Pneumatici, scegliere è un obbligo

La dotazione di più treni di pneumatici consente di coprire tutte le esigenze d’impiego. E di non commettere errori

Lo sviluppo della meccanizzazione ha permesso di ridurre il costo del lavoro in agricoltura e di aumentarne la produttività: un progresso indotto dal boom economico, che ha privato le campagne di gran parte della forza lavoro. In quegli anni si è registrata un forte specializzazione per tutti settori della meccanica agricola, con la nascita di macchinari sempre più efficienti e la differenziazione dei mezzi e degli organi di trazione, anche sul piano costruttivo.

Fino alla metà del secolo passato questi erano preferibilmente metallici, sia per l’alto costo della gomma, che pure si era ormai affermata per gli altri mezzi non stradali, sia per la bassa velocità di lavoro. È dopo la seconda guerra mondiale che la produzione di gomma sintetica supera quella derivante dal lattice naturale (la cui disponibilità aveva pesato sull’esito del conflitto), gettando le basi per la motorizzazione di massa. La gomma sintetica impiegata nella costruzione delle coperture, pneumatiche e non, è un polimero composto di due diversi idrocarburi, stirene (poco meno di ¼) e butadiene (per la parte restante), un prodotto sviluppato proprio in virtù delle sue caratteristiche meccaniche e di resistenza.

L’aumento dimensionale delle macchine agricole, nei decenni successivi agli anni Ottanta, ha portato a ripensare la struttura delle gomme, per migliorare l’affidabilità e la robustezza

I primi pneumatici per uso agricolo non erano molto diversi, come struttura interna, da quelli per autocarro, a parte la forma del battistrada che imitava ancora le ruote metalliche: ramponi inclinati per le ruote motrici e armilla longitudinale per quelle direttrici. La minore rigidità della gomma rispetto al ferro spinse i progettisti ad aumentare il numero dei rilievi riducendone l’altezza, nonché a disporli alternativamente per favorire lo scarico della terra, secondo uno schema ancor oggi largamente diffuso.

L’evoluzione nel tempo

Fino agli anni Ottanta, le trattrici a ruote non superavano i 150 cavalli, le mietitrebbie i 200 e le falciatrinciacaricatrici i 250: per scaricare a terra 50-60 cavalli per ruota (con un carico di 3-4 tonnellate) anche la cintura diagonale andava benissimo. L’aumento dimensionale delle macchine agricole, nei decenni successivi, ha portato a ripensare la struttura delle gomme, per migliorare l’affidabilità e la robustezza. Sui primi trattori di grande potenza era frequente, per esempio, la rotazione sul cerchio, che provocava la lacerazione della camera d’aria; una prima misura fu il rinforzo del tallone, coadiuvata dall’introduzione delle gomme tubeless.

Bisogna imparare a considerare i quattro pneumatici come un accessorio o un allestimento, più che un “pezzo” inseparabile della trattrice, se si vuole mantenere la polivalenza di impiego

Già allora aveva iniziato a diffondersi la semina su sodo, che aveva posto alla ribalta il grave problema del compattamento del suolo, che le gomme convenzionali, gonfiate a media pressione e con sezione quasi circolare, rendevano molto evidente. La soluzione fu quella di uno pneumatico a bassa pressione, con fianchi facilmente deformabili per adattarsi al profilo del terreno, grazie al quale fu possibile aumentare la superficie di appoggio di quasi il 40%. Per consentire questa deformazione ci voleva una carcassa a struttura radiale, da tempo impiegata per altri impieghi gravosi: le fasce tessili che collegano i due cavi principali laterali sono disposte trasversalmente rispetto alla mezzeria e non diagonalmente.

