
Ci sono aziende che, fin dal primo impatto, fanno capire di avere qualcosa di diverso. Di essere, per qualche aspetto, un passo avanti o comunque di affrontare il lavoro con una mentalità non comune.
Quella dei fratelli Guandalini di Moglia (Mn) è una di queste aziende. E non soltanto per la sede. I cui uffici - inaugurati meno di un anno fa - sono degni di una media industria. Né per il numero di addetti - venticinque, che diventano una trentina nel periodo di maggior attività - dal momento che esistono realtà anche più grandi, nel contoterzismo moderno.
A dar l’idea che questa famiglia abbia qualcosa di particolare da raccontare è anche soltanto il modo in cui ci accolgono e come uno dei titolari, Marco Guandalini, imposta la chiacchierata: «Io vi racconterò un po’ la storia della nostra ditta, ma per le macchine vi accompagnerà mio figlio Filippo, che ormai gestisce tutta la logistica». Il fatto che Filippo non abbia ancora compiuto 25 anni e sia ciò nonostante responsabile di tutta la parte operativa, al punto che il padre preferisce delegargli il tour dei capannoni, lascia intendere che i Guandalini si sono dati delle regole rigide in materia di divisione dei compiti.
«È vero. Da qualche anno ho delegato a lui tutta la logistica e la gestione dei lavori e del personale. Mi ha pesato farlo, perché è un aspetto molto interessante della nostra attività, ma ormai gli impegni erano troppi e poi ci sono momenti in cui la continuità dell’azienda richiede il ricambio generazionale. Tra l’altro, Filippo mi sta sostituendo alla grande. Anche i nostri collaboratori, dopo un comprensibile periodo di assestamento, lo hanno accettato e riconoscono il suo ruolo».
Settant’anni di storia

Partiamo allora dagli inizi, che si possono far risalire a trent’anni fa. O a settanta, a seconda di come si vuol datare la nascita dell’azienda. «La ditta, se vogliamo, fu fondata da Fermo e Rainero, rispettivamente mio padre e mio zio, nel 1955. Seguirono anni di sacrifici: molto lavoro, pochi soldi. Poi, pian piano, le cose cominciarono a girare bene.
Nel 1974 i due fratelli decisero di separare le attività: a mio padre toccarono vacche e terra, mentre Rainero rimase a fare il contoterzista. A metà anni Ottanta mio fratello Sergio, sentendo forte il richiamo della meccanica, riprese a fare il contoterzista e io dieci anni dopo, terminato il servizio militare, mi misi in società con lui. Nacque così la Agriservice Snc di Sergio e Marco Guandalini, che sarebbe poi la ditta attuale. Era il 1996, praticamente trent’anni fa».
Nella sua sintetica rievocazione, Marco cita due momenti chiave che hanno portato alla situazione odierna. «Il primo fu all’inizio del millennio, con alcuni investimenti importanti, per esempio sui trattori con cingolatura in gomma. Macchine che ci permisero di migliorare la qualità e quantità del lavoro».
Assai più significativo il secondo, quando i Guandalini aprirono un impianto di biogas, in società con altri. «Ne derivò un’iniezione di liquidità che ci permise di fare altri investimenti e soprattutto di entrare in contatto con quel mondo. Infatti, progressivamente ci specializzammo nella gestione degli impianti e nei lavori a essi connessi. Una riconversione che ormai copre il 70% del nostro fatturato e che ci ha portati alle dimensioni attuali, ma soprattutto a interpretare la nostra attività secondo canoni non usuali per il settore».
Impostazione simil-industriale
Canoni che Marco Guandalini riassume in una parola: industriali. «Negli ultimi anni abbiamo cercato di affrontare il lavoro con una mentalità di tipo industriale. Un approccio inusuale per un settore che, a mio parere, resta fortemente legato alla chiamata estemporanea, con tutte le difficoltà di programmazione e organizzazione che ne derivano». P
roprio quello che gli agrmeccanici mantovani hanno cercato di eliminare negli ultimi anni, prosegue il titolare. «Proviamo a programmare i lavori con ampio anticipo, privilegiando i contratti a termine, anche se comportano impegni importanti. Il nostro obiettivo è avere chiaro, già a fine anno, il quadro dei lavori che faremo nella stagione successiva, così da poter valutare le entrate e programmare gli investimenti. I contratti stabili, annuali o pluriennali, non danno soltanto garanzia sulla quantità del lavoro in ingresso, ma anche sulla regolarità dei pagamenti, che per un’impresa come la nostra significa molto. Oggi - conclude Guandalini - il 70% circa degli introiti viene da appalti di questo tipo, il resto è legato al lavoro su chiamata, comunque effettuato per imprese di buone dimensioni e con cui abbiamo rapporti consolidati».
Una suddivisione senz’altro soddisfacente. Sebbene, aggiunge l’agromeccanico, con anche qualche aspetto negativo: «Nelle annate positive, quando il clima fa il suo dovere, gestire contratti predeterminati è semplice e gratificante. Poi vengono le stagioni come il 2024, con piogge continue per mesi e mesi, e allora diventa tutto più difficile. Ma sul lungo periodo, mettendo assieme pro e contro, penso che valga la pena lavorare in questo modo.
