La storia aziendale che raccontiamo su questo numero è molto, molto diversa da quelle che siamo soliti riportare in queste pagine. È infatti la storia di un’azienda che nel giro di sei anni ha radicalmente cambiato il proprio modo di lavorare, trasformandosi da una generica realtà agromeccanica in ditta iper-specializzata in un unico settore: quello della concimazione organica.
Non è la prima volta che capitiamo dalle parti di Spresiano (Tv), dove vivono e lavorano i fratelli Baseggio. Flavio e Sergio Baseggio – quest’ultimo affiancato dal figlio Filippo – mandano avanti l’azienda fondata nel 1958 da Bruno, padre degli attuali titolari e che ancora dà una mano. Li visitammo, per la precisione, 12 anni fa, raccontando una realtà abbastanza tradizionale: lavori agricoli di vario tipo, macchine da raccolta, trattori e attrezzature. Già allora, tuttavia, i due fratelli ci raccontarono di avere in corso una riflessione profonda sul loro futuro. «Vorremmo specializzarci nel ciclo dei liquami, digestato in particolare. È una cosa che stiamo valutando»: queste, a grandi linee, le parole che raccogliemmo nel 2012. Quell’intenzione non è rimasta sulla carta e tornando a Spresiano, nel dicembre scorso, abbiamo trovato un’azienda radicalmente diversa: monotematica e specializzata al punto da costruirsi da sola gli attrezzi di cui ha bisogno, per meglio realizzare la propria idea di distribuzione intelligente dei reflui organici.
Sei anni rivoluzionari
Riassumiamo, grazie alle parole di Flavio, le tappe di questo percorso. Come abbiamo scritto, fino al 2012 quella dei fratelli Baseggio era una normale realtà agromeccanica. «Iniziammo a ragionare su reflui e digestato nel 2011, con l’obiettivo di mettere a frutto l’importante valore aggiunto di questi sottoprodotti. Pochi mesi dopo allestimmo la prima botte in vetroresina. Seguita, nel 2014, da una seconda botte trainata per campo aperto e dalla prima botticella per distribuire nei vigneti. Nel 2016 realizzammo un mezzo da trasporto, con proboscide centrale orientabile, partendo da un rimorchio industriale e da una cisterna per il trasporto ferroviario di latte. Nel 2018 arrivò il secondo carro-botte per vigneto e l’anno successivo iniziammo a ragionare su un semovente che ci permettesse di lavorare su mais già ben sviluppato. Lo realizzammo l’anno successivo ed è ora un nostro punto di forza».
Oggi, a inizio 2024, i Baseggio sono titolari di un’azienda che fa soltanto gestione dei reflui e del digestato. Hanno venduto tutti gli attrezzi, trinciacaricatrice compresa, e lavorano con quattro trattori, due botti da una dozzina di metri cubi più un semovente per il campo aperto e due botti da 7 metri cubi per vigneti e frutteti. In aggiunta, cisterne a tre assi per il trasporto dei reflui. Unica attività alternativa è la gestione del vigneto. Una quindicina di ettari avuti in gestione. «Per il resto, la distribuzione dei reflui – prosegue Flavio – impegna noi e tre dipendenti per dieci mesi l’anno. Si parte a febbraio con la fertilizzazione dei triticali in copertura, poi viene il mais in pre-semina, quindi il primo intervento su vigneto, la copertura sui cereali, il mais in fioritura e successivamente la presemina sui secondi raccolti di mais. Infine, la preparazione per le semine dei cereali autunno-vernini e un altro trattamento sui vigneti». L’area di lavoro va da Ferrara a Maniago (Pn), coprendo un raggio di 75 chilometri verso Nordest e 150 verso Sudest rispetto alla sede aziendale. «Motivo per il quale – interviene Sergio – abbiamo dovuto organizzare bene anche la logistica: le macchine restano fuori per giorni e abbiamo quindi dovuto cercare un servizio di assistenza che ci permettesse di ripararle su una vasta area. È anche per questo motivo che siamo passati dal gruppo Sdf a una collaborazione con la concessionaria John Deere di Bassan: una realtà che, grazie alle sue dimensioni e alla rete di officine sparse sul territorio, è in grado di seguirci ovunque noi siamo».
La collaborazione si è concretizzata nel 2023 con l’acquisto di quattro macchine: un 6250, due 7530 e un 6530. «Abbiamo scelto macchine usate per contenere i costi e perché per questo tipo di lavoro non ci serve un’altissima tecnologia. Non ancora, almeno. Il carico di lavoro, al contrario, è notevole: su ciascun trattore facciamo almeno mille ore l’anno. Il primo è arrivato nel febbraio scorso, l’ultimo a ottobre. Tra qualche mese, quindi, vedremo come si comportano davvero».