La carcassa radiale ha permesso di costruire pneumatici con sezione trasversale quadrangolare e battistrada pressoché piatto, che consente un ulteriore aumento della superficie di appoggio. È grazie a questi accorgimenti che è stato possibile sostituire, ove possibile, i cingoli metallici che un tempo dominavano le lavorazioni pesanti e le ruote a gabbia impiegate per la preparazione del terreno o per la semina sui terreni più difficili. Il cingolo metallico è ancora oggetto di rimpianto, anche se presentava gravi inconvenienti: rumore e vibrazioni, in primo luogo, oltre alla resistenza all’avanzamento e alle difficoltà di trasferimento. È vero che il cingolato poteva sviluppare elevati sforzi di trazione con grande stabilità direzionale, ideali per l’aratura fuori solco: ma poi l’incremento delle potenze e delle masse ha contribuito a superare le preclusioni nei confronti dei trattori a ruote, proprio per merito delle gomme.

Accessorio separato dalla trattrice

Bisogna, però, imparare a considerare i quattro pneumatici come un accessorio o un allestimento, più che un “pezzo” inseparabile della trattrice, se si vuole mantenere la polivalenza di impiego. In una piccola o media azienda agricola la scelta della trattrice segue spesso un criterio quantitativo, piuttosto che qualitativo: per un pugno di kw in più, si preferisce rinunciare a qualche accessorio qualificante, come un treno di pneumatici moderni ed efficienti. Prevale, in questi casi, la scelta di gomme “polivalenti” che in pratica possono essere normali pneumatici da trazione, con prestazioni in campo mediocri, a vantaggio di una maggiore durata. Poiché il trattore viene usato prevalentemente in campagna, soprattutto nelle aziende accorpate, una gomma “dura” è poco adatta; sarebbe più utile una copertura con carcassa flessibile e sensibile alla pressione di gonfiaggio, massima per la trazione, minima per i lavori di affinamento e la semina.

Sulle lavorazioni secondarie, sulle semine, concimazioni e diserbi, magari su terreni argillosi o limosi, la capacità di galleggiamento prevale sulla trazione

Un ragionamento assai diffuso invece fra le imprese agromeccaniche, che per certe trattrici prevede addirittura l’acquisto di un secondo treno di pneumatici (larghi o stretti, da terra o da strada), per coprire tutte le esigenze di impiego. La capacità di trazione è un elemento significativo, perché una gomma sbagliata, su una trattrice di grande potenza, ha un effetto economico più sensibile che su una adibita a traino stradale o a lavori con la presa di potenza. Sulle lavorazioni secondarie, sulle semine, concimazioni e diserbi, magari su terreni argillosi o limosi, la capacità di galleggiamento prevale sulla trazione: quando la ruota affonda oltre la profondità di semina si crea un danno permanente alla struttura del suolo.

Macchine semoventi e trainate

Questo aspetto viene preso in considerazione con sempre maggiore frequenza non solo per le macchine semoventi, ma anche per le trainate, che in alcune condizioni sono responsabili di gravi fenomeni di compattamento in campo. Questo vale soprattutto per i mezzi capaci di portare un carico o di distribuirlo in campagna, dai comuni rimorchi alle irroratrici, dagli spandiliquame o letame agli spandiconcime. Non si creda che il problema riguardi solo le trainate di ultima generazione, omologate in base alle norme europee e in grado di arrivare a ben 10 t per asse (50 quintali su una sola ruota!), ma anche a mezzi più vecchi e apparentemente insignificanti.

Uno spandiliquame con omologazione europea può scaricare al suolo la bellezza di 40 t, tuttavia in allestimento “premium”, con 8 pneumatici da 710 mm, ha una superficie di appoggio di oltre 2,6 mq (26.000 cm2), con un carico unitario di appena 1,5 kg/cm2. Un vecchio pianale con ralla a due assi, impiegato per caricare balle di fieno o sacchi di concime (14 t), con 2 pneumatici anteriori singoli e 4 posteriori gemellati da 10 pollici, ha una superficie di appoggio di soli 3.500 cm2: la pressione esercitata sul terreno sale a ben 4 kg/cm2.

Le ottime prestazioni, in termini di riduzione del compattamento, dello spandiliquame “Mother Regulation” contrastano con le apparenze: quanti piccoli agricoltori procurano danni permanenti ai loro campi, con attività apparentemente innocue come il carico delle balle di fieno. Chi vuole coltivare secondo i criteri dell’agricoltura conservativa non può prescindere dalla scelta di pneumatici adatti, ad alto indice di galleggiamento e bassa pressione: non è solo questa che sopporta il peso, ma contano anche il volume interno e le caratteristiche costruttive.

