Le superfici destinate alla coltivazione della soia, localizzate pressoché esclusivamente nella Pianura Padana (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna), in linea torica dovrebbero registrare un ulteriore incremento. Le semine sono effettuate generalmente in epoca medio-tardiva, orientativamente da metà del mese di aprile a tutta la prima decade di maggio, senza dimenticare poi le presumibili ulteriori superfici destinate ai secondi raccolti dopo la trebbiatura dei cereali a paglia.
Nella maggior parte delle situazioni saranno da considerare le generalizzate emergenze delle specie graminacee sia a ciclo annuale, quali Echinochloa crus-galli, le differenti specie di Setaria e, in particolare nei suoli più leggeri ed in quelli organici, anche della più tardiva Digitaria sanguinalis, sia quelle delle sempre più preoccupanti infestazioni della perenne Sorghum halepense da rizoma, gestibile solo con applicazioni di post-emergenza con preparati ad azione specifica. Per quanto riguarda le malerbe dicotiledoni, la situazione può variare anche in relazione all’epoca di semina. In quelle più anticipate è possibile riscontrare anche con le ultime emergenze delle poligonacee a nascita più tardiva, quali Polygonum persicaria e lapathifolium e di alcune specie crucifere (Sinapis, Rapistrum).
Tuttavia, le tipiche infestanti della soia sono rappresentate dalle tradizionali amarantacee, solanacee, chenopodiacee, Portulaca e da pressoché tutte le malerbe ruderali e di sostituzione, quali Abutilon theophrasti, Bidens spp., Acalypha, Xanthium spp., Galinsoga, Ammi majus ecc. Al momento attuale risulta difficoltosa la gestione delle infestanti a ciclo perenne, quali Convolvulus arvensis e Cirsium arvense e addirittura irrisolvibili le problematiche causate da Equisetum spp., senza sottovalutare poi i problemi derivanti dalle sempre più invasive presenze di specie ciperacee.
Letto di semina e pre-emergenza
Rispetto agli anni d’oro di questa proteoleaginosa, quando la gestione delle infestanti era demandata esclusivamente ad applicazioni di post-emergenza, la tecnica più razionale attualmente prevede l’obbligatoria rivalutazione degli interventi preventivi con prodotti ad azione residuale. Ovviamente rimane determinante una oculata preparazione del letto di semina, mediante le definitive lavorazioni di affinamento o più frequentemente con applicazione di formulati a base di glifosate. Subito dopo le semine nella maggior parte delle situazioni diventano indispensabili gli interventi di pre-emergenza, individuando i principi attivi più adatti a risolvere le più diversificate situazioni di inerbimento.
Come ormai ribadito negli ultimi anni, l’attenzione si deve concentrare sulla eventuale presenza di popolazioni di Amaranthus non più pienamente sensibili o addirittura resistenti agli erbicidi di post-emergenza caratterizzati dal meccanismo d’azione ALS (imazamox e tifensulfuron-metile), individuando in metribuzin (Song 70 WDG, Feinzin 70 DF, Sencor 600 ecc.) e anche in metobromuron (Proman Flow, Praxim) le sostanze attive più efficaci. In abbinamento a metribuzin o a metobromuron si valorizzano gli impieghi dei preparati ad azione specifica sulle graminacee annuali, quali s-metolaclor (Dual Gold, Antigram Gold), caratterizzato anche di azione collaterale su Amaranthus, petoxamide (Mojang 600 ecc.) o flufenacet.
I numerosi formulati a base di pendimetalin possono diventare utili nelle aree storicamente infestate da solanacee e chenopodiacee, mentre per la gestione delle prime ondate di emergenza di Abutilon theophrasti diventa conveniente inserire ulteriormente anche il clomazone, disponibile sia da solo (Command 36 CS, Sirtaki, ecc.) che in formulazione pronta con pendimetalin (Alcance Syntec, Bismark, Stallion IT Syntec) e anche in diversificate confezioni compi-pack. Tutte le miscele ad applicazione preventiva sono fortemente condizionate dall’andamento pluviometrico nel periodo immediatamente successivo alla loro applicazione necessitando di precipitazioni significative (10-15 mm) orientativamente entro 10 giorni dai trattamenti).
Primo obiettivo: amaranto
Purtroppo anche nella scorsa primavera sono continuate le segnalazioni di popolazioni delle differenti specie di Amaranthus non più sensibili agli erbicidi di post-emergenza caratterizzati dal meccanismo d’azione ASL (imazamox e tifensulfuron-metile). Localizzate prevalentemente nelle regioni della Pianura Padana orientale, queste problematiche sono determinate da numerose specie, quali il tipico retroflexus, da A. hybridus e dal più “difficile” A. rudis o tuberculatus, caratterizzato da una velocità di sviluppo veramente impressionante. Ulteriori preoccupazioni sono poi determinate dalla prima segnalazione nel Padovano della presenza di un’altra specie di dimensioni imponenti, A. palmeri. Allo scopo di prevenire la diffusione di queste pericolose infestanti ed anche nelle situazioni in cui il problema è già conclamato, occorre mettere in atto tutte le soluzioni possibili, quali ad esempio la rivalutazione degli interventi di pre-emergenza, ponendo inoltre una particolare attenzione alla definizione della rotazione aziendale, evitando colture dove la gestione delle emergenze delle amarantacee è più difficoltosa, quali ad esempio barbabietola da zucchero, girasole e colture orticole in generale.
