Sdf, tecnologia tedesca con un cuore italiano

Il gruppo di Treviglio (Bg) spinge in particolare il suo brand di Lauingen. Ne abbiamo parlato con il direttore commerciale di Sdf Alessandro Maritano

Chi ha avuto occasione di visitare lo stand di Sdf in occasione di Eima International 2024 non ha potuto non notare una presenza del marchio Deutz-Fahr in grande stile. Il gruppo di Treviglio (Bg), dal cuore italiano e con una tecnologia tedesca sempre più in evidenza, ha voluto lanciare un messaggio preciso.

«Diciamo che abbiamo preso coscienza di quello che il mercato e i volumi di fatturato ci stanno dicendo – ci ha spiegato il direttore commerciale Alessandro Maritano che abbiamo incontrato proprio durante la kermesse bolognese – ovvero oramai l’80% del fatturato di Sdf è generato dal brand Deutz-Fahr ed è una cosa che non possiamo ignorare. Quindi, pur rispettando gli altri marchi e le altre attività e linee di business che abbiamo all'interno del gruppo Sdf, è chiaro che bisogna dare il giusto spazio a un marchio che, in un panorama di brand a livello mondiale, ha delle caratteristiche uniche.

Perché, appunto, è un brand tedesco ma con un cuore italiano che pulsa forte, quindi questo posizionamento ci dovrebbe permettere di avere perlomeno un’unicità rispetto a tutti gli altri concorrenti e di offrire ai nostri clienti un qualcosa di diverso da quello che potrebbe essere la pura tecnologia e solidità di un brand tedesco oppure un'italianità al 100% che sono gli altri brand con cui ci confrontiamo».

Alessandro Maritano (a destra) con Mirco Romagnoli, nuovo direttore marketing e comunicazione Sdf

Negli ultimi anni il brand Deutz-Fahr in Italia è stato sempre associato alla media e alta potenza, con le imprese agromeccaniche come clienti preferenziali. A Eima, invece, lo avete spinto anche sul vigneto.

Il nuovo Deutz-Fahr 5.115 TTV 4WS

«Sì, soprattutto su quella categoria di clienti del vigneto che vogliono qualcosa in più rispetto a un trattore speciale, puramente meccanico o comunque entry level. Con il brand Deutz-Fahr riusciamo ad arrivare a tutti quei clienti che hanno il marchio tedesco in mente, una trasmissione TTV che è unica e un'alternativa eccezionale a quello che era l'unico player in questo segmento.

Anche a Bologna abbiamo potuto mostrare le quattro ruote sterzanti, che permettono una manovrabilità eccezionale e rappresentano un ulteriore passo in avanti rispetto alla pura trasmissione TTV e al ponte sospeso. Siamo consapevoli che si tratti di macchina che non è per tutti, ma dimostra una volta di più la volontà dell'azienda e il posizionamento del brand come leader nel segmento dei trattori speciali».

Ma per quanto riguarda la categoria dei contoterzisti, dove può ancora crescere Deutz-Fahr come quota di mercato in Italia?

«Possiamo crescere molto nella gestione delle flotte, del noleggio (che in Italia c'è, anche se non così popolare) e di particolari clienti attraverso accordi macro. In realtà, abbiamo già una lista importante di clienti che gestiamo direttamente e che, visto quello che sta succedendo da un punto di vista di prodotto e di concorrenza, possiamo sicuramente andare ad ampliare, quindi una relazione sempre più diretta tra i grandi contoterzisti, i grandi produttori agricoli e il brand Deutz-Fahr con la casa madre Sdf».

A proposito di noleggio, ci sono possibilità che finalmente decolli anche in agricoltura?

«È l'eterna promessa difficile da mantenere. Sinceramente bisogna averlo ed è giusto spingerlo in alcune realtà, ma non andrà a sostituire quella che è la vendita, soprattutto in un panorama come quello italiano dove gli incentivi e gli aiuti statali giocano un ruolo molto importante e dove da parte del cliente c’è la volontà di essere il proprietario del trattore.