Chi vuole coltivare secondo i criteri dell’agricoltura conservativa non può prescindere dalla scelta di pneumatici adatti, ad alto indice di galleggiamento e bassa pressione

Se si punta alla durata, uno pneumatico a carcassa molto rigida o, come si diceva un tempo, con più tele, è in linea di principio più resistente di uno molto flessibile, seppure con qualche eccezione.

La flessibilità strutturale consente di allargare la base di appoggio e di ridurre il carico unitario al suolo, dando maggiore galleggiabilità; poiché la flessione comporta un lavoro e dissipa energia, la gomma si scalda di più in relazione alla velocità, che deve essere limitata. Gonfiando la gomma a pressione maggiore, si riduce l’entità della deformazione e con essa il lavoro necessario, limitando così il riscaldamento e avvicinandosi al comportamento di uno pneumatico più rigido, che tuttavia rappresenta la soluzione migliore per i veicoli che circolano su strada.

Se il rimorchio serve soprattutto per il trasporto, è preferibile una gomma rigida, con un battistrada direzionale in cui i pieni prevalgono rispetto ai vuoti; se l’utilizzo prevalente è in campo, prevale la soluzione più flessibile, con un battistrada più scolpito.


Pneumatici e circolazione stradale

Che le gomme non siano tutte uguali è ormai scontato, ma che siano proprio loro a limitare le prestazioni di veicoli lenti come le macchine agricole, non è un’idea altrettanto diffusa. Eppure, può capitare di trovare, su macchine in circolazione, pneumatici inadatti alle prestazioni del veicolo, o di quello che lo traina.

Le velocità massime raggiungibili da uno pneumatico sono definite dai codici riportati in tab. 1; per le macchine agricole si utilizzano oggi, in prevalenza, i codici A8, B, C e D. Ma sulle macchine più vecchie venivano talvolta montati pneumatici con caratteristiche inferiori: la marcatura “A6” non può superare la velocità di 30 km/h, e non può quindi essere trainata da una trattrice omologata a 40 km/h.

Le nuove trattrici dotate di omologazione europea possono raggiungere velocità ancora superiori (50-60 km/h) selezionando di conseguenza le macchine trainabili in condizioni di sicurezza.

Il fatto che i mezzi agricoli non possano superare, nella circolazione stradale, il limite di 40 km/h non ha influenza sulle caratteristiche minime delle gomme, esattamente come per tutte le altre categorie di veicoli, per i quali conta la velocità di omologazione e non il limite comportamentale.

I documenti di circolazione riportano sempre la velocità massima omologata per le trattrici e per le macchine agricole operatrici semoventi, ma non per quelle trainate e nemmeno per i rimorchi.

Questo vale anche per i rimorchi (categoria R) e le “attrezzature intercambiabili trainate” (categoria S) omologate secondo le norme europee: come regolarsi? A livello operativo bisogna verificare se il codice di velocità delle gomme montate sulla macchina trainata è compatibile con la velocità massima di omologazione di quella che traina, diversamente è consigliabile sostituire gli pneumatici alla prima occasione.

Non bisogna inoltre dimenticare che spesso questi sono soggetti a guasti – ovalizzazione, distacco del battistrada o cedimento strutturale – perché troppo deboli in relazione al carico: nella tab. 2 si riportano gli indici di carico, che hanno sostituito il vecchio riferimento al numero di tele.

Ai soli fini della circolazione stradale, l’indice deve corrispondere ad valore superiore al carico gravante sulla ruota in condizioni statiche (a fermo): tuttavia, nella scelta del tipo di pneumatico si consiglia di abbondare per tenere conto delle sollecitazioni dinamiche trasmesse dalla strada.

Pneumatici, scegliere è un obbligo - Ultima modifica: 2021-01-31T07:07:47+01:00 da Roberta Ponci

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