Censimento Istat, meno aziende agricole, ma più grandi

Negli ultimi dieci anni in crescita la superficie media coltivata, mentre faticano ricambio generazionale e digitalizzazione. La forma giuridica predominante resta quella familiare

Meno aziende agricole ma più grandi. La stragrande maggioranza di queste composta da ditte individuali o familiari, anche se crescono le altre forme. Diminuisce, ma di poco, la Sau e aumenta in maniera sensibile il ricorso all’affitto rispetto al possesso dei terreni. Sostanzialmente immutato l’utilizzo dei terreni, per oltre la metà coltivati a seminativi. Olivo e vite sono le colture legnose agrarie più coltivate, seppur con superfici che si riducono. Quanto alla forza lavoro, in linea con la forma aziendale, resta ampiamente maggioritaria quella familiare, ma cresce molto il ricorso alla manodopera salariata. Tra i lavoratori agricoli si riduce la percentuale di donne, mentre aumenta il loro peso tra le figure manageriali. Ancora lontano il ricambio generazionale, con solo il 13,4% di titolari di aziende under 44, dato addirittura in calo rispetto alla rilevazione di dieci anni prima, quando erano il 17,6%. Stesso discorso per la formazione. Poco meno del 59% è in possesso della licenza media. Avanzano le attività connesse e la digitalizzazione, anche se su questo ultimo aspetto c’è ancora molta strada da fare. Questi i risultati più importanti emersi dal settimo e ultimo censimento decennale dell’agricoltura realizzato dall’Istat nel 2021.

Si tratta dell’ultimo censimento a cadenza decennale che chiude così la lunga storia dei censimenti generali, che saranno sostituiti da quelli permanenti e campionari. La raccolta dei dati ha coinvolto l’83% delle aziende agricole della lista pre-censuaria, oltre un milione di imprese. Per la prima volta, sono stati coinvolti i Centri di assistenza agricola, una rete di circa 2.200 unità presenti in tutte le Regioni e Province autonome italiane, che ha permesso di avvicinare gli intervistatori alle aziende agricole che operano sul territorio.

Tab. 1 - Numero di aziende e Sau utilizzata

Anno n. aziende Sau Sat Sau (media per azienda) Sat (media per azienda)
2020 1.133.023 12.535 16.474 11,1 14,5
2010 1.620.884 12.856 17.081 7,9 10,5
2000 2.396.274 13.182 18.767 5,5 7,8
1990 2.848.136 15.026 21.628 5,3 7,6
1982 3.133.118 15.833 22.398 5,1 7,1

Fonte: Istat

Giù le aziende, ma aumenta la Sau media (+40%)

Nel 2020 in Italia risultavano attive 1.133.023 aziende agricole, 487mila in meno rispetto a dieci anni prima. Un calo di poco superiore al 30%. Diminuita anche la Sau, ma di poco, passata da 12.856 a 12.535 ettari (-2,5%). Dal 1982, anno del terzo censimento dell’agricoltura e i cui dati sono comparabili con quelli del 2020, sono scomparse quasi due aziende agricole su tre (63,8%). La riduzione è stata più accentuata negli ultimi vent’anni: il numero di aziende agricole si è infatti più che dimezzato rispetto al 2000, quando era pari a quasi 2,4 milioni. Questi numeri hanno come conseguenza l’aumento della dimensione media aziendale, passata da 7,9 a 11,1 ettari di Sau negli ultimi dieci anni (+40,5%). Nel 1982 la media era di 5,1 ettari.

Dai dati emerge che il mondo dell’agricoltura italiana mantiene la propria impronta familiare, mentre l’intensità di manodopera si riduce. Nel 2020, in oltre il 98% delle aziende agricole si trovava manodopera familiare, anche se nella forza lavoro è stata progressivamente incorporata quella non familiare, che ha raggiunto i 2,9 milioni di addetti, cioè il 47%. Nel 2010 era il 24,2%. Nello stesso periodo la forza lavoro complessiva si è ridotta del 28,8%. Giù anche le giornate lavorate: -14,4%. Numeri alla mano, il ricambio generazionale in agricoltura resta solo uno slogan. L’indagine Istat mostra che nel 2020 i capi azienda che hanno meno di 44 anni sono il 13,4%, mentre nel 2010 erano il 17,6% del totale. Un calo del 24%, nonostante tutte le misure per incentivare l’ingresso dei giovani nel settore primario. L’istituto nazionale di statistica prova a spiegare questo dato scrivendo che la figura del capo azienda coincide spesso con quella del conduttore, cioè il responsabile giuridico ed economico dell’azienda. Ciò si verifica soprattutto nelle aziende familiari che, come già osservato, sono le più rappresentative dell’agricoltura italiana. Per questo motivo è ancora limitata la presenza di capi azienda nelle fasce di età più giovanili.

