«Il contoterzismo sta cambiando e chi non riuscirà a tenere il passo, in pochi anni scomparirà. Per questo noi cerchiamo di restare aggiornati con le ultime novità, sia per le macchine sia per le lavorazioni». È il pensiero di Luca Massignani, agromeccanico della provincia di Venezia, ma vicinissimo al Trevigiano. La sua azienda si trova infatti a Musile sul Piave, laddove la pianura veneziana si intreccia con quella di Treviso e il Friuli dista una decina di chilometri al massimo.
Massignani è una vecchia conoscenza del Contoterzista. Andammo a trovarlo più di una volta, sia per parlare della sua azienda sia per vedere le sue macchine, sovente di alta potenza e cingolate. In breve, Challenger, ben prima del cambio di nome in Fendt. Anche l’azienda e le macchine sono cambiate in questi anni. La prima si è ampliata, le seconde sono cresciute in numero e cavalli. Ce n’è abbastanza, insomma, per tornare a fargli visita e farci raccontare la sua visione del contoterzismo moderno.
Una visione che Massignani riassume in uno slogan: crescere o sparire. Come abbiamo scritto sopra, la sua convinzione è che in futuro non ci sarà spazio per le realtà di taglio medio o piccolo. «Con i costi che abbiamo, con i cambiamenti in atto, con il peso crescente della tecnologia, chi non saprà adeguarsi è destinato a scomparire. Noi cerchiamo di stare al passo, sia con le macchine, sia con l’aggiornamento tecnologico».
All’ennesima potenza
Partiamo allora dalle macchine e chiaramente la prendiamo dall’alto, ovvero dalle più grandi, che sono tutte John Deere. A scendere: 9RX 620, 9Rx 520 e poi due 8 RT (cingolati stile Challenger) e un 8RX, vale a dire il quadri-cingolo che tanto successo sta ottenendo presso gli agromeccanici italiani in questi ultimi mesi.
Due serie 9 e tre serie 8, dunque, per il contoterzista che a quanto ne sappiamo detiene il record del rapporto tra dimensioni aziendali e numero macchine di alta potenza. «Sono trattori eccellenti e in più sono necessari nei nostri terreni. Cerchiamo sempre di fare molto lavoro ma anche di rispettare il suolo e con i cingolati questo è possibile. Ma soprattutto ci interessa la loro forza di traino, perché, per lavorare con certi attrezzi, o si hanno i cingoli o non si va». L’attenzione alle prestazioni, insomma, vince sul galleggiamento, anche se quest’ultimo resta una voce importante nella scelta del trattore. «Dobbiamo però intenderci, quando si parla di investimenti di un certo tipo. Per esempio, uno dei miei Rt ha cingoli da 63 cm di larghezza invece che 72. Era arrivato così dagli Stati Uniti in Europa e quando lo vidi, in esposizione in Germania, mi incuriosì. Chiesi informazioni e seppi che aveva un prezzo molto conveniente, proprio per la dimensione dei cingoli, poco apprezzata nel nostro continente. Fatti due conti, lo opzionai: alla fine avere cingoli da 72 piuttosto che da 63 non cambia molto, per il galleggiamento, e nemmeno per l’aderenza. Lo usiamo con l’aratro, tira bene e non pattina. E per fare le semine con la Väderstad da 18 file è davvero l’attrezzo giusto. Se ci sono terreni in cui devo calpestare il meno possibile, entro con il quadricingolo, che ha tutta un’altra impostazione rispetto agli RT, anche se i suoi cingoli hanno il difetto di soffrire la presenza di sassi. Per riassumere, siamo attenti al suolo ma anche a non spendere un capitale per le macchine, se possiamo trovarne di altrettanto valide a un costo più basso. Non ci si deve fissare su determinate posizioni, ma adattarsi e sfruttare le occasioni, quando capitano».