In ogni caso rimane una percentuale importante che sta crescendo, ma parliamo di valori sempre sotto il 10% delle vendite, anche se per certi clienti magari sono un po’ più alti. In sintesi, in Italia il noleggio complementare a quella che è la flotta sì, il noleggio in sostituzione della flotta ancora no, mentre all'estero è sicuramente più sviluppato, anche se per particolari tipologie di clienti che sono la minoranza».

Parlando di mercato Italia, c'è qualche segnale di ripresa? E come si prospetta il 2025?

«Sul mercato Italia i numeri parlano abbastanza chiaro. Dopo l'esplosione del 2021/22 viviamo ormai un paio d'anni in cui il mercato è in caduta libera. Ed è in forte contrazione anche dopo che il credito 4.0 non sta più dando i risultati di un paio di anni fa. Si trattava di un mercato viziato da un paio di situazioni, la 4.0 in primis e poi il phase out di tutto quello che era l'omologazione G2, soprattutto in alcuni segmenti di mercato. In più, va considerata anche l'inflazione negli ultimi anni, per cui segnali di ripresa non ci saranno fino a quando non ripartono alcuni di quei fattori che avevano determinato l'aumento delle vendite.

Adesso il credito 5.0 così come è stato impostato purtroppo non stimola il mercato, perché nessuno riesce ad accedere e tutti aspettano che diventi effettivamente fruibile. Insomma, un mercato che adesso fa fatica ad andare avanti sulle proprie gambe. Diciamo che qualche segnale di ripresa dovrebbe arrivare nella seconda parte del 2025, anche perché ormai il confronto avviene con un anno, quello che si sta chiudendo, caratterizzato da livelli minimi che sono fisiologici e sotto i quali non è pensabile andare. Però quello che vediamo è anche un mercato sostenuto non più dagli incentivi statali, ma dalla necessità dei concessionari e dei costruttori di continuare a far “girare la ruota” a beneficio dei clienti».

Nel frattempo, visto che il mercato Italia latita, su cosa si punta?

«Per quanto ci riguarda, si punta a completare il piano strategico lanciato cinque anni fa, che era quello di ridurre la dipendenza dai mercati europei. A medio-lungo termine, infatti, è abbastanza chiaro che cosa succederà in Europa: l'agricoltura sarà sempre più professionale e ci saranno sempre meno trattori e meno clienti, ma molto più esigenti dal punto di vista del prodotto e soprattutto dei servizi.

Cercheremo, quindi, di consolidare la nostra posizione in Europa e di aumentare la presenza del gruppo Sdf al di fuori del mercato europeo: la Turchia è un chiaro esempio, dove l'investimento fatto 15 anni fa sta dando dei risultati fantastici. Ma non è l'unico: negli ultimi cinque anni abbiamo aperto filiali commerciali in Ucraina, poco prima della guerra purtroppo, ma il business va comunque avanti, e in America Latina (Messico), dove ci limitavamo a raccogliere gli ordini senza nessun tipo di spinta commerciale. E la prossima frontiera è quella dell'Africa, in Tanzania, dove già stiamo aprendo una sede. Rimane poi tutto il Far East, un capitolo che probabilmente andremo ad aprire nei prossimi due o tre anni.

Quindi, per riassumere, l'Europa sta avendo un trend negativo dopo due anni molto positivi, bisogna riconoscerlo, quindi stiamo iniziando a raccogliere i frutti degli investimenti fatti per allargare il perimetro di azione dell'azienda un po’ fuori dall'Europa e ridurre un po’ la dipendenza dai mercati europei, Italia in particolare, che è stato quello che aveva caratterizzato la nostra azienda negli ultimi 25 anni».

Sdf, tecnologia tedesca con un cuore italiano - Ultima modifica: 2024-11-15T11:28:43+01:00 da Francesco Bartolozzi

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