 

Tab. 2 - Aziende e Sau per titolo di possesso

Numero Composizioni % Differenze % 2020/2010
2020 2010 2020 2010
Solo proprietà 664.293 1.187.667 58,6 73,3 -44,1
Solo affitto 114.885 76.754 10,1 4,7 49,7
Solo uso gratuito 68.346 60.902 6,0 3,8 12,2
Proprietà e affitto 142.194 158.217 12,5 9,8 -10,1
Proprietà e uso gratuito 98.450 90.766 8,7 5,6 8,5
Affitto e uso gratuito 14.165 6.553 1,3 0,4 116,2
Proprietà, affitto e uso gratuito 30.690 38.369 2,7 2,4 -20
Senza terreni 0 1.656 0,0 0,1 -100
TOTALE 1.133.023 1.620.884 100,0 100,0 -30,1

Fonte: Istat

Digitale avanti piano

I dati raccolti dall’Istituto nazionale di statistica mostrano come il settore sia approdato ancora solo marginalmente all’adozione di tecnologie digitali, sebbene la quota di imprese che si sono digitalizzate sia quasi quadruplicata in dieci anni, passando dal 3,8% del 2010 al 15,8% del 2020. Come prevedibile, sono le imprese più grandi e quelle dirette da giovani a mostrare una maggiore propensione per queste soluzioni. Infatti, laddove la leadership è esercitata da persone fino a 44 anni il tasso di digitalizzazione arriva al 32,2%. Dove invece i dirigenti hanno più di 65 si ferma al 7,6%.

Sono ancora pochi a innovare. Nel triennio 2018-2020, ha effettuato investimenti volti ad innovare una o più fasi o tecniche della produzione poco più di un’azienda agricola su dieci. Nel caso di aziende agricole guidate da persone in possesso di un diploma di istruzione secondaria ad indirizzo agrario, l’incidenza dell’innovazione è oltre il doppio (23,9%) rispetto al valore medio, e tre volte superiore quando i dirigenti hanno completato l’istruzione terziaria specializzata in materie agricole (30%).

Sempre più terreni in affitto

In termini di superfici, nel 2020 solo un terzo dei terreni è gestito sulla base della sola proprietà da parte del conduttore (45,3% nel 2010) mentre si registra una forte crescita dei terreni gestiti in affitto (da 10,6% a 18,6%). Nel 2000 la gestione di terreni esclusivamente di proprietà del conduttore rappresentava la grande maggioranza dei casi (85,9%) mentre nei venti anni successivi si è molto ridotta (-27,3% nel 2020). Parallelamente, si sono fortemente diffusi i casi di affitto (l’incidenza è passata da 2,4% a 10,1%), di gestione a uso gratuito (da 1,3% a 6%) e delle altre forme di gestione (da 10,4% a 25,2%).

Nel complesso, emerge un quadro evolutivo caratterizzato sia dall’inevitabile e progressivo processo di uscita dal mercato delle aziende non più in grado di sostenere la propria attività – prevalentemente di piccole dimensioni e a gestione familiare – sia dalla crescente divaricazione tra proprietà e gestione dei terreni a uso agricolo, con la forte espansione di forme di gestione alternative, derivanti dalle crescenti incertezze in merito alla sostenibilità futura dell’attività agricola.


CALA IL CONTOTERZISMO NON PROFESSIONALE

Dai primi dati pubblicati dall’Istat, le attività agromeccaniche escono rafforzate, ma con una decisa contrazione delle attività svolte in connessione con l’agricoltura, rispetto a quelle esercitate con carattere professionale. Un risultato in parte prevedibile, considerando l’elevato livello tecnologico che le imprese agricole oggi chiedono agli agromeccanici e che può essere soddisfatto solo da imprenditori specializzati e dotati di macchine a controllo digitale.

Dopo vari anni di incentivi 4.0 – prima con gli ammortamenti maggiorati e poi con il credito d’imposta – le imprese agromeccaniche professionali hanno rafforzato la loro posizione sul mercato, a scapito di quelle che prestano servizi poco specializzati. «In complesso – commenta con orgoglio il presidente di Cai Agromec Gianni Dalla Bernardina – si può affermare come il mercato delle lavorazioni per conto terzi abbia sostanzialmente tenuto, nonostante le limitazioni imposte dall’emergenza sanitaria, ancora in corso alla data del censimento. Le imprese agromeccaniche hanno dimostrato di apprezzare gli incentivi in forma di credito d’imposta, che premiano le aziende che fatturano e che pagano le tasse, e questa è la conferma che finalmente si è intrapresa la strada giusta per diffondere l’innovazione».

I servizi agromeccanici svolti come attività connessa mostrano invece una contrazione più marcata (49%), che testimonia quanto rapidamente l’agricoltura italiana stia cambiando. Un cambio che si evidenzia sul piano quantitativo – in un decennio si sono perduti 500.000 produttori agricoli – e su quello qualitativo, che ha visto decrescere le superfici a pascolo e colture legnose, rimpiazzate dai seminativi, di più agevole meccanizzazione. Pur essendo necessari ulteriori approfondimenti sull’immensa mole di dati rilevati, è indubbio che l’agricoltura stia cercando nuovi equilibri, non solo nei settori convenzionali: il calo delle “connesse” ha colpito anche le attività forestali e la manutenzione del verde.

Censimento Istat, meno aziende agricole, ma più grandi - Ultima modifica: 2022-07-14T08:08:41+02:00 da Simone Martarello

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