La discussione del decreto di modifica di numerosi articoli del codice della strada ha superato nei mesi scorsi l’esame della Camera dei deputati ed è approdata al Senato, che ha rigettato gran parte dei numerosissimi emendamenti presentati, con la prospettiva di completare i lavori entro novembre. Fra i tanti interventi previsti, una quota importante riguarda gli utenti più deboli, come pedoni, ciclisti e i piccoli veicoli (monopattini, ma non solo) protagonisti di una “micromobilità elettrica”, che manifesta un’alta percentuale di incidenti, subiti e creati da mezzi non assicurabili. L’Italia, sulla spinta della visione falsamente ambientalista che aveva dominato lo scorso decennio, ha modificato (male) il territorio e le infrastrutture stradali, creando piste ciclabili prive di barriere a difesa dei ciclisti, col risultato che gran parte di esse sono inutilizzabili perché pericolose.
Dalla guida in stato di ebbrezza ai neopatentati
Il disegno di legge 1186 si apre con una stretta sui conducenti già condannati per guida in stato di ebbrezza con grado alcolemico superiore a 0,8 g/l, sulla cui patente (una volta restituita) verranno annotati i codici 68 (no alcool) e 69 (obbligo di guida dei soli veicoli con “alcolock). Sempre sul tema della guida in stato alterato vengono semplificate le modalità di accertamento, pur nel principio della tutela dell’integrità della persona; in caso di positività ai primi accertamenti la patente può essere sospesa per un massimo di 10 giorni. Altra stretta è prevista a carico di chi abbandona animali: un provvedimento giusto a tutela degli stessi e della sicurezza della circolazione, perché l’impatto con un animale randagio, o le manovre evasive per evitarlo, sono spesso causa di incidenti. Il nuovo testo inserisce la sanzione amministrativa accessoria della “sospensione breve” della patente (fino a 7 giorni), che “premia” il conducente che possiede ancora almeno 10 punti; i giorni salgono a 15 per chi ha meno di 10 punti.
A favore degli utenti più deboli si colloca un’interessante iniziativa di educazione stradale, curata sia dalla scuola secondaria, sia dagli istituti di formazione professionale e dalle autoscuole; sarebbe auspicabile che i decreti attuativi contenessero una parte dedicata al comportamento da adottare quando si incontrano o incrociano veicoli lenti, come le macchine agricole.
Particolare attenzione è stata dedicata, fin dal progetto originario, alla riforma delle regole per i neopatentati, con la modifica dei limiti di potenza: massimo 75 kW per tonnellata (102 hp) con un massimo di 105 kW (143 hp) per le sole automobili (e quindi non per i veicoli commerciali). È prevista inoltre la riduzione a 18 anni del limite minimo per la conduzione di veicoli per il trasporto di persone (rispetto all›attuale limite di 21), ma solo se la patente è accompagnata dalla Cqc iniziale, con partecipazione a un corso di 280 ore. Non manca un articolo sull’accertamento delle violazioni alle norme effettuata con strumenti automatici, chiara risposta del legislatore alla lunga vicenda dei ricorsi sugli Autovelox e su cui il decreto ministeriale pubblicato il 28 maggio scorso avrebbe dovuto mettere la parola fine.
Micromobilità
Vera novità è l’introduzione dell’art. 80-bis, che regolamenta le campagne di richiamo già oggetto di intervento da parte di molti costruttori di veicoli (autovetture, autocarri e loro rimorchi), quando gli stessi potrebbero comportare rischi non previsti, con apposite misure correttive. Il titolo III del disegno di legge è interamente dedicato alla micromobilità e va a modificare la legge 160 del 2019 che aveva aperto le porte a monopattini e bici elettriche. Le nuove norme riguardano la costruzione dei mezzi (esistono bolidi, non omologati, da 100 km/h), la loro identificazione univoca e il loro impiego, a partire dalle norme di comportamento durante la circolazione, fino all’assicurazione per la responsabilità civile.
Ma la micromobilità non interessa solo i monopattini: da qualche anno sembra essere scomparsa ogni regola del vivere civile che il decreto si prefigge di ripristinare, con norme precise per la circolazione delle biciclette e dei mezzi similari, a tutela dei pedoni e degli altri utenti della strada. Altre norme in arrivo riguardano i passaggi a livello, le segnalazioni, le misure per il contrasto alla circolazione contromano e per la regolamentazione della sosta e delle limitazioni alla circolazione, che sono fra i principali problemi dei centri urbani.
L’articolo 29 e le macchine agricole
Una sezione specifica è dedicata ai veicoli e fra questi (art. 29) alle macchine agricole, sostituendo completamente la definizione che ne dà l’art. 57, un’operazione discutibile che gli agromeccanici hanno più volte criticato, perché potrebbe creare difficoltà al settore agricolo. La modifica sembra essere frutto di una iniziativa volta a limitare l’impiego delle macchine agricole alle sole attività agricole, così come sono state definite dal codice civile all’art. 2135: definizione che contrasta però con quella stabilita in sede comunitaria. Si rischia infatti di avere macchine con omologazione europea come trattori agricoli e forestali, rimorchi agricoli e attrezzature intercambiabili trainate (secondo la Mother Regulation) che in realtà non possono essere classificati come macchine agricole, e viceversa.
Lo spirito della norma è del tutto comprensibile e giustificabile: si vuole reprimere il diffuso ricorso a trattori e rimorchi agricoli per effettuare trasporti che agricoli non sono, per esempio da parte di imprese del settore edile, un fenomeno particolarmente diffuso. In questo caso l’artigiano edile modifica l’iscrizione alla Camera di commercio, inserendo il codice 01.61.0 (che identifica gli agromeccanici veri), dopo di che si intesta un trattore e un rimorchio e si porta a zonzo escavatore, pala, betoniera, rullo e attrezzature da cantiere, oltre ai materiali edili.
