A dispetto delle innumerevoli previsioni di fine d’anno su possibili ripensamenti da parte del governo, la fattura elettronica è realmente partita, nonostante le polemiche sui media.
Senza nulla togliere all’attuale esecutivo, è bene chiarire che la fattura elettronica fra privati è una delle tante eredità della precedente legislatura, essendo stata introdotta dalla legge di bilancio di fine 2017; ed è altrettanto giusto ricordare che il varo dell’agenda digitale – da cui discende la fattura elettronica – fu salutato come un progresso anche dalle forze politiche che ora alzano la voce. Sgombrato il campo da ogni equivoco, è opportuno aggiungere che le imprese “vere” non hanno nulla da temere da questo diverso modo di adempiere ai propri doveri, in quanto aiuta a contenere l’evasione fiscale. Come detto in altre occasioni, però, non è un fucile puntato: se due amici si mettono d’accordo per farla in barba al fisco e prendono le opportune precauzioni, rimane assai difficile scoprirli.
Ma che cosa è una fattura elettronica? In realtà contiene gli stessi dati scritti su una normale fattura cartacea, ma “tradotti” in un linguaggio digitale, in modo che chi ha bisogno di leggerli, e ne ha il diritto, lo possa fare senza rischio di errore. Fra costoro c’è sicuramente il destinatario del documento, c’è chi gli tiene la contabilità (consulente o associazione) e c’è infine anche la macchina del fisco, che può vedere non solo “quanto” è stato fatturato, ma anche “cosa”. Lo scopo dichiarato della pubblica amministrazione è quello di contrastare il fenomeno delle fatture emesse solo per farsi pagare dal cliente, e quindi cestinate e non registrate in contabilità. In una prospettiva futura (ma non troppo, considerati i progressi nello sviluppo dell’intelligenza artificiale) il fisco potrà capire se le spese riguardano davvero l’attività svolta o, nella peggiore delle ipotesi, se una fattura è un falso, contabilizzato solo per pagare meno tasse.
Come recapitarla al destinatario
Affinché la fattura elettronica possa essere recapitata direttamente al destinatario, pur restando sempre visibile al fisco, è stato necessario costruire una piattaforma informatica (il Sistema di interscambio, o SdI) che riceve i documenti e li trasmette a chi di dovere, e solo a loro. È importante premettere che la fattura elettronica è valida solo dopo che il sistema di interscambio l’ha verificata; in caso di errori, il contribuente riceve una comunicazione (entro 5 giorni) e deve quindi riemettere la fattura. I programmi commerciali per la fatturazione elettronica permettono di ridurre al minimo il rischio di errori, e di scarti da parte del SdI; il contribuente deve inoltre dare un indirizzo personale di posta elettronica certificata (Pec), ove ricevere le fatture, ovvero delegare un intermediario.
L’impiego della posta certificata non è molto pratico, perché se è vero che attesta con certezza la ricezione della fattura elettronica, non ci protegge dal rischio di dimenticarci di scaricare e registrare il documento in contabilità. In alternativa, è possibile chiedere all’Agenzia delle entrate un codice di identificazione personale (detto codice univoco) che consente il recapito diretto di tutte le fatture che ci interessano, una volta che abbiano superato la validazione da parte del SdI. Il suddetto codice deve essere comunicato a tutti i propri fornitori, in modo da consentirci di ricevere le fatture; allo stesso modo bisogna richiedere a ciascun cliente il relativo codice univoco, per consentirgli di ricevere tempestivamente le nostre fatture. Il codice univoco può anche appartenere a un soggetto collettivo (consulente, associazione o società di servizi) che interviene quindi come una sorta di “casella virtuale”, dalla quale le fatture vengono automaticamente smistate ai singoli destinatari, accreditati tramite delega.
Nonostante ogni accesso ai documenti sia sempre tracciabile, il garante per la protezione dei dati personali ha ritenuto opportuno limitare la leggibilità dei dati al solo destinatario, se riguardano aspetti legati a procedimenti giudiziari o al suo stato di salute; in tal caso nemmeno il fisco può accedere ai dati di carattere personale, ma solo a quelli che hanno rilevanza fiscale (esempio, imponibile, Iva o altre imposte indirette).
I pochi esentati dall’obbligo
Chi è esonerato dall’obbligo di emettere fattura solo in formato digitale? In pratica, i casi di esclusione sono pochissimi:
- contribuenti che si avvalgono di regimi contabili speciali, come quello forfetario;
- gli agricoltori esonerati dalla tenuta delle scritture contabili;
- gli agricoltori che conferiscono i propri prodotti ad una cooperativa agricola; in questo caso la fattura elettronica è emessa dalla cooperativa, a nome dei soci conferenti;
- operazioni emesse nei confronti di imprese estere (Ue o extra Ue).
Quando si deve emettere fattura nei confronti di un privato (senza partita Iva) o di un agricoltore esonerato, privi del codice univoco, l’agromeccanico dovrà compilare la relativa casella indicando 7 zeri e stampare la fattura, già inviata al SdI e validata, su carta e consegnarla al cliente; se questo ha un indirizzo di posta elettronica si può inviarla con questo mezzo, avvertendo il cliente che può comunque consultare il documento in formato digitale sul sito dell’Agenzia delle entrate. È bene precisare che ogni fattura elettronica, emessa o ricevuta, deve essere conservata a termini di legge, garantendo che il file originale possa essere letto anche a distanza di anni, senza il rischio di essere accidentalmente distrutto, sottratto o reso illeggibile. Non basta quindi la semplice memorizzazione sul proprio computer, che potrebbe rompersi, essere sostituito, rubato o violato da un pirata informatico: i principali programmi per la fatturazione svolgono anche questa funzione, avvalendosi di memorie sparse per il mondo in modo da rendere minimo il rischio di distruzione o perdita dei dati.