Carlo Schiavetta, un terzista ultra-specializzato

Carlo Schiavetta, con due dipendenti e tre botti, fa soltanto trattamenti fitosanitari

Mezzi ridotti all’osso, grande attenzione alle spese e un ambito di lavoro in crescita: su queste premesse Carlo Schiavetta ha fondato la sua azienda di lavorazioni in conto terzi. Una micro-impresa, se così la vogliamo definire, ma comunque in grado non soltanto di stare in piedi con le proprie gambe, ma anche di ampliare il territorio di pertinenza, garantendosi stabilità a dispetto della stagionalità spinta dell’ambito di lavoro scelto.

Tredici anni di trattamenti

Massey Ferguson 5613 e botte Corima: gli ultimi acquisti dell’azienda.
Massey Ferguson 5613 e botte Corima: gli ultimi acquisti dell’azienda.

Siamo in provincia di Piacenza, per la precisione in val Trebbia. Qui, a una decina di chilometri dal capoluogo, Carlo Schiavetta vive e lavora. La sua azienda è, per gli standard del contoterzismo, relativamente giovane. «Ho aperto nel 2003, ma faccio questo lavoro da molto più tempo. Sono stato trattorista per 15 anni, dal 1988 in poi, finché tredici anni fa decisi di mettermi in proprio». La parabola è insomma quella di tanti altri agromeccanici che dopo anni spesi alle dipendenze di altri, fanno il grande passo e aprono una attività propria. Schiavetta lo ha fatto mettendo a frutto le precedenti esperienze in un campo che proprio all’inizio del millennio stava conoscendo uno sviluppo costante: i trattamenti fitosanitari. «Mi sono dedicato ai trattamenti perché anche come dipendente svolgevo quelle mansioni e, conoscendo il settore, avevo buone speranze sul suo futuro», ci spiega. Scommessa azzeccata: in questi anni, come noto, l’importanza dei trattamenti è aumentata progressivamente. E, con essa, il lavoro per chi li effettua. «Basti pensare che nel 1988 sul pomodoro si facevano, indicativamente, cinque trattamenti a stagione: oggi sono il doppio. Anche gli interventi su fagiolino – coltura abbastanza diffusa qui nella Bassa Piacentina – si sono quadruplicati: da un solo diserbo a due passaggi con erbicidi – in pre e post-emergenza – più un paio con fitofarmaco e insetticida, soprattutto in stagioni in cui si vede molto ragnetto rosso (Tetranychus urticae ndr).

Schiavetta ha scelto tre barre da 24 metri affinché le macchine siano intercambiabili tra un campo e l’altro.
Schiavetta ha scelto tre barre da 24 metri affinché le macchine siano intercambiabili tra un campo e l’altro.

Per farla breve, Schiavetta, che aveva iniziato con una botte semovente della Grim, in pochi anni ha avuto bisogno di aiuto. Ha così acquistato due botti trainate – una delle quali appena sostituita con una Corima 3500 – e due trattori, entrambi Massey Ferguson. Il più recente, un 5613, non ha più di sei mesi. Tutte le irroratrici hanno una barra da 24 metri, in modo che possano essere usate indifferentemente su qualsiasi appezzamento, anche quelli in cui in precedenza si era passati con un altro cantiere. A dare una mano, Schiavetta ha chiamato il cognato e un giovane della zona, assunti con contratto stagionale. Tutti assieme, mediamente, trattano dagli otto ai novemila ettari di superficie l’anno, pari a circa 1.500 ettari univoci. «Il lavoro non manca – ci dice il titolare – e anzi in certi periodi preferirei che fosse un po’ meno. In altre parole, non mi posso lamentare di come stanno andando le cose: non ci arricchiamo, ma andiamo avanti tranquilli, senza preoccupazioni».

Stagionalità pura

Sebbene limitati nel numero, i trattamenti su grano rappresentano comunque una discreta fonte di reddito.
Sebbene limitati nel numero, i trattamenti su grano rappresentano comunque una discreta fonte di reddito.

L’accenno ai periodi di super-lavoro ci ricorda che, per come ha impostato l’azienda, Schiavetta è legato alla stagionalità più spinta: ha un’enorme massa di lavoro concentrata in pochi mesi, seguiti da periodi di inattività quasi totale. «Il lavoro, grosso modo, si svolge tra fine febbraio e fine agosto, salvo sporadiche eccezioni. Per esempio, il fagiolino di secondo raccolto, che richiede interventi fino agli ultimi giorni di ottobre. Talvolta, poi, nei mesi invernali ci chiamano per qualche medicaio o per il disseccamento degli incolti». Si tratta, tuttavia, per l’appunto di episodi: da novembre a febbraio compreso, sostanzialmente, Schiavetta non lavora. «Facciamo comunque le manutenzioni delle macchine e altri piccoli interventi, ma non c’è dubbio che i ritmi non siano quelli estivi». Quando, precisa, non c’è nemmeno il tempo per respirare. «Soprattutto in annate come questa, in cui per ragioni climatiche e agronomiche i trattamenti sul grano si sono sovrapposti ai primi interventi sul mais e ai disseccamenti degli incolti. Nonostante fossimo in tre, non siamo riusciti a tener dietro a tutto e abbiamo perso diversi lavori».