Attrezzi fai da te
Se per i trattori sembra funzionare la partnership con John Deere, in materia di attrezzature i Baseggio si sono affidati alla loro abilità di fabbri. «Lo abbiamo fatto in parte per risparmiare, ma soprattutto perché avevamo un’idea ben precisa di come dovesse essere la nostra botte per liquami ideale. La prima l’abbiamo costruita partendo da una vecchia Bertuola da 12,5 metri cubi, che abbiamo completamente rifatto. Ha la cisterna in vetroresina, le gomme strette per lavorare nell’interfila del mais e l’assale sterzante. Pesa, completa di sarchiatore con sistema di iniezione dei liquami, 51 quintali, tanto che fino a pochi anni fa la tiravamo con un Fendt 312». Anche il secondo carrobotte è stato costruito su uno schema. La cisterna per il trasporto su strada, come abbiamo visto, è stata realizzata invece utilizzando materiale da trasporto pesante. Più complessa la costruzione del semovente. «Siamo partiti da un prototipo, che abbiamo rifatto completamente: telaio, idraulica, cisterna e cabina. La prima, sempre in vetroresina, ha una capacità di 11 metri cubi, mentre la cabina è un abitacolo Claas. Per il motore, infine, abbiamo usato un 6 cilindri John Deere. La sua caratteristica è l’altezza da terra: due metri, sufficienti a lavorare su mais in fioritura e oltre. Abbiamo trattato campi con prodotto alto 2 metri e mezzo, senza danneggiarlo. Con un trattore non ci saremmo mai riusciti. Tutti i mezzi – precisa il contoterzista – sono naturalmente omologati per viaggiare su strada, con tanto di allegato tecnico e tutto ciò che serve».
Uno dei vantaggi delle botti autoprodotte è la leggerezza. Un altro è la possibilità di adottare soluzioni inusuali per la realtà italiana, come la pompa volumetrica. «Tutte le botti montano pompe a lobi e non hanno, quindi, il vuoto nella cisterna. Ciò permette di usare materiali leggeri come la vetroresina, ma anche di adottare soluzioni come il carico attraverso un portello posto sul retro delle botti. La proboscide, quindi, è soltanto sulle botti di caricamento e non su quelle di distribuzione. Detto ciò – aggiunge Flavio Baseggio – qualche volta sentiamo la mancanza del depressore, che è più semplice da gestire in aziende in cui ci sono problemi di caricamento o prodotti contenenti detriti».
I Baseggio hanno realizzato in officina anche le attrezzature, come la sarchiatrice da otto file con distribuzione centrale dei reflui oppure l’estirpatore per la presemina. «Mentre la maggior parte di questi attrezzi ha le calate sulle ancore, il nostro scarica il digestato davanti alle ancore, su tutta la larghezza dell’attrezzo, compiendo un lavoro più uniforme. Abbiamo infine costruito un coltivatore con ancore Michel che lavora fino a 40 cm di profondità, unendo preparazione e concimazione». L’aratro, chiosa Flavio, è stato venduto anni fa.
Verso il dosaggio variabile
«Abbiamo fatto tutto questo con l’idea di valorizzare i fertilizzanti organici. Quando iniziammo, andammo in Germania, per vedere come lavoravano da quelle parti. Erano avanti di un decennio rispetto a noi. Ci siamo così fatti un’idea molto precisa su come dovrebbe essere gestito il refluo organico e tornati in Italia abbiamo cercato di spiegarla ai nostri clienti. Ci abbiamo messo sette anni per far passare certi concetti e c’è voluta l’impennata dei prezzi del concime per far capire che i reflui sono preziosi e devono essere valorizzati al meglio». Forti delle loro idee, i Baseggio hanno completamente abolito la concimazione minerale. «I vantaggi sono evidenti, sia in campo aperto sia nei vigneti. Qui anzi abbiamo avuto i risultati migliori: terreni impoveriti da decenni di sfruttamento e concimazione minerale stanno pian piano recuperando la sostanza organica. Sono più freschi, resistono meglio agli stress e sostengono la produzione dandole maggior qualità».
La strada, insomma, sembra ormai tracciata e la famiglia Baseggio è intenzionata a percorrerla senza ripensamenti. «Non credo che torneremo indietro. Anzi, continueremo a specializzarci in questo settore, che a nostro avviso ha grandi potenzialità».
Digitalizzazione in arrivo
Finora i Baseggio non hanno affrontato il tema di Agricoltura 4.0, ma presto lo faranno. «Il prossimo passo, appena avremo fondi e competenze sufficiente, sarà la digitalizzazione, con l’adozione di guide satellitari e sistemi Nir sulle botti, per fare una distribuzione ancora più precisa e sfruttare al meglio il potenziale fertilizzante del digestato. Stiamo anche ragionando su lavorazioni alternative come lo strip tillage, ma per questa zona è forse presto. Ci sembra una soluzione molto valida, soprattutto per i secondi raccolti, perché unisce una corretta gestione del fertilizzante e la velocità di lavorazione. Non dico che si vada al passo della trincia, ma quasi. Il problema è che l’agricoltore medio ancora non conosce lo strip tillage e se vogliamo che sia un’attività remunerativa per noi è necessario che siano i clienti a chiederla. Comunque, pian piano ci arriveremo, così come siamo arrivati a far capire che, nonostante costi molto di più, conviene interrare i reflui con attrezzature specializzate piuttosto che spararli in campo col piattello deviatore».