Negli areali vocati di coltivazione della soia le semine sono spesso medio-tardive, concentrandosi nell’ultima metà di aprile e per tutta la prima decade di maggio. Ulteriori superfici sono destinate ai secondi raccolti dopo la trebbiatura dei cereali a paglia.
In relazione all’epoca di semina, ci si trova a far fronte a diversificate situazioni di inerbimento, considerando in quelle più anticipate anche la presenza delle poligonacee ad emergenza più tardiva, quali Polygonum persicaria e lapathifolium e della coda di germinazione delle specie crucifere (Sinapis, Rapistrum). Le maggiori problematiche tuttavia sono determinate dalle tradizionali amarantacee, solanacee, chenopodiacee, Portulaca e da pressoché tutte le infestanti ruderali e di sostituzione, quali Abutilon theophrasti, Bidens spp., Acalypha, Xanthium spp., Galinsoga, Ammi majus ecc. Oltre alle malerbe a foglia larga sono da considerare anche le generalizzate infestazioni di graminacee sia a ciclo annuale (Echinochloa crus-galli, Setaria spp., Digitaria sanguinalis) che perenne (Sorghum halepense da rizoma). Molto difficoltoso risulta il contenimento delle infestanti a ciclo perenne, quali Convolvulus arvensis, Cirsium arvense, mentre al momento irrisolvibili sono le problematiche causate da Equisetum spp.. Nei confronti delle sempre più invasive presenze di specie ciperacee, molto frequentemente si osservano livelli di controllo parziali e molto temporanei.
La resistenza fa sempre più paura
Se fino a pochi anni fa l’infestante “target” della soia era il Chenopodium album, di non agevole controllo con le consolidate ed energiche strategie “solo post”, peraltro ancora in auge anche oggi, negli ultimi anni si stanno pericolosamente espandendo popolazioni di Amaranthus non più sensibili ai più efficaci erbicidi post-emergenza a base di imazamox e tifensulfuron-metile, entrambi caratterizzati dallo stesso meccanismo d’azione. La situazione è relativamente diversificata in relazione alla specie di Amaranthus interessata. Se da un lato le popolazioni di A. retroflexus, accertate per la prima volta nel lontano 2003, risultano resistenti agli erbicidi con meccanismo d’azione ALS, ma generalmente sono ancora sensibili sia al già autorizzato bentazone che a “futuribili” principi attivi in corso di valutazione (si legga oltre), dall’altro si stanno rilevando maggiori difficoltà nella gestione di Amaranthus non ancora ben classificati, definiti per ora come popolazioni “aliene”. Le piante di questa o queste specie presentano un portamento nettamente differente a quelle di A. retroflexus, raggiungendo dimensioni eccezionali, con altezzae a volte vicine ai 3 metri. Nello stesso appezzamento solo a livello visivo se ne possono distinguere varie tipologie, con caratteristiche differenti sia come colorazione che come portamento delle infiorescenze. La loro sensibilità è generalmente inferiore ed a volte risultano non sensibili a anche a bentazone, ma più suscettibili all’azione di bifenox, purchè con trattamenti effettuati su plantule che abbiano differenziato al massimo le quattro foglie vere.
Le infestazioni di A. retroflexus resistente sono relativamente diffuse in tutte le regioni settentrionali vocate (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna nord-orientale e Lombardia orientale), mentre l’Amaranthus “alieno”, segnalato inizialmente nelle zone del Veneto e della provincia di Ferrara adiacenti al Po, si stanno diffondendo in maniera preoccupante sia verso nord che in direzione sud, attraverso le acque di irrigazione ed anche a seguito dello spostamento delle attrezzature meccaniche non accuratamente pulite, mietitrebbie in particolare. Per limitare l’esplosione di queste problematiche si deve obbligatoriamente agire su più fronti, sia in ambienti dove è accertata la presenza di tali popolazioni non sensibili, che dove la situazione è ancora sotto controllo.
Dove il problema è già conclamato, oltre a prendere in considerazione tutte le più efficaci metodologie di controllo diretto sulla coltura della soia, diventa fondamentale valutare le colture da inserire nella rotazione aziendale, evitando quelle dove il controllo delle amarantacee è più difficile, quali ad esempio barbabietola da zucchero, girasole e orticole in generale, privilegiando per contro specie dove ancora non sono segnalate problematiche (mais, sorgo e cereali a paglia).
