«Di noi possono dire tutto tranne che mettiamo i nostri interessi davanti a quelli dei clienti. Noi siamo gli ultimi a trebbiare il nostro grano, ad arare e concimare i nostri campi ecc., perché le esigenze dei nostri clienti agricoltori vengono prima di tutto. Al cliente devi fornire un servizio, devi risolvere i problemi che ha nella sua azienda: non so se questo è il “segreto” per rimanere sul mercato, ma è comunque la base di tutto».
Lorenzo Ferrarini in quel di Mirandola in provincia di Modena, ha le idee chiare su come far funzionare la sua azienda. E dal momento che parliamo di un’azienda storica, avviata negli anni anni 60 da suo padre Orazio Mario e suo zio Gianni e poi gestita da lui a partire dal 1980, che ancora dà soddisfazioni, possiamo affermare che abbia adottato la strategia giusta. Attualmente l’assetto societario vede Lorenzo Ferrarini come impresa individuale e attività conto terzi, suo fratello Paolo Ferrarini come impresa individuale e azienda agricola, e sua figlia Silvia Ferrarini che ha fatto un primo insediamento circa un anno fa dopo aver lasciato il suo lavoro di tecnologa alimentare per dedicarsi a un ramo particolare della produzione dell’azienda agricola. Parliamo dei grani antichi (in particolare Senatore Cappelli), con cui producono la loro pasta, e del mais nostrano di Storo con cui producono farina per polenta, gallette e snack di mais. Da tre anni è iniziata anche la produzione di vini da uve di Pignoletto, Ancellotta e Lambrusco Salamino, che Silvia gestisce insieme alle sorelle Valeria e Federica. Silvia comunque aiuta regolarmente il padre anche nell’attività conto terzi, soprattutto nella gestione delle tecnologie moderne che oggi si applicano alle macchine e nella parte amministrativa.
Fin dagli inizi un servizio a 360 gradi
Quando Orazio Mario e Gianni Ferrarini iniziarono a fare i contoterzisti, lavoravano principalmente per la Mon Jardin, una ditta belga che lavorava ortaggi, fagiolini, piselli, mais dolce, gestendo in toto i loro terreni (negli anni 70 furono tra i pochi a comperare anche quattro Supercoltivatrici Cantone, macchine in grado di effettuare preparazione del terreno, concimazione, semina e diserbo in una volta sola). In parallelo è nata anche l’azienda agricola, partendo dai campi di proprietà dei nonni, che oggi arriva a contare 150 ettari, coltivati per lo più a seminativi (a parte 10 ettari di vigneto). Nell’ambito dell’azienda agricola i i Ferrarini hanno il percorso di filiera di cui si parlava prima, che quest’anno riguarda grano tenero e sorgo alimentare, «perché – precisa Lorenzo – con i nostri prodotti non riusciamo a competere come prezzi con quelli esteri, per cui ci concentriamo su prodotti che servono solo al mercato nazionale, hanno un qualche valore aggiunto e ti consentono di spuntare quei 30-50 euro a tonnellata in più».
L’attività conto terzi invece copre mediamente 600 ettari e riguarda tutte le operazioni dalle lavorazioni alla raccolta (esclusa la trinciatura) su grano (400 ettari nel 2023), mais, grano saraceno, soia, colza (150 ettari nel 2024) e bietola da seme. «Abbiamo preso in mano diverse aziende che seguiamo dalla A alla Z – spiega Lorenzo – concordiamo insieme le varie operazioni, loro ci forniscono i mezzi tecnici e noi partiamo. Seguiamo anche delle aziende zootecniche, che così si possono concentrare sulla loro attività e noi facciamo lavorare le nostre macchine, permettendoci allo stesso tempo un know-how di ultimo grido. Ultimamente effettuiamo anche trinciatura degli stocchi di mais e sorgo, insomma spazio per crescere ce n’è ancora, ma si fatica a trovare personale, che comunque va formato e deve lavorare tutto l’anno, altrimenti scappa via. Noi abbiamo cinque dipendenti, ma siamo sempre tirati con le cose da fare».