Il sistema sta in piedi, molto probabilmente, perché le forze dell’ordine sono impegnate in attività più impegnative, come il mantenimento dell’ordine pubblico o il contrasto alla criminalità, e non hanno il tempo e le risorse per perseguire anche illeciti amministrativi come quelli descritti. L’impiego “non agricolo” di macchine agricole consente di evitare di dover acquistare e mantenere un autocarro, soggetto a iscrizione all’albo degli autotrasportatori, a qualificazione del conducente e patenti superiori, al collaudo annuale, alla tassa di possesso e a costi di assicurazione più pesanti. Una “scorciatoia” che ha finito per attirare l’attenzione del legislatore: il riferimento alle attività indicate dal Codice Civile introduce un requisito oggettivo, che rafforza quanto richiesto dall’art. 110, riguardo alle figure che possono intestarsi una macchina agricola.
Una curiosità – di cui non è facile comprendere l’utilità – è la previsione che le macchine agricole possano essere utilizzate per il trasporto di ospiti del turismo rurale: un trasporto oltremodo scomodo ma che evidentemente interessa qualcuno che può vantare illustri amicizie. La parte finale del decreto promette l’emanazione di una serie di decreti per il riordino del sistema sanzionatorio, che dovrà essere impostato sul criterio della progressività e dell’efficacia, con particolare riguardo alle sanzioni amministrative accessorie.
Macchine agricole eccezionali
Un caso tipico, che interessa le macchine agricole eccezionali, è quello della circolazione in condizioni diverse da quelle dell’autorizzazione, punita con una sanzione eccessiva: sospensione della patente da 15 a 30 giorni e ritiro della carta di circolazione da 1 a 2 mesi. In questo senso non c’è differenza fra chi ha chiesto il permesso e chi non lo ha chiesto: il mezzo è autorizzato, ma non rispetta quanto prescritto per la configurazione, il percorso, le segnalazioni o altre caratteristiche ancor meno significative, come la distanza del veicolo di scorta. In questo senso sarebbe indispensabile graduare le sanzioni in base alla reale gravità e pericolosità per gli altri utenti della strada, e non per mancati adempimenti che non hanno alcun effetto pratico. Anzi, più che la sospensione della patente si potrebbero applicare le decurtazioni di punti, che hanno un effetto deterrente ben più efficace perché ipotecano il futuro, senza compromettere i diritti sacrosanti di chi, per causa di lavoro, si trova limitato nei suoi comportamenti personali.
ROTATORIE E DIVIETI, LE REGOLE CI SAREBBERO...
Il discorso potrebbe estendersi alle rotatorie che costellano le nostre strade e spesso creano solo punti di flesso con lo scopo di rallentare i mezzi veloci: sono certamente più efficaci dei dossi ma creano intralcio ai veicoli di uso professionale (autocarri e macchine agricole). Molte rotatorie sono state costruite in barba alle istruzioni ministeriali – il decreto è del 2006 – che precisano misure, raggi di curvatura, larghezza delle corsie e profilo del rilevato centrale per consentire il passaggio a tutti i veicoli che si inscrivono nella fascia di ingombro. Questa stabilisce le misure massime che possono avere i veicoli per potere essere omologati: anche le macchine agricole eccezionali, fra i più grandi veicoli in circolazione, vengono testate su una pista di prova per verificare se rientrano nei limiti.
Questo spiega, per esempio, perché sui documenti di circolazione delle macchine agricole di
dimensioni eccezionali viene indicata la lunghezza massima di un eventuale convoglio, qualora si trainasse un rimorchio o, nel caso della mietitrebbia, il carrello per la barra di raccolta. La fascia di ingombro, una corona circolare con diametri, esterno e interno, rispettivamente di m 25 e di m 12,60, dovrebbe servire da modello per costruire le strade extraurbane, anche se ci sono casi (come certe strade secondarie o di montagna) che non ci arrivano. Il decreto ministeriale prevede pertanto che, se le rotatorie sono di diametro troppo piccolo, come può accadere nei centri abitati, devono avere la parte centrale priva di ostacoli fuori terra per poter essere facilmente sormontabile senza danneggiare il veicolo che vi transita.
I comuni si sono spesso sbizzarriti a creare rotatorie o strettoie tali da obbligare un veicolo veloce (auto o moto) a rallentare e diminuire la sua potenziale pericolosità; lodevole tentativo, almeno nelle intenzioni, ma la strada deve consentire il transito a tutti. Invece, a forza di stringere, queste strozzature si rivelano insuperabili da parte dei mezzi pesanti, anche adibiti a pubblici servizi, come la raccolta di rifiuti o il trasporto urbano: in certe situazioni si fatica a passare anche con mezzi leggeri, come furgoni o ambulanze. La stessa Confederazione ha dovuto intervenire in più occasioni, direttamente o attraverso le sue associazioni provinciali, per ricordare ai comuni le regole costruttive e per evitare che canalizzazioni e rotatorie intralciassero il traffico di chi deve andare a lavorare.
È superfluo aggiungere che, mentre una limitazione di traffico per l’autotrasporto pesante può essere aggirata percorrendo una circonvallazione (inquinando però assai di più), la macchina agricola che deve lavorare su un fondo accessibile solo dalla strada chiusa non ha alternative.
Ricordiamo che in alcune regioni il transito delle macchine agricole eccezionali è ammesso solo sul reticolo stradale che i comuni hanno indicato alla regione come percorribili e sono richiamate sui permessi di circolazione: si raccomanda di leggerli bene per non incorrere in sgradite sorprese.