Pre-semina e pre-emergenza fondamentali
Il primo passo in tutte le situazioni (in funzione preventiva dove il rischio non è ancora conclamato) è una razionale preparazione del letto di semina, con anticipato affinamento dei terreni ed un primo azzeramento delle emergenze con l’applicazione di adeguati do saggi di formulati a base di glifosate. Nei casi più preoccupanti è consigliabile inoltre ritardare il più possibile le semine, in modo da favorire la germinazione ed il primo sviluppo della maggior parte possibile delle piante di Amaranthus, da eliminare con i già ricordati ed efficaci interventi con glifosate.
Partendo su terreno pulito diventano poi indispensabili gli interventi di pre-emergenza con prodotti ad azione residuale, considerando che la definizione delle più o meno complesse miscele da utilizzare devono prevedere l’inserimento di metribuzin (Sencor WG, Feinzin 70 DF, ecc.) o delle formulazioni che lo contengono (Fedor, Metric), principio attivo generalmente caratterizzato da ottima efficacia sulle specie amarantacee. Per allargare lo spettro d’efficacia sulle infestanti graminacee annuali (Echinochloa, Setaria, Digitaria) si valorizza l’impiego di s-metolaclor (Dual Gold, ecc.), dotato anche di azione collaterale su Amaranthus, petoxamide (Romin 600 ecc.) e flufenacet (disponibile in formulazione pronta con metribuzin). Nel caso poi si operi in terreni storicamente infestati da Solanum trovano giustificazione gli impieghi di pendimetalin (Stomp Aqua, Most Micro ecc.) e di oxadiazon (Ronstar FL), ricordando anche che nella prossima primavera sarà utilizzabile anche un formulato a base di pendimetalin + clomazone (Bismark). Il clomazone, oltre alla miscela con pendimetalin e con metribuzin (Metric), è disponibile anche tal quale (Command 36 CS, Bismark ecc.) e si caratterizza, nell’ambito di una perfetta selettività, per esercitare un valido controllo delle prime ondate di emergenza di Abutilon theophrasti. Come si può chiaramente capire, con l’attuale disponibilità di principi attivi e in differenti formulazioni ad azione complementare regolarmente autorizzate sulla soia, si possono comporre innumerevoli valide soluzioni, adatte ad ogni situazione di inerbimento ed ad ogni tipo di terreno.
Attenzione alla strategia “solo post”
Le strategie di controllo di tutte le infestanti con esclusivi trattamenti di post-emergenza, che per molti anni hanno rappresentato l’unica soluzione adottata nella stragrande maggioranza delle situazioni, molto frequentemente sono necessarie anche per completare l’efficacia delle preventive applicazioni di pre-emergenza ed obbligatori nelle aree caratterizzate da suoli fortemente organici, dove i prodotti residuali sono rapidamente inattivati.
La standardizzata miscela di imazamox (Tuareg, ecc.) con dosaggi ridotti di tifensulfuron-metile (Harmony 50 SX), grazie alla forte sinergia che si manifesta fra i due principi attivi, è generalmente in grado di esercitare un ampio spettro d’azione che comprende amarantacee, purchè non resistenti, poligonacee, solanacee, crucifere, composite ed ombrellifere, nonché importanti specie ruderali di sostituzione, tra cui Abutilon, Ammi majus ed altre ancora. Nei terreni fortemente infestanti o caratterizzati da emergenze scalari, sono possibili anche trattamenti frazionati, splittando i dosaggi dei due formulati, anticipando la prima applicazione e con ripetizione dell’intervento orientativamente dopo 10-14 in relazione all’efficacia esercitata dal primo ed all’andamento stagionale intercorso.
L’aggressività sulla coltura di tale associazione è piuttosto evidente, ma generalmente i sintomi fitotossici vengono riassorbiti nel giro di un paio di settimane, con maggiore persistenza in caso di elevate temperature e in assenza di precipitazioni piovose o irrigazioni. La sintomatologia diventa più evidente con ulteriore addizione di preparati ad azione specifica contro le infestanti graminacee. Ultimamente si è assistito ad una rivalutazione del bentazone (Basagran SG, Blast SG.), frequentemente addizionato alla miscela di imazamox + tifensulfuron-metile sia nei casi di presumibili presenze di popolazioni di Amaranthus retroflexus resistenti agli erbicidi ALS, che allo scopo di rafforzare l’attività su alcune infestanti molto sensibili al prodotti di contatto, quali Polygonum persicaria e lapathifolium, Chenopodium, Portulaca, Abutilon, con inoltre a volte un iniziale buon controllo anche delle sempre più diffuse presenze di Cyperus.