Parco macchine di tutto rispetto
Parlando di macchine all’avanguardia, i Ferrarini hanno a disposizione una discreta flotta, «anche se per acquistare macchine nuove, ormai devi sempre aspettare l’incentivo, perché i prezzi sono diventati insostenibili e non si riesce ad ammortizzarle». Nei loro capannoni troviamo due mietitrebbie John Deere (una CTS 9780i e una S770 cingolata, «ma quest’anno ne abbiamo preso una terza a noleggio, altrimenti non riuscivamo a star dietro a tutte le richieste»), una dozzina di trattori da 30 fino a 410 cavalli, vari rimorchi e dumper, una irroratrice semovente Mazzotti, un paio di spandiconcime Amazone di cui uno a rateo variabile, seminatrici (di cui due da sodo), aratri, tutte le attrezzature per la fienagione, diversi rotoloni per l’irrigazione del mais ecc. L’ultimo acquisto è stata la mietitrebbia John Deere S770, quest’anno giunta alla seconda stagione, e nel mirino adesso c’è un trattore di media potenza, «sempre perché il lavoro aumenta ed effettivamente un trattore in più è necessario – motiva Ferrarini – ma ogni anno capita sempre qualcosa: per esempio l’anno scorso abbiamo acquistato una seconda seminatrice da sodo (John Deere), una seminatrice di precisione a sei file, un ranghinatore... insomma, c’è sempre qualcosa che serve».
Le difficoltà del mestiere
Torniamo all’attività conto terzi e chiediamo a Ferrarini qual è, a parte il reperimento di manodopera, la difficoltà più grossa oggi? «È che si lavora per una categoria di persone (gli agricoltori) che non guadagnano – risponde amareggiato Lorenzo –. Forse se trovi qualche allevatore, la situazione è migliore, ma in linea di massima gli agricoltori non guadagnano. E non guadagnando, non spendono. Così cominciano a rinunciare all’aratura, a una concimazione, a un diserbo, non prendono più il seme certificato perchè si producono il seme da soli, cioè diventa una reazione a catena che alla fine ti porta a rosicchiare il profitto e costringe tutte le piccole aziende a chiudere o a dare i terreni in affitto». E un altro problema è l’aumento dei costi, soprattutto delle macchine. «Quando ti capita di dover fare una riparazione, perdi il sonno: in primo luogo perché non sai per certo quando la macchina sarà riparata e poi perché i prezzi dei ricambi sono aumentati tantissimo, e se hai bisogno di una consegna urgente del pezzo di ricambio, automaticamente il prezzo sale del 20%, assurdo».
I progetti futuri
Quindi quali sono le strategie giuste per un agromeccanico per stare sul mercato? «Non dire mai di no al lavoro – risponde deciso Ferrarini – e cercare sempre di andare dove si guadagna. A costo di interrompere un lavoro che stai facendo in azienda: si va a servire il cliente, perché il cliente ti dà da guadagnare. Come progetto futuro abbiamo comprato la struttura per fare un agriturismo, con l’obiettivo di sviluppare un’attività collaterale a quella del conto terzi e dell’azienda agricola. Anche perché ci siamo resi conto che per guadagnare bene bisogna vendere prodotti a chili e non a quintali».
Chiudiamo con il tradizionale passaggio sull’attività sindacale. «I rapporti con l’associazione di Mirandola sono ottimi, tanto che sono socio dal 1980 – conclude Ferrarini –. Quanto all’inquadramento in agricoltura dei contoterzisti, diciamo che la cosa si è mischiata così tanto che si fa fatica a capire chi è terzista e chi è agricoltore e fa attività connessa. Ma a chi ci chiede di chiudere il conto terzi e passare tutto ad azienda agricola dico di no, perché come conto terzi di lavoro ce n’è sempre e poi perché è la nostra natura, siamo nati così».