Attenzione al “solo post”
La strategia “solo post”, lungamente adottata in tutte le aree vocate alla coltivazione della soia, rimane ancora valida nelle poche zone dove non sono state segnalate popolazioni di amarantacee non più sensibili ed anche e nelle semine tardive di secondo raccolto dopo cereali a paglia. I classici trattamenti di post-emergenza diventano poi necessari per completare l’incompleta efficacia degli interventi preventivi.
La storica miscela base di post-emergenza è rappresentata da imazamox (Tuareg New, Pulsar Evo, ecc.) con addizionata di tifensulfuron-metile (Harmony 50 SX, ecc.) che, in situazioni normali, è in grado di controllare amarantacee non resistenti, poligonacee, solanacee, crucifere, composite ed ombrellifere, nonché Abutilon theophrasti, Ammi majus e altre specie ruderali. L’utilizzo del bentazone, disponibile sia da solo (Basagran SG, ecc.) che in miscela formulata con imazamox (Corum) si presta a migliorare il controllo delle popolazioni di Amaranthus resistente, purchè con trattamenti molto anticipati (2-4 foglie vere dell’infestante) e di completare l’efficacia degli altri principi attivi su P. persicaria e lapathifolium, Chenopodium, Portulaca e anche Abutilon. In situazioni applicative favorevoli, è in grado di esercitare anche un ottimale, seppur temporaneo, controllo di Cyperus.
Ritornando alla gestione delle popolazioni di Amaranthus resistenti, con particolare riferimento alla specie tuberculatus, diventano indispensabili trattamenti molti precoci con bifenox (Valley ecc.), efficace anche su altre malerbe dicotiledoni, quali ad esempio Portulaca oleracea. Il fattore determinate, anche in questo caso, è l’intervento su infestanti non oltre lo stadio di 4 foglie vere, dovendo sopportare temporanee, ma in alcuni casi evidenti, fitotossicità, che generalmente scompaiono nel giro di un paio di settimane. Bifenox, oltre all’azione fogliare, si caratterizza anche per una spiccata azione residuale, fornendo quindi un’attività prolungata nel tempo.
Interventi specifici
In caso di infestazioni specifiche di specie graminacee con interventi di post-emergenza, sono disponibili numerosi principi attivi e differenti formulati generalmente molto efficaci, con il consiglio di evitare dosaggi minimi di etichetta, per evitare anche in questo caso la selezione di popolazioni di malerbe resistenti, come già segnalato per Digitaria sanguinalis e, cosa molto più preoccupante, anche per la perenne Sorghum halepense. Le sostanze attive cosiddette “fop” (propaquizafop quizalofop-etile isomero D+, quizalofop-p-etile e fluazifop-p-butile) in linea generale risultano efficaci su E. crus-galli e S. halepense, mentre i “dim” (ciclossidim e cletodim), oltre alle specie prima elencate, possono esercitare risultati più completi sulle differenti specie di Setaria e soprattutto nei confronti di D. sanguinalis. Al fine di limitare l’eventuale incremento dei possibili fenomeni fitotossici e massimizzare l’attività erbicida sarebbe opportuno svincolare l’utilizzo di questi graminicidi specifici dalle applicazioni di post-emergenza indirizzate per il controllo delle infestanti a foglia larga.
Vincoli legislativi
Oltre alle difficoltà che si incontrano nella individuazione delle innumerevoli linee di diserbo più adatte a ogni situazione, sono poi da considerare anche i vincoli legislativi imposti dai Disciplinari di Produzione Integrata delle differenti regioni, che tuttavia negli ultimi anni si sono quasi perfettamente allineate. Partendo dalle applicazioni di pre-semina, occorre una particolare attenzione ai quantitativi di glifosate utilizzabili per singola azienda, pari a 2 l/ha di un formulato contenente 360 g/l di principi attivo per ogni ettaro di colture non arboree. Per quanto riguarda s-metolaclor, diventa indispensabile valutare attentamente le colture poste in rotazione, in quanto questo principio attivo può essere utilizzato al massimo una volta ogni 2 anni sullo stesso appezzamento, indipendentemente da che venga applicato su mais, sorgo, pomodoro, girasole e soia. Passando agli erbicidi di post-emergenza, bentazone può essere utilizzato una volta ogni 2 anni in caso di coltivazione di sorgo, soia ed erba medica e analoga è la situazione per bifenox, anch’esso impiegabile al massimo una volta ogni 2 anni indipendentemente dalla coltura su cui è applicato.
Esempi di strategie di intervento
Gli erbicidi a disposizione