In queste situazioni viene inoltre migliorata la selettività sulle piante di soia, grazie all’effetto “safener” che esplica il bentazone, ricordando tuttavia di evitare interventi su infestanti molto sviluppate. È poi disponibile anche la miscela già formulata di imazamox + bentazone (Corum), di possibile impiego in tutte le situazioni, ma particolarmente vantaggiosa nelle semine di secondo raccolto, presentando un periodo dio carenza tra l’applicazione e la raccolta di 60 giorni, notevolmente inferiore a quella dei formulati a base di imazamox, che è pari a 100 giorni. Con inerbimenti complessi e in relativamente avanzati stadi di sviluppo anche la miscela di imazamox + bentazone può essere addizionata di dosi ridotte di tifensulfuron-metile. Quando poi si opera in terreni fortemente in festati da A. theophrasti esiste l’ulteriore possibilità di intervenire in post con il formulato a base di clomazone regolarmente autorizzato in tale epoca (Sirtaki), al fine di allungare la persistenza d’azione fino alla chiusura degli spazi interfilari, con l’avvertenza di evitarne l’impiego se lo stesso principio attivo è stato utilizzato in pre.
Estensioni d’impiego o usi di emergenza
Per limitare le problematiche derivanti dalle infestazioni di popolazioni resistenti di A. retroflexus soprattutto di Amaranthus “alieno”, a seguito di un’ampia attività sperimentale, nella prossima primavera, si potrebbero avere a disposizione in post-emergenza della soia due nuove armi, quali bifenox (Fox) e piraflufen-etile (Piramax EC). Entrambi i principi attivi, pur appartenendo a due famiglie chimiche differenti, presentano lo stesso meccanismo d’azione, con inibizione dell’enzima protoporfirinogeno ossidasi (Ppo) e sono caratterizzati da prevalente azione di contatto. Le applicazioni sperimentali e i primi trattamenti di pieno campo hanno dimostrato un’ottima e rapidissima efficacia dei due prodotti nei confronti delle piante di Amaranthus non più sensibili agli erbicidi ALS, con l’avvertenza tuttavia di intervenire su plantule prima che abbiamo oltrepassato lo stadio di 4 foglie vere. Inoltre, è stata rilevata anche una totale efficacia nei confronti di Portulaca oleracea, mentre non completo è apparso il controllo di Chenopodium album. Sono ancora da valutare le reali potenzialità sulle altre più importanti pericolose infestanti dicotiledoni. Generalmente sia bifenox che piraflufen-etile vengono utilizzati in miscela con gli altri erbicidi autorizzati sulla soia o impiegati singolarmente in successione ai normali trattamenti per il controllo specifico di amarantacee. Anche la fitotossicità è visibile poche ore dopo i trattamenti e molto appariscente, con sintomi simili a quelli provocati, ai tempo d’oro della soia, dalle applicazioni dei formulati a base di fomesafen ed acifluorfen più o meno attivati con olio e/o solfato ammonico. Per entrambi i prodotti è già stata avviata la procedura di estensione definitiva delle etichette o in alternativa la richiesta di uso in deroga per motivi di emergenza fitosanitaria per un periodo definito di 120 giorni, situazione che si è già verificata lo scorso anno per il bifenox. Comunque si ribadisce che per gestire o meglio per prevenire le problematiche determinate dalle popolazioni di Amaranthus resistente questi interventi rappresentano una soluzione estrema, mentre molto più razionali risultano gli interventi di pre-emergenza con il più specifico metribuzin.
Se la gestione delle infestanti graminacee è posticipata al post-emergenza, bypassando i pur efficaci interventi preventivi con s-metolaclor, flufenacet e petoxamide, la disponibilità di formulati specifici è molto ampia, ma limitata ad un unico meccanismo d’azione. I prodotti cosiddetti “fop” (propaquizafop quizalofop-etile isomero D+, quizalofop-p-etile e fluazifop-p-butile) generalmente risultano efficaci su Echinochloa crus-galli, Setaria spp. ed anche Sorghum halepense, mentre i “dim” (ciclossidim e cletodim), oltre ad esercitare un ottimo controllo delle specie prima elencate, sortiscono i migliori risultati nei confronti di Digitaria sanguinalis.
Per quanto riguarda le modalità degli interventi specifici, un consiglio è quello di svincolarli, ove possibile, dai trattamenti per il controllo delle specie a foglia larga. Ciò sia in considerazione del rischio di un incremento della fitotossicità, sia per non andare incontro a pericolosi decrementi di efficacia graminicida, questo in particolar modo quando si utilizzino formulati a base di bentazone. Inoltre nella scelta dei prodotti sono da valutare attentamente i differenziati periodi di sicurezza che devono intercorre tra l’applicazione erbicida e le operazioni di raccolta.
di Denis Bartolini*
(*) Ricerca & Sviluppo Terremerse Soc. Coop. - Bagnacavallo (Ra)