anche Lunini voglia passare di categoria, ampliando la propria attività. «In realtà, no. Stiamo bene dove siamo: il lavoro non manca, i clienti, bene o male, pagano e abbiamo da fare a sufficienza per tutti e tre. Non mi interessa acquisire nuovi settori o nuove aziende e penso che per un bel po’ resteremo fermi dove siamo. Del resto le cose vanno bene, quindi perché cambiare?».