Certamente, per riuscirci occorre avere attorno una grande famiglia. Noi abbiamo la fortuna di avere ancora entrambi i genitori, anche se ovviamente non sono più attivi, e di aver trovato una buona armonia tra fratelli. In più c’è mio figlio, che mi ha permesso di dedicarmi a tempo pieno alle attività amministrative e ai contratti. Senza dimenticare, ovviamente, mia moglie, che mi sostiene ormai da 26 anni».
Partnership con agroenergie e industria
Oggi la Agriservice è attiva in sei impianti di biogas, alcuni dei quali in fase di riconversione al biometano. «Per essi facciamo un po’ di tutto: si parte dalle attività nell’impianto, per esempio per caricare le matrici, per passare ai lavori agricoli sui terreni dell’impianto e di chi conferisce a esso le materie prime. Facciamo la raccolta e il trasporto degli insilati, oltre alla distribuzione del digestato sui terreni delle aziende che conferiscono i cereali. Lavoriamo con sistemi a basso impatto, compreso lo strip tillage, e per una miglior gestione dei reflui abbiamo acquistato anche un Vervaet Hydrotrike, che si affianca alle nostre otto botti, alcune delle quali a quattro assi e con volumi davvero importanti».
Accanto alle agroenergie i Guandalini trattano un altro settore di stampo industriale. «Attorno al 2010 abbiamo ulteriormente differenziato il lavoro, grazie a contratti con due grandi realtà: una che fa parte del gruppo Cremonini e l’altra che rappresenta uno dei principali produttori di carni bianche in Italia. Per esse gestiamo coltivazione e smaltimento reflui, ovviamente con contratti annuali ben cadenzati».

Programmazione e rapporti umani
La Agriservice appare dunque come un’azienda molto ben amministrata. Che cerca di programmarsi il lavoro con trimestri di anticipo, e spesso ci riesce. E che gestisce in modo razionale un’importante squadra di uomini e mezzi. «Abbiamo circa quaranta trattori, più tre trinciacaricatrici e altrettante mietitrebbie. C’è poi il lavoro negli impianti, che impegna due persone a tempo pieno. Per gestire tutto serve una certa organizzazione», conferma Marco Guandalini.
Che, tuttavia, si affretta ad aggiungere che tutto ciò non sarebbe possibile senza l’intervento di un fattore altrettanto importante, ossia quello umano. «Il vero nodo del lavoro agromeccanico oggi non è tanto la programmazione, quanto la disponibilità di risorse umane. Purtroppo il ricambio è sempre più difficile e non sempre i rapporti tra chi ha esperienza e i nuovi arrivati sono facili. La vecchia guardia rimprovera ai giovani un certo pressapochismo, spesso con ragione, purtroppo.
Questo lavoro richiede organizzazione e coordinamento, affinché le cose vadano per il meglio e i risultati arrivino. Vale per la quotidianità, ma anche, per esempio, per gli investimenti. Per questo motivo, oltre a cercare di conoscere in anticipo l’entità degli impegni per i mesi a venire, siamo sempre attenti a sfruttare le occasioni legate a iniziative come gli sgravi fiscali e le campagne di modernizzazione delle macchine. Con Agricoltura 4.0 e bandi Inail abbiamo fortemente aumentato il livello tecnologico dell’azienda e rinnovato la maggior parte del parco macchine. Direi che il 60% dei nuovi mezzi è stato acquistato grazie a queste iniziative, che a mio parere sono un forte stimolo per lo sviluppo del settore e dell’agricoltura in generale».
Fendt, John Deere e molti altri
I fratelli Guandalini non hanno un vero marchio di riferimento, sebbene negli ultimi anni si siano orientati principalmente su Fendt. «Avevamo molti John Deere, ma gli ultimi acquisti sono stati della Fendt, a cui riconosciamo importanti caratteristiche di comfort e contenimento dei costi di carburante. Lo scorso anno, per esempio, ne abbiamo acquistati sette in blocco. Tra essi, 942, 728 e 716 Vario.
A ogni modo resta importante anche il garage John Deere, composto da due 8260R, un 8370R e poi diversi esemplari delle serie 6000. Abbiamo anche un paio di 5000 - macchine eccezionali - e infine una mietitrebbia S 780 e una trincia 9900i. L’altra mietitrebbia ad alte prestazioni - prosegue l’agromeccanico mantovano - è una Cr 8.90. Le restanti trince, invece, sono Claas Jaguar». La lista del fornitissimo parco macchine prosegue con due grossi cingolati come il Quadtrac 540 e il Fendt 1156 MT, per passare ai trattori di piccole dimensioni, in maggioranza New Holland e Mc Cormick, e arrivare da ultimo ai carri botte e ai dumper, tutti Bossini e Visini. Di Merlo e Jcb, infine, i due movimentatori telescopici, usati principalmente negli impianti di biogas.