Attrezzi e tecnologia
I trattori sono indispensabili per fare contoterzismo, ma non sufficienti. Parafrasando (a metà) un noto spot, la potenza è nulla, senza l’attrezzo giusto. E Massignani questa regola sembra averla ben impressa nella mente, tant’è vero che ai suoi cingolati – ma anche ai gommati – attacca attrezzi di prim’ordine. Come una Väderstad Tempo L da 18 file, per esempio: una macchina come ce ne sono poche, in Italia. O anche il preparatore Bednar, un marchio che sta conoscendo una notorietà sempre maggiore nel nostro paese. «Abbiamo anche attrezzi Amazone, un altro costruttore che a mio parere vale i soldi che costa. Parliamo sempre di macchine care, ma che fanno un lavoro di livello superiore».
Per Massignani, questa è la premessa per restare sul mercato da protagonisti. «La nostra scommessa è lavorare con le grosse aziende. Nulla contro i piccoli, ma con certi cantieri non possiamo permetterci di lavorare qualche ettaro e poi fare 10 chilometri di trasferimento, né di muovere una macchina e un attrezzo per lavorare tre ore. Invece, quando si va in un’azienda strutturata ci si resta per giorni e i tempi morti sono minimi. Inoltre, questi grossi gruppi, soprattutto se non sono gestiti da una famiglia con origini agricole, tendono a delegarci tutte le operazioni, mentre il piccolo agricoltore ti chiama ancora per l’aratura, o la semina, o magari la semina in un unico campo in cui non riesce a seminare per determinati motivi. Per farla breve, con le grosse aziende si guadagna, con le piccole si deve faticare per coprire i costi».
Lavorare con le realtà più importanti del territorio non è però facile e Massignani ne è ben conscio: «I grossi agricoltori ti prendono in considerazione soltanto se hai un certo tipo di attrezzature; da qui i nostri investimenti nel settore. Ci sono costate parecchio, ma siamo stati ripagati: ormai lavoriamo soltanto per queste realtà, di clienti piccoli non ne abbiamo quasi più. Facciamo tutto con il satellitare, sia le lavorazioni sia la raccolta. E grazie al satellite guadagniamo anche nuovi clienti. Quando un agricoltore professionale vede che alla fine della raccolta gli fai arrivare sul computer un report con gli ettari, il peso del prodotto, l’umidità e tutto quanto, sicuramente capisce che stai lavorando in un certo modo». È anche per questo, conclude il contoterzista veneziano, che il lavoro in azienda non manca e che negli ultimi anni il personale è aumentato: «Oltre a mio padre, mia madre in ufficio e io, ci sono quattro dipendenti fissi e poi gli stagionali. C’è lavoro per tutti, la domanda non ci manca».
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CEREALI, BIETOLA E ORTICOLE
Grazie alla gestione completa di alcune aziende, i Massignani sono arrivati alla bella cifra di 1.500 ettari coltivati integralmente, compresi quelli di proprietà o in affitto. A essi si aggiungono ovviamente le superfici lavorate in conto terzi. Sui terreni di cui hanno disponibilità, i Massignani piantano principalmente cereali e soia, ma anche colture non proprio tradizionali come patate, mais da seme e, da un anno, pomodori da industria. «Nel 2021 abbiamo avviato un progetto con Conserve Italia che per ora sta andando bene. Il territorio si presta, ha il terreno giusto. Lo stesso vale per le patate, che richiedono un suolo particolare. Qui lo abbiamo trovato e infatti i risultati sono buoni. Infine, un esperimento riuscito bene e che pertanto porteremo avanti è quello del mais da seme: lo scorso anno ne abbiamo fatto 500 ettari». Colture particolari, che Massignani testa sui terreni in conduzione, ma che è pronto a replicare anche per i clienti. «Certamente: restiamo contoterzisti, se un agricoltore ci chiede di seminare patate, lo facciamo senza problemi. Lo stesso vale per i pomodori. A noi alla fine interessa far girare le macchine; il cuore del nostro lavoro resta la meccanica».