Dal grano al fagiolino

Irroratrice Monica Mist, realizzata in provincia di Piacenza e molto diffusa sul territorio.
Irroratrice Monica Mist, realizzata in provincia di Piacenza e molto diffusa sul territorio.
La semovente Grim è il più vecchio mezzo attualmente nella disponibilità dell’azienda Schiavetta.
La semovente Grim è il più vecchio mezzo attualmente nella disponibilità dell’azienda Schiavetta.

Questo nonostante Schiavetta si sia organizzato per distribuire l’attività su tutta la stagione. Lavora infatti su prodotti – grano, mais, orticole, bietole (ormai scomparse) e pomodoro – che, salvo imprevisti, hanno periodi di trattamento sfalsati. Le suddette sono anche, per inciso, le colture più praticate nella sua area di attività, che va da Rivergaro a Rottofreno, per un totale di una quindicina di comuni nell’hinterland del capoluogo provinciale. Sentiamo, allora, qualche dettaglio in più su di esse.

Grano. «Si coltiva da sempre nel Piacentino ed è la naturale rotazione per il pomodoro. Per la mia attività non è particolarmente redditizia, dal momento che richiede soltanto un diserbo e un trattamento. Talvolta due sul duro, ma non di più».

Mais. «Sopravvive ormai grazie agli impianti di biogas, che anche nel territorio piacentino si sono sviluppati: ne abbiamo tre o quattro piuttosto grandi, più tanti piccoli, da 250 kW. Per il mais facciamo tutti i trattamenti a eccezione della piralide».

I trattamenti su pomodoro rappresentano il cuore dell’attività.
I trattamenti su pomodoro rappresentano il cuore dell’attività.

Fagiolino e orticole. «Il fagiolino è un prodotto interessante, per noi: richiede infatti tre o anche quattro irrorazioni l’anno; in più, chi lo coltiva fa spesso la doppia semina, per cui anche gli interventi raddoppiano. In più, molti lo mettono dopo grano, come secondo raccolto. Ha infine un vantaggio temporale: il periodo di intervento, infatti, non si sovrappone al pomodoro».

Pomodoro. «Per noi, è senza dubbio la coltura principale, visto che richiede fino a dieci trattamenti l’anno. Dovuti anche al fatto che, con il miglioramento genetico, le produzioni sono molto aumentate e con esse il rischio di malattie. Purtroppo, nonostante le rese, la sua redditività sta calando: i prezzi scendono e i costi di produzione sono molto alti, considerando anche il fatto che i terreni, dopo diversi anni di coltivazione intensiva, sono ormai esauriti. Ciò detto, se dovesse sparire il pomodoro potremmo anche chiudere bottega».

 

«La revisione? Una buona idea»

Il nuovo Pan ha portato a una notevole complicazione burocratica, dovuta alla necessità di controllare l’impiego di prodotti pericolosi.
Il nuovo Pan ha portato a una notevole complicazione burocratica, dovuta alla necessità di controllare l’impiego di prodotti pericolosi.

Effettuare trattamenti e diserbi vuol dire avere a che fare non soltanto con sostanze pericolose, ma anche con una legislazione molto rigorosa, soprattutto da quando è entrato in vigore il Pan per i fitofarmaci. «In effetti il Pan ha fortemente incrementato la burocrazia. Non tanto per il patentino, che già esisteva da tempo, quanto per l’obbligo di compilare schede su schede per ogni prodotto. Capisco la necessità di controllare un tema così delicato, ma per noi è una bella perdita di tempo», ci dice Carlo Schiavetta.

Non sembra invece creare problemi l’altro obbligo di recente introduzione: il controllo funzionale delle botti, volgarmente detto taratura o revisione. «Noi contoterzisti dobbiamo farla ogni due anni, ma è un’operazione che dura una mattina e a mio parere è utile e importante, sia per questioni di sicurezza sia per controllare il funzionamento della macchina. Per esempio, i tecnici verificano che le pompe siano efficienti e tutti gli ugelli distribuiscano la stessa quantità di prodotto. Noi facciamo la manutenzione annuale, ovviamente, ma un controllo realizzato in un centro specializzato è un’altra cosa». 

Carlo Schiavetta, un terzista ultra-specializzato - Ultima modifica: 2016-08-31T10:26:44+02:00 da Roberta